Non profit

È neopapà e chiede il congedo

Il numero uno di Downing Street chiede stare qualche settimana in famiglia. Rivoluzione nella politica inglese

di Benedetta Verrini

Alla faccia di tutte le colleghe ministre europee che, diventate madri, hanno esasperato l’efficientismo e sono rientrate al lavoro a pochi giorni dal parto. Il numero uno di Downing Street, il premier britannico David Cameron diventa papà e annuncia, davanti alle telecamere, che prenderà “qualche settimana” di congedo parentale.

“Mi aspetta la gioia di cambiare pannolini e portare il tè a mia moglie”, ha dichiarato senza ombra di imbarazzo. Una scelta naturale, ma anche molto difficile, vista l’agenda politica da Primo Ministro per il mese di settembre: la visita del Papa, il congresso del partito conservatore, la presentazione del nuovo piano di tagli alla spesa pubblica.

Possibile? Cameron ha puntato tutta la sua campagna elettorale sulla difesa della famiglia, dunque questo è anche un gesto simbolico e di coerenza. La massima carica dello Stato dà la precedenza al suo ruolo di padre rispetto ai doveri istituzionali. E dà un colpo di spugna alle differenze di genere: avere figli non è solo “questione femminile”, anche i maschi possono e devono fare la loro parte.

“Sono molto sorpreso da questa notizia”, commenta Carlo Mazzini, libero professionista, consulente esperto di non profit e padre di 4 figli. “Mi suscita perplessità, soprattutto per il ruolo di Cameron e per le responsabilità che si è assunto nei confronti del suo Paese. D’altra parte, se troverà il modo di preservare la sua funzione e garantire l’assolvimento dei suoi doveri, perché no?”

“Il suo è un messaggio forte e non può che farci riflettere. Ho sempre pensato al congedo parentale come a un diritto, prima ancora che del genitore, della sua stessa famiglia”. In Italia, i permessi per i neo papà esistono da 10 anni ma non sono molto popolari: retribuiti al 30% dello stipendio, sono utilizzati da 4 padri su 100.

“La scelta di David Cameron mi fa ripensare ad alcune recenti dichiarazioni dei nostri ministri, dalla Gelmini a Tremonti”, prosegue Mazzini.

“I congedi parentali, anche in Italia, hanno aperto nuove frontiere del diritto, eppure sempre più i nostri ministri si riferiscono ai diritti sindacali come “lussi” o “privilegi”. Ne parlano come se fossero misurabili o comprimibili. Ma un diritto è tale oppure non lo è. Non esiste via di mezzo”.

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