Welfare

Maroni: sicurezza e integrazione vanno insieme

Il ministro dell'Interno ha parlato anche dei beni sequestrati alle mafie: da utilizzare per sicurezza e integrazione. Quest'ultima da realizzare con l'aiuto del volontariato

di Antonietta Nembri

da Rimini

Immigrazione e integrazione tema scottante che al Meeting di Rimini è stato al centro di un incontro con il ministro dell’Interno Roberto Maroni. In prima fila anche il sindaco di Verona Flavio Tosi. Il punto di partenza non è stato però un discorso teorico sull’integrazione degli immigrati, ma, come ha sottolineato Giorgio Vittadini che ha introdotto l’incontro: La diversità non spaventa: immigrazione e integrazione, «vogliamo partire dal positivo, guardando qualcosa che è già in atto». Ed ecco il video che racconta l’esperienza dei Banchi di solidarietà, di Portofranco (associazione che si occupa di sostegno allo studio per studenti dove il 30 per cento degli iscritti è straniero) e del Gruppo La Strada (12 cooperative sociali e 25 strutture che si occupano di accoglienza e integrazione). A raccontarle poi queste esperienze Alberto Bonfanti, presidente di Portofranco e Walter Izzo, presidente del gruppo La Strada che hanno testimoniato la concretezza dell’accoglienza e soprattutto dell’integrazione degli immigrati.

È poi partito all’attacco il ministro Maroni che riconoscendo la complessità del problema migrazione (con tanto di citazione dell’enciclica Caritas in Veritate) ha dichiarato che si tratta di una complessità «da gestire, l’immigrazione va gestita, purtroppo oggi l’Unione europea non gestisce il problema a sufficienza».  Ha voluto anche rimarcare come il suo ministero si occupi innanzitutto di sicurezza, di contrasto alla criminalità, pur ammettendo che un fenomeno come quello migratorio non si possa governare solo con gli strumenti della sicurezza tuttavia, «più alto è il livello di percezione di sicurezza dei cittadini più alta è l’integrazione». Ha voluto anche ricordare l’ultima iniziative del governo, il piano nazionale per l’integrazione nella sicurezza intitolato Italia 2020. Cinque gli assi di intervento: educazione, lavoro, alloggio e governo del territorio, accesso ai servizi essenziale, minori e seconde generazioni. E prevenendo una possibile domanda su quali saranno gli attori: «pubblico ed enti locali e ovviamente il terzo settore, il volontariato, il privato sociale».

Decisa la difesa dell’azione di governo: «applicare la legge non è discriminatorio», come della legge Bossi – Fini e l’aver legato il permesso di soggiorno al lavoro «principi che sono stati recepiti da altri paesi europei come la Spagna di Zapatero». Fondamentale il contrasto all’immigrazione clandestina. «Grazie alle intercettazioni telefoniche abbiamo scoperto che c’è un accordo tra il racket africano e la ‘ndrangheta per favorire gli ingressi clandestini e gli stessi canali che servono per far passare gli uomini servono anche per la droga».

Un successo per Maroni i numeri nel contrasto degli sbarchi dopo l’accordo con la Libia, si è passati a Lampedusa da oltre 37mila sbarchi a neppure 4mila, «inutile la polemica sui respingimenti, le nostre azioni sono conformi alle normative europee», un’altra conseguenza della riduzione degli sbarchi clandestini è il drastico calo dei minori non accompagnati. «Il loro arrivo è in diminuzione e quando giungono sono accolti da valide strutture gestite da volontari, anche se avremmo il diritto di rimpatriarli. Non come fanno altri Paesi che ci fanno la morale e poi li rimpatriano, costruendo in Africa o in Afghanistan degli orfanotrofi» ha detto Maroni elogiando il mondo del volontariato «senza il quale non avremmo potuto costruire un modello di accoglienza dei minori». E sulle numerose accuse rivoltegli di razzismo e xenofobia «non mi fanno ne caldo né freddo, sono aperto alle proposte, mi considero una persona ragionevole, se c’è qualcuno che mi dimostra che le mie politiche sono sbagliate, non ho una posizione ideologica» ha voluto precisare.

Maroni ha chiuso il suo intervento parlando di due temi caldi: i rifugiati «in Italia sono 100mila con la status di rifugiato, ma in questo campo si registra un ritardo culturale dell’Unione europea in quanto tale» e le risorse da mettere a disposizione delle politiche per l’integrazione, ha citato i fondi europei Solid (700 milioni di euro) e ha poi lanciato una sfida: utilizzare i beni della criminalità organizzata e investirli in sicurezza e integrazione «stiamo palando, solo per il biennio 2008/2010 di oltre 32mila beni da immobili, ad aziende, a terreni: sono quasi 15 miliardi di euro: non lasciamo quel tesoro inutilizzato».

Maroni vede nel volontariato che opera nel campo dell’integrazione il destinatario di questa ricchezza. In questo caso ha rivendicato la nascita dell’agenzia nazionale che si occupa dei beni sequestrati alle mafie «ma dobbiamo smetterla con le assegnazioni agli amici degli amici, occorre iniziare a prendere in considerazione tutte le associazioni di volontariato che operano sul territorio, passando dagli enti locali». Il censimento dei beni sarà completato entro tre mesi e l’auspicio del ministro è stato che i beni «finiscano nella mani giuste di chi opera per il bene di tutti e in particolare dei più deboli».

La parola finale a Vittadini «solo il desiderio di bellezza e di verità può generare incontro e integrazione. Questo non è in contraddizione con il rispetto delle regole e della legge. Sbaglia chi pensa che noi chiediamo privilegi allo Stato: a noi interessa promuovere collaborazione tra soggetti pubblici, non profit e privati che insieme possano sviluppare azioni capaci di creare vera integrazione e risposta concreta ai bisogni».


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