Sostenibilità
Il fiume mai risorto
I 40 chilometri del Lambro fra Monza e Melegnano
«Il gasolio è rimasto attaccato alle sponde e ai sassi della riva, e appena
la secca fa scendere
il livello dell’acqua, quella coltre putrida rispunta fuori», racconta un anziano. Ma basta un po’ di attenzione per scorgere
ad occhio nudo i tanti scarichi abusivi ancora attivi
Ad oltre cinque mesi dall’onda nera che si è riversata nel Lambro il 23 febbraio scorso, il gasolio c’è ancora, depositato sul fondo e sulle sponde formando una crosta indurita. E gli sversamenti abusivi sono ripresi come prima, l’ultimo rilevato pochi giorni fa. Ma nei rari tratti dove è rispettato, il fiume riprende a vivere nonostante l’inquinamento. Costeggiare in bicicletta i 40 chilometri di Lambro tra Monza e Melegnano equivale a passare dal paradiso all’inferno per ritrovarsi infine in purgatorio. Un percorso niente affatto lineare, accomunato però in ogni punto da quella cicatrice indelebile sul letto del fiume. «L’onda nera è passata, ma il gasolio è rimasto attaccato alle sponde e ai sassi della riva, e appena la secca fa scendere il livello dell’acqua, quella coltre putrida rispunta fuori», racconta un anziano che da dieci anni coltiva un orto lungo il tratto più inquinato del Lambro, sotto il ponte di Cascina Gobba a Milano. Una situazione definitivamente compromessa, come documentano i rapporti ufficiali di Arpa Lombardia. «Ancora oggi nel fine settimana le industrie puliscono i serbatoi che contengono le sostanze inquinanti, vuotandole nel fiume nelle prime ore dell’alba. Per rendersene conto basta osservare la schiuma viscida che scende tutti i sabati e le domeniche prima delle 6 del mattino». Per non parlare degli scarichi abusivi rilevabili a occhio nudo lungo l’intero percorso e perfino nel Parco Lambro a Milano.
Poco dopo il quartiere monzese di San Rocco, dove sorge il depuratore che scarica nel Lambro le fogne di tutta la Brianza, il paesaggio cambia bruscamente, annunciato da un tanfo maleodorante. «Amare senza sporcare», ammoniscono i murales all’inizio della carraia che costeggia il fiume: ma da questo momento in poi tutto ciò che si vedrà saranno solo sporcizia e incuria. Proprio dietro al depuratore corre la linea del metanodotto. Tutto intorno alle tubature l’erba sta bruciando per un incendio appiccato per fare piazza pulita delle sterpaglie. Solo per miracolo il combustibile non ha preso fuoco facendo saltare tutto per aria.
Dopo via Rizzoli il Lambro inizia un percorso di lenta rinascita, come un tossicodipendente che cerca di liberarsi dalle sostanze che lo avvelenano. Non a caso una parte del fiume si stacca dal corso principale e attraversa la cascina del Parco Lambro che da 25 anni è la sede della Fondazione Exodus di don Mazzi.
A risanare il corso d’acqua sono soprattutto le oasi del WWF di Melegnano e San Donato. Come spiega Andrea Agapito, responsabile del Programma acque di WWF Italia, «i nostri progetti sono la dimostrazione del fatto che per risolvere le situazioni di degrado bastano pochi soldi, oltre all’impegno di alcuni volontari».
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