Mondo

Sindaco denunciato per “riduzione in schiavitù”

Accade a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza

di Maurizio Regosa

In tema di migranti e delle loro condizioni di vita, l’ultima frontiera è la battaglia legale. In nome dei diritti umani, alcune associazioni si accingono infatti a rovesciare la logica fino a oggi prevalente. Ovvero quella di una pubblica amministrazione che si limita a contestare, mentre non fa nulla per rendere vivibile la condizione dei lavoratori sfruttati.

Come i briganti

L’associazione Michele Mancino di Palazzo San Gervasio (in provincia di Potenza) ha presentato a fine luglio una «deduzione-denuncia», in cui si ipotizza la riduzione in schiavitù degli africani costretti a vivere alla macchia, in grotte che certo non assicurano una situazione sanitaria adeguata ad esseri umani. Come un tempo facevano i briganti (e per vedere in quali condizioni vivono questi migranti, c’è youtube.com). La denuncia parte in realtà da due atti amministrativi. Una contestazione e una ordinanza. Alcuni africani del Burkina Faso sarebbero perseguibili per «invasione aggravata di pubblici edifici» (il campo di accoglienza di Contrada Piani del quale l’ordinanza del sindaco aveva disposto la chiusura). «Appare opportuno fare alcune precisazioni», si legge nella deduzione-denuncia. Perché è ovvio, argomenta l’associazione, che gli africani hanno agito per stato di evidente necessità e per far fronte a diritti costituzionalmente riconosciuti. Come si fa, infatti, a lavorare ore ed ore sotto il sole senza avere un riparo?

Riduzione in schiavitù

«Ancora una volta l’inefficienza e l’inadeguatezza della macchina amministrativa ha scaricato il peso sui più deboli» prosegue il documento che si richiama in seguito agli articoli della Costituzione repubblicana nei quali si riconoscono i diritti di ciascun cittadino (il 2, il 32, il 36) e quanto afferma la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (che all’articolo 25 fa esplicito riferimento al diritto di avere una abitazione adeguata). Gli extracomunitari, argomenta la denuncia, «non sono extraterrestri e quindi fanno parte della “famiglia umana”». Incontrovertibile. «Se dovessero essere condannati “in nome del popolo italiano”», prosegue, «l’inconsapevole popolo italiano, le istituzioni e gli enti locali dovrebbero essere condannati per “riduzione in schiavitù” proprio di quelle persone e di tante altre costrette a “campare” nelle stesse condizioni».

Una scelta obbligata?

«Il sindaco si è rifiutato di riaprire il centro di accoglienza, che altri non è che un luogo dove aprire delle tende, avere dell’acqua», spiega Nicola Montano, fra coloro che hanno presentato la denuncia, «adducendo urgenti motivi di ordine pubblico». Ragioni che secondo l’associazione non sussistono. Dunque la denuncia è stata una scelta obbligata, maturata – prosegue Montano, «dopo aver sentito Margherita Bonniver rivendicare il rispetto dei diritti umani dei migranti. Ma quale rispetto?». «Ieri mi è arrivata la notizia il governo ha annullato la decisione del comune di Caulonia e Riace, in Calabria, vicino a Rosarno, che aveva concesso il voto agli extracomunitari residenti». Ma la strada legale ha in qualche modo fatto scuola: «il comune di Caulonia e Riace ha fatto ricorso a non so quale Corte europea per annullare la decisione del governo», conclude Montano.


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