Welfare

A Roma al lavoro 5 detenuti archeologi

Il progetto durerà fino alla fine dell'anno

di Redazione

Cinque detenuti in regime di semilibertà si prenderanno cura delle aree archeologiche di Roma. Dal primo agosto al 31 dicembre lavoreranno tre ore al giorno per cinque giorni settimanali, guadagnando 7,5 euro netti l’ora. È quanto stabilito dal Progetto di recupero del patrimonio ambientale e lavori di pubblica utilità, frutto di un protocollo d’intesa firmato tra la Sovraintendenza ai beni culturali del Comune di Roma, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e l’Ama Spa. Proprio l’Ama nei giorni scorsi ha fornito ai cinque uomini la formazione specifica per il compito che dovranno svolgere, dando loro anche le attrezzature necessarie. «Continua questa esperienza importante» – ha commentato il sindaco di Roma Gianni Alemanno, presente questa mattina all’inaugurazione del Progetto nel Foro di Traiano – «stiamo tracciando una strada non solo per il reinserimento dei detenuti, ma anche per l’educazione dei cittadini: la lotta contro il degrado è una responsabilità di tutti, non solo delle istituzioni, abbiamo bisogno di uno sforzo comunitario per la tutela di Roma. Che questo esempio venga da istituzioni apparentemente lontane come il Comune di Roma e l’Amministrazione Penitenziaria, da detenuti che scelgono di impegnarsi, è davvero significativo, un messaggio profondo per l’intera città».

All’appuntamento di questa mattina erano presenti anche Umberto Broccoli, sovrintendente ai beni culturali del comune di Roma, Stefano Ricca, direttore del carcere di Rebibbia, Umberto Croppi, assessore alle politiche culturali del Comune di Roma e Daniele Clarke, presidente di Ama Spa. Presente anche Franco Ionta, capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, che ha sottolineato come lo scopo di questa iniziativa sia «anche nobile, perché andiamo a recuperare dei siti archeologici: quindi i detenuti svolgono un ruolo sociale, ma anche culturale». «In molti vorrebbero uscire dal carcere» – ha proseguito – «per lavorare e acquisire una specializzazione utile per reinserirsi in società. L’amministrazione a questo è sensibile: un carcere più aperto è un carcere più sicuro, perché chi lavora non delinque. I cinque detenuti sono stati selezionati perchè hanno dimostrato sensibilità al problema. Sono persone che hanno avuto un comportamento corretto in carcere e per questo sono state autorizzate a lavorare all’esterno dall’autorità giudiziaria».

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