Mondo

La meglio gioventù alla Casa Bianca

Obama ha incontrato giovani leader di 47 paesi africani

di Emanuela Citterio

“Voi siete il cambiamento che cercate”. Barack Obama cita Ghandi. Parla delle sue radici africane, delle conquiste raggiunte dal continente dove è nato suo padre, delle sfide future. Tutto questo durante un Forum con giovani leader provenienti da 47 Paesi africani, che il presidente degli Stati Uniti ha voluto per ricordare l’indipendenza dal dominio coloniale ottenuta 50 anni fa da un primo gruppo di nazioni a sud del Sahara.

L’incontro con i giovani si è svolto nella East Room della Casa Bianca (guarda il video su Afronline). Obama ha parlato di empowerment: «Siamo pronti a rafforzare i giovani africani, a sostenere l’educazione, a aumentare gli scambi culturali come quello che ha fatto venire qui in America mio padre dal Kenya». Al primo posto, parlando degli ambiti i cui i giovani leader sono impegnati, ha messo la parola “società civile”. E sulla lotta all’Aids ha difeso la nuova versione del Pepfar, il piano di aiuti creato da Bush nel 2005, dicendo che i fondi non sono diminuiti ma è cambiato l’approccio.

Il discorso di Obama si presta a una duplice lettura. Da un lato Obama ha tenuto a rassicurare la sua audience sulla solidità della partnership fra gli Stati Uniti e l’Africa su questioni chiave (come la lotta all’Aids e le relazioni commerciali). Dall’altro non si è esposto più di tanto su alcune questioni spinose che riguardano il continente africano.

Interrogato sul fallimento dello Stato in Zimbabwe ha detto che l’America non può fare molto altro che continuare a portare avanti le sanzioni. Sulla Somalia che ci vorranno anni prima di vedere un cambiamento: «Non penso che nessuno si aspetti nei prossimi anni che questo Paese si trasformi rapidamente in un modello di democrazia».

Poche le soluzioni indicate: «Quello che possiamo fare» ha aggiunto sempre a proposito della Somalia, «è creare una situazione dove i giovani non vadano in giro con addosso le armi sparandosi gli uni gli altri per le strade». Su come gli Stati Uniti possono intervenire Obama è stato cauto: «Qualcosa si può fare dal punto di vista finanziario, dello sviluppo e delle infrastrutture base. Si può provare a individuare una porzione del territorio somalo che sia relativamente stabile e cominciare da lì per creare un modello per il resto del Paese».

Sul Sudan, il cui presidente è stato accusato di genocidio dalla Corte penale internazionale, Obama addirittura non si è espresso.

In diversi punti del discorso il messaggio principale di Obama è emerso in modo chiaro: il futuro dell’Africa è innanzitutto responsabilità degli africani. «Noi possiamo dare radici al vostro successo» ha detto ai giovani, «e vogliamo lavorare con voi per raggiungerlo. Ma non possiamo raggiungerlo per voi».

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