Non profit

La Fiat blocca gli operai reintegrati

La Fiom proclama uno sciopero. Gli altri sindacati si schierano contro l'azienda

di Maurizio Regosa

Melfi, ore 14. I tre operai della Fiat che l’azienda aveva licenziato e che il giudice ha reintegrato si sono presentati ai cancelli dello stabilimento per svolgere il loro turno di lavoro. Incuranti del telegramma con il quale l’impresa nei giorni scorsi li aveva avvertiti («non presentatevi, vi pagheremo lo stesso», aveva mandato a dire la Fiat). I tre erano accompagnati dagli avvocati e da un ufficiale giudiziario, ma sono stati bloccati dalla vigilanza, che anziché accompagnarli al loro posto di lavoro li ha scortati in un locale attiguo all’ingresso. Immediata la reazione del sindacato: la Fiom-Cgil ha proclamato un’ora di sciopero alla Fiat Sata di Melfi per il secondo e terzo turno.

Benzina sul fuoco

Una scelta, quella dell’azienda, che pare fatta per gettare benzina sul fuoco e rendere gli animi più incandescenti di quel che già sono. «Un comportamento difficile da capire», ha scritto il giuslavorista Pietro Ichino sulla prima pagina del Corriere della sera di oggi. Tanto più che i fiumi di inchiostro versati sulla controversia hanno più che chiarito complicato il quadro. Molto ad esempio si è scritto relativamente al fatto che due sono delegati sindacali Fiom (Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte; il terzo, Marco Pignatelli, è un iscritto). Meno ci si è preoccupati di analizzare il decreto del giudice, quello che, appunto, l’ufficiale giudiziario Francesco D’Arcangelo doveva leggere oggi ai dirigenti della Fiat Sata.

Cosa ha scritto il giudice?

In sostanza che non esiste la «giusta causa» per il licenziamento perché non è vero che i tre avrebbero bloccato i carrelli, come sostiene l’azienda. La movimentazione, si legge nel documento, «dei carrelli Agv dall’area picking verso le Ute 3 e 4 durante lo sciopero del 7 luglio 2010, non era stata interrotta dalla presenza dei lavoratori licenziati (che in tesi ne avrebbero ostruito la corsa) bensì sospesa dai responsabili Ute, in ragione dell’adesione degli operai alla mobilitazione». Come a dire il fatto è andato assai diversamente. «Conseguentemente, la sanzione avrebbe carattere antisindacale», annota ancora il giudice. Da qui la decisione di ordinare il reintegro dei tre licenziati.

Contro chi l’azienda si schiera?

Una decisione che, come si sa, non è stata favorevolmente accolta da Sergio Marchionne, l’ad Fiat che dopo aver fatto ricorso, aveva preannunciato ai tre l’invito del tutto irrituale a non presentarsi. Ma, impedendo ai lavoratori di prestare la propria opera, vien da chiedersi contro chi l’azienda si stia schierando. Contro il sindacato, va da sé, ma anche contro una decisione della magistratura, contro la quale è lecito ovviamente opporre ricorso, ma non a suon di vigilantes. Non è per caso, del resto, che l’unico risultato che il Lingotto al momento abbia ottenuto è stata l’unità sindacale. Non solo Fiom, ma anche Fim, Uilm e Ugl si sono schierati contro la decisione di impedire l’accesso agli operai. Il decreto «va rispettato», dicono all’unisono. E così se Raffaele Bonanni della Cisl ammonisce la Fiat («Si attenga al verdetto dei giudici; diversamente rischia di essere l’altra faccia della Fiom, di rincorrere le sue provocazioni»), di errore parla apertamente Giuseppe Farina, numero uno della Fim («L’azienda sbaglia a non garantirne il rientro»), mentre il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, dice no ad «atti di imperio». Da parte del governo, infine, una dichiarazione, timidetta anziché no, è giunta dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Sulla vicenda del reintegro non mi pronuncio», ha detto da Rimini. «È in corso una vicenda giudiziaria» ha messo le mani avanti, aggiungendo: «mi spiace non avere sentito la Fiom pronunciarsi sulla dimensione politica, ovvero può un lavoratore impedire agli altri di lavorare?» ha chiesto il titolare del Lavoro, «La Fiom dovrebbe dire: “noi crediamo che i lavoratori non lo abbiano fatto, ma sul piano teorico è giusto non fermare il carrello”». Azione  che però secondo il giudice Emilio Minio nessuno avrebbe commesso…


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA