Non profit

Fiat, la ricetta americana

Marchionne pensa globale, nuovi investimenti in Serbia

di Franco Bomprezzi

La Fiat vola in borsa dopo le notizie provenienti dal quartier generale della Chrysler, nel Michigan, dove, anche simbolicamente, Marchionne ha lanciato il suo messaggio globale. Investimento ormai confermato a Pomigliano, ma nuova linea in Serbia. E applausi ai sindacati americani. L’intera vicenda economica e politica viene raccontata con grande ampiezza dai quotidiani italiani.

Il CORRIERE DELLA SERA saluta la separazione fra auto e le altre attività del Lingotto con questo titolo di apertura: “Fiat, il piano della svolta”. In evidenza anche la positività del conti e le performance in borsa (“Il titolo vola”), ma anche la notizia che i nuovi investimenti saranno spostati da Mirafiori in Serbia. Il commento “Lo sguardo all’estero e la fabbrica Italia” è di Massimo Franco. A pag. 5, Raffaella Polato mette la lente sulla nuova strategia di Marchionne col suo pezzo dal Michigan: «L’impegno è ribadito, su Pomigliano il Lingotto va avanti. Ma lì si ferma, per ora, la costruzione di Fabbrica Italia. Troppi blocchi, polemiche, soprattutto troppe le minacce targate Fiom (e i relativi primi assaggi) di «ingovernabilità degli stabilimenti». Risultato: la tabella di marcia degli investimenti Fiat prosegue come da previsioni, il secondo passo scatta subito, però non da noi. Le linee della «L-0» — nome in codice dell’auto che sostituirà Musa, Idea, Multipla — erano previste a Mirafiori. Andranno in Serbia. Insieme ai 350 milioni che Sergio Marchionne avrebbe voluto impiegare a Torino e che invece, adesso, saranno «dirottati» a Kragujevac. Dove, peraltro, il Lingotto potrà contare su fondi aggiuntivi destinati al rinnovo totale degli impianti. Non un euro di «aiuto» sarebbe stato chiesto al governo italiano. Duecentocinquanta milioni saranno, per contro, messi sul piatto dalle autorità di Belgrado.  Duecentocinquanta milioni che, insieme ai 400 di finanziamenti Bei ottenibili per il lancio dello stabilimento, portano il totale a quota un miliardo.  Non sono però i soldi pubblici a fare la differenza. L’offerta di Belgrado e l’accessibilità alla somma Bei erano sul tavolo anche quando, per il progetto «L-0», il Lingotto aveva scritto Mirafiori alla voce impianto di produzione. Poi c’è stata la battaglia per Pomigliano. C’è stato – e c’è – l’«ostruzionismo» Fiom.  E se lì non si torna indietro, «confermiamo l’impegno preso con i sindacati che vogliono garantire la produzione della Panda, faremo insieme tutto il possibile per arrivare alle 270 mila auto previste», Marchionne non è disposto a correre altri rischi sul resto». E sul rapporto con i sindacati: «Non è un caso che la mossa serba sia stata annunciata da Auburn Hills, dal consiglio che ha approvato un utile netto inatteso e, soprattutto, l’avvio del processo di addio alla «vecchia Fiat». Senza Chrysler, come regolarmente ripete anche il presidente John Elkann, lo spin-off non sarebbe stato possibile, qui a Detroit c’è un bel pezzo del valore che la scissione potrà liberare. C’è, insieme, la prova tangibile di quanto sia davvero “multinazionale” oggi Fiat. E c’è il contro-specchio, rispetto all’Italia, di quanto possa fare una vera alleanza con chi rappresenta i lavoratori. Cita sempre la United Auto Workers, Marchionne, come esempio di «sindacato responsabile». È la Uaw, ora, a citare Marchionne.  Di Pomigliano, della Fiom, delle polemiche italiane non vogliono parlare. Cynthya Holland, presidente della Uaw per lo stabilimento di Jefferson, dice semplicemente: «Abbiamo capito, un anno fa, che eravamo all’ultima spiaggia. I sacrifici li abbiamo accettati per questo. Ma in cambio abbiamo trovato una partnership vera, non di facciata, e ne siamo grati a Sergio e alla Fiat». Veniamo ora al commento di Mucchetti. Il giornalista descrive un Marchionne «forte» in grado di «dettare le regole del gioco». Di contro si trova sindacati «divisi e impotenti» e un governo «ancora più debole». Risultato? Oggi la Fiat «detta i suoi aut aut a un paese che, non esprimendo da troppi anni una politica industriale, si balocca con la Fabbrica Italia di Marchionne, senza capirne i conti e lo sbarco in America». 

