Famiglia

Se i diritti dei bambini restano sulla carta

Affidi falliti e peregrinazioni in strutture di accoglienza. Tagli alle comunità. E soprattutto, un grande caos di norme e soggetti coinvolti

di Benedetta Verrini

«In molti casi, la vera violenza nei confronti dei minori arriva dalle istituzioni». Un’accusa pesante, soprattutto se arriva da chi, come Francesco Alvaro (nella foto), da quarant’anni lavora nella “trincea” del settore minori, prima come educatore e direttore dei servizi sociali del comune di Roma, poi come primo Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del Lazio, oggi anche coordinatore della Conferenza nazionale dei Garanti per l’Infanzia.
Vita: In che senso la violenza arriva dalle istituzioni
Francesco Alvaro: Me ne sono accorto nel corso del nostro monitoraggio sulle comunità. Sapete quanto costa mantenere due fratelli in una struttura d’accoglienza? Almeno 200mila euro l’anno. Cosa succederebbe, mi domando, se queste grandi risorse, per le quali oggi molti comuni vanno in rosso, fossero spostate in azioni concrete sulla famiglia d’origine? Quanti rientri a casa ? e non affidi falliti o peregrinazioni in strutture ? avremmo potuto favorire?
Vita: Qual è il più grande problema delle politiche minorili, oggi in Italia?
Alvaro: Che di tutto si parla, tranne che d’infanzia. Che non esiste un progetto olistico: gli interessi del minore sono parcellizzati, un po’ se ne occupa la scuola, un po’ le Asl, un po’ i Servizi, un po’ i Tribunali minorili. Non c’è uno sguardo unitario, un progetto per la protezione globale. Per questo motivo l’ufficio del Garante, qui nel Lazio, si sta orientando su un obiettivo strategico, in collaborazione con la Giunta regionale: diventare la cabina di regia per la stesura di una legge quadro sull’infanzia che superi quella marea di norme “meramente auspicative” che finora non hanno reso i diritti dei bambini davvero esigibili.
Vita: Parliamo di risorse, allora. Come mai tanti comuni in Italia non pagano più le comunità?
Alvaro: È il termometro per giudicare le politiche per l’infanzia. Il comune di Roma riceve dalla Regione un quinto della dotazione per le politiche sociali. La parte restante viene coperta dal bilancio municipale. Ma non è così dappertutto: alcuni comuni, per le politiche minorili, utilizzano esclusivamente i fondi regionali e a volte li deviano su qualche opera pubblica, ad asfaltare strade anziché pagare le strutture. Tutto ciò provoca l’azzeramento dei diritti, la discriminazione: i bambini non possono essere trattati in modo differente a seconda di dove nascono.
Vita: Gli organismi locali godono di ottima salute, mentre la legge istitutiva del Garante nazionale sembra ancora lontana. Cosa ne pensa?
Alvaro: Un organismo nazionale posto a difesa degli interessi dell’infanzia potrà essere certamente una risorsa, ma a una sola condizione: non diventi una “foglia di fico”. Mi auguro che abbia risorse e una vera, concreta capacità di modificazione dei problemi dell’infanzia in Italia.E mi auguro che non vada a esautorare le figure già presenti sul territorio. La Conferenza è nata proprio per valorizzare quel ruolo di frontiera che i Garanti, a livello locale, giocano tra istituzioni e Terzo Settore.


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