Welfare

Nel paese che non smette di cercare nemici

Cosa resta dopo il caso delle rette della mensa scolastica

di Marco Dotti

Sul banco degli imputati adesso ci sono le televisioni, colpevoli di «aver spettacolarizzato» una vicenda pronta ad infiammarsi di nuovo. «Perché tutto è rimasto come prima e chi non pagava continua a non pagare» «Successo? Che cosa vuole sia successo? Niente, tutto è come prima». Che tutto sia “come prima” ad Adro però non è propriamente vero. Balzato agli onori delle cronaca nazionale nell’aprile scorso in seguito a un provvedimento del suo sindaco leghista Oscar Lancini, Adro è oramai per tutti – forse meno per chi ci vive – il “paese dei pasti negati”. Per un paio di mesi, la mensa di via Padania si è trasformata nell’epicentro di un affaire che ha travalicato forma e sostanza. Se non c’è più possibilità di mediazione, si chiede Giorgio Tosi, 55 anni, imprenditore edile con un passato di militanza nella Dc e oggi spaesato come tutti, come può esserci integrazione? «È chiaro che chi chiude l’accesso alla mensa della scuola agli immigrati, non lo fa per ragioni contabili o di “equità sociale”, mira piuttosto allo scontro, su tutti i fronti e purtroppo i media ci cascano: prima grida al lupo, e il lupo è l’immigrato che non paga o sporca o ipoteticamente delinque. Gettata l’esca, se il lupo abbocca, il lupo diventa il giornalismo nazionale, quello che accende riflettori e telecamere per 20 minuti e poi se ne va, e il gioco è fatto perché con un colpo solo ti sei trovato due nemici, uno inerme e l’altro impreparato davanti al problema. Il primo, l’immigrato, è inerme perché è posto in una condizione strutturale di inferiorità e di debito; il secondo, il giornalismo, perché se anche morde, ed è tutto da dimostrare, di certo fugge, lasciando sul campo più dubbi e ambiguità di quante se ne avessero in origine».
Sia come sia, alla signora incontrata nel bar in piazza – «una mamma», ribadisce lei, che il suo nome non lo vuole dire – tutto questo interessa poco. La signora al bar della piazza dice che non ha tempo da perdere, che « tutto è come prima, lei paga la retta, e gli altri no e questo la fa indignare». Pare tenga comunque molto a prendere le distanze da una faccenda che, a sentire lei, è stata fin troppo osservata, raccontata, sezionata, persino “spettacolarizzata” tanto da diventare oggetto di editoriali inutilmente moralisti, che forse non avevano più niente a che vedere con i fatti. Già, ma quali sono, i fatti? Perché anche sui fatti non c’è stato e non c’è accordo. È vero o no che le famiglie dei ragazzi stranieri estromessi dal servizio mensa non erano in regola col pagamento delle rette? Erano solo gli stranieri a non pagare? A quanto ammonterebbe il loro debito di morosità nei confronti del Comune? Cinquantamila euro, come pare abbia affermato in un primo momento il sindaco, o diecimila come sostenuto dal suo quasi omonimo Silvano Lancini, l’imprenditore che si è fatto carico di staccare un assegno per appianare il debito? Adro è un paese piccolo che supera di poco i 7mila abitanti e non dovrebbe essere difficile accedere ai dati. Evidentemente non è così.
Ma oltre ai dati c’è dell’altro, e quell’altro è sempre e comunque la “politica”, quella del bar, del sentito dire, e quella del risentimento – diffuso in paese – per un giornalismo specie televisivo che ha ricacciato nel sottofondo carsico le notizie che ieri sbatteva in primo piano, lasciando nudi protagonisti e vittime. In attesa che tutto riaffiori a settembre, con la riapertura delle scuole.

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