Non profit
Il “bon ton” del check point
Un battaglione israeliano sceglie di usare toni più gentili con i palestinesi
Passerà pure per un passo modesto verso la distensione dei rapporti tra israeliani e palestinesi, ma è sicuramente degna di nota la decisione dell’Undicesima compagnia del Battaglione 7001 dell’esercito di Israele: niente più toni rudi nei riguardi dei palestinesi durante i controlli giornalieri ai check point, piuttosto un modo di fare decisamente più gentile. Un esempio? “Se fino al mese scorso come primo avvertimento dicevamo in arabo Wakef, ovvero ‘Stop’, ora diremo Sabah al-heir, che significa ‘Buongiorno’”, spiegano il soldato riservista Elezier Cohen al diffuso quotidiano israeliano Haaretz, che riporta la notizia.
Ancora più rimarcabile è la motivazione con la quale il gruppo di soldati ha deciso per il cambio di toni: “Volevamo vedere se era possibile trattare i palestinesi come esseri umani e non potenziali minacce pronte a tirar fuori coltelli o a far esplodere ordigni”, ribadisce Cohen, militare sui generis che lavora nel sociale ed è apprezzato anche come poeta. “Il nostro approccio è antitetico a punto di vista con il quale veniamo educati nell’esercito”, rivela.
Ora questi ragazzi che passano gran parte della loro giovinezza in divisa (in Israele il servizio militare obbligatorio dura tre anni per i maschi, due per le femmine e si può essere richiamati almeno un paio di settimana all’anno fino ai 40 anni”) aggiungono sempre “per favore” al momento di chiedere i documenti alle centinaia di palestinesi che passano per il posto di controllo, li guardano negli occhi e non puntano più armi ad altezza uomo. Come reagiscono i civili dei Territori occupati di fronte a questa ‘rivoluzione del linguaggio’? “Cambiano completamente atteggiamento, c’è meno tensione”, risponde Cohen. “Anche perché è fuori dubbio che quasi totalità delle persone non vuole creare alcun problema e vuole andare solo il più presto possibile al lavoro”.
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