Fotonotizia in prima di REPUBBLICA e approfondimenti a pagina 10, 11 e 12. E’ questo lo spazio dedicato dal quotidiano di Ezio Mauro al nuovo piano Fiat. Di taglio basso le polemiche con i sindacati per i recenti licenziamenti, ritenuti intimidatori dalla Cgil, non gravi da Cisl e Uil, e legittimi dall’azienda. In apertura, però, la cronaca degli eventi firmata da Paolo Griseri racconta di una Fiat in grande spolvero, convinta di quello che sta facendo, e lanciata verso al conquista del mercato ovunque. Ovunque, tranne che in Italia. Già, perché qui non solo si prevede lo scorporo del Gruppo in due aziende: Fiat (auto) e Fiat Industrial (trattori e camion). Ma anche lo spostamento della produzione della L0 (successore della Fiat Idea e Multipla) in Serbia, la riduzione della produzione a Mirafiori, e l’affaire “Pomigliano” (in cui Marchionne, ad Fiat, ha deciso che investirà 700milioni di euro, ma non si sa ancora come). D’altra parte è lo stesso numero uno a dirlo nell’intervista raccolta dal fiatologo Salvatore Tropea dal titolo più che esplicativo “Produrremo in Serbia la monovolume. Con sindacati più seri si faceva a Mirafiori”: «Si è creata l’idea che io ce l’abbia con i dipendenti – dice Marchionne – L’Italia è l’unico paese nel quale il gruppo ha perduto soldi. Questo nessuno se lo chiede. Nessuno si chiede perché certi discorsi devono andare bene per alcuni e non per altri. E perché si debba tollerare che una persona dice di dover andare a portare la figlia dal medico e poi va a scioperare. Questo è offensivo per l’azienda e non posso tollerarlo». Ma il munifico Tropea non manca di illustrarci le magnifiche sorti e progressive alla base della rinascita Chrysler. Il titolo vale più di mille commenti: “Noi operai Chrysler con la morte in faccia resuscitati dalla cura italiana e dall’orgoglio”. Il racconto è quello di un’azienda unita, come una grande famiglia – United We Stand – che nel momento di difficoltà si unisce e sconfigge le avversità. E in tutto questo è lui il grande salvatore, Sergio Marchionne, che ha riportato la Fiat nel luogo da cui era partita oltre cento anni fa, ma questa volta non più da visitatore, bensì da capitano di vascello per affrontare le intemperie e portare in porto l’equipaggio. Basti ascoltare le parole dello stesso vate, inviato a Detroit per seguire il Cda della Fiat e il relativo annuncio di scorporo: «In un luminoso corridoio centrale pende dal soffitto una grande bandiera bianca bordata di rosso con al centro due stelle, una nera e una gialla, a indicare i morti nelle guerre e i superstiti» ma attenzione… «Ai lati si aprono altri corridoi segnalati con i numeri come le avenues americane: ovunque grandi murales che mostrano operai e famiglie sorridenti. Una Grand Cherokee fa bella mostra di sé all’ingresso, quasi a indicare il primo grande passo verso la risalita». Ma ecco: «Poco lontano, la piccola 500 arrivata da Torino e pronta per essere prodotta a Toluca in Messico, è su un congegno nei pressi della galleria del vento: la stanno sottoponendo ai test necessari per consentirle di affrontare poi il mercato americano». E per finire: «Gli italiani, per dire gli uomini Fiat, che stanno guidando la “renaissance” sono undici, compresi i pendolari come Marchionne, diciotto in tutti gli Stati Uniti. Vivono nelle cittadine attorno a Detroit e non hanno la pretesa di tornare a casa ogni fine settimana come facevano i manager tedeschi della Daimler. A tenerli in tiro ci pensa Marchionne. Risultato: hanno accorciato di 3-4 mesi il timing dal congelamento del progetto all’entrata in produzione di una vettura». L’apoteosi è servita.

«Rivoluzione in casa Agnelli» è il titolo di apertura della prima pagina de IL GIORNALE, sotto l’occhiello «La fine di un era». L’articolo del vicedirettore Nicola Porro comincia così: «Agnelli, politici e sindacati italiani, conteranno sempre di meno in Fiat». Si descrive la strategia di Marchionne: «Usa già oggi poca diplomazia nel perseguire la maggiore efficienza possibile nel suo gruppo. Cambia i suoi vertici alla velocità della luce e “strizza” le fabbriche senza tanti giri di parole». Sindacati e politici italiani perdono potere? «Se ne faranno una ragione». Le pagine di economia approfondiscono la vicenda. È una nuova epoca, quella del passaggio della Fiat dal regime del capitalismo padronale e del capitalismo assistito a quello del post capitalismo liberale», scrive Francesco Forte. L’inviato da Detroit spiega come «l’orgoglio di casa Chrysler» sia lontano «anni luce da Pomigliano».

«La nuova Fiat nata vecchia» è il richiamo in prima pagina de IL MANIFESTO per raccontare (alle pagine 2 e 3) che «In un cda riunