Economia

Il Trentino vara l’economia solidale a norma di legge

Una norma per promuovere le buone pratiche

di Francesco Dente

Chiaro e forte. Il Consiglio della Provincia autonoma di Trento, onde evitare equivoci, ha preferito spiegare tutto nelle prime battute della recente legge sulla promozione e sullo sviluppo dell’economia solidale e della responsabilità sociale delle imprese. Per «economia solidale», precisa già l’articolo 2, si intende lo svolgimento dell’attività economica e culturale che consente il conseguimento di obiettivi d’interesse collettivo «più elevati rispetto alle soglie fissate dalla normativa vigente». Gli incentivi, sembra dire fra le righe il testo, non mancheranno. Ma a una condizione: che riescano davvero a far compiere al sistema trentino quel salto in avanti verso uno sviluppo economico responsabile e sostenibile, improntato cioè a criteri ispirati all’equità sociale, alla solidarietà, alla centralità della persona, della coesione sociale e del rapporto con il territorio.
Quanto lungo debba essere il salto, ecco l’altra novità della legge trentina, lo stabilirà un tavolo che sarà composto per metà (6 componenti su 12) da rappresentanti espressi dal mondo dell’economia solidale attraverso apposite assemblee elettive delle associazioni di secondo livello. Chi sono i soggetti impegnati nell’economia solidale? Le organizzazioni e le imprese senza scopo di lucro o che abbiano il 50% del proprio fatturato annuo riconducibile all’attività dell’economia solidale (secondo i criteri e i casi definiti dal tavolo provinciale), comprese le società cooperative che svolgono anche in forma associata attività nei settori previsti dalla legge.
L’elenco, nutrito, dei settori va dai prodotti agricoli e agroalimentari biologici e biodinamici al commercio equo e solidale; dal welfare di comunità alla filiera corta; dall’edilizia sostenibile e bioedilizia al risparmio energetico e alle energie rinnovabili. E poi, ancora, la finanza etica; la mobilità sostenibile; il riuso e il riciclo di materiali e beni; i sistemi di scambio locale; il software libero; il turismo responsabile e sostenibile; il consumo critico e i gruppi di acquisto solidale. Il tavolo provinciale allargato al terzo settore, in particolare, dovrà definire per ogni ambito di intervento un apposito disciplinare dell’economia solidale che conterrà a sua volta dei codici etici coerenti con le indicazioni del Libro verde della Commissione europea del 2001 sulla responsabilità sociale delle imprese.
L’obiettivo, in sostanza, è favorire l’integrazione volontaria delle problematiche sociali e ambientali nelle attività produttive e commerciali da parte delle imprese. Sempre i disciplinari, non finisce qui, potranno prevedere codici di condotta e sistemi di gestione aziendale certificabili in materia di qualità e sicurezza sui luoghi di lavoro, parità di trattamento e non discriminazione, responsabilità sociale, rispetto dell’ambiente, corretta gestione delle risorse umane e dialogo con i soggetti interessati, nonché di modelli di rendicontazione sociale, come i bilanci sociali e ambientali. Il braccio operativo della legge sarà rappresentato, invece, dai Centri per l’economia solidale: avranno il compito di fornire servizi, favorire un rapporto più diretto tra produttori e consumatori, offrire servizi di formazione e informazione.


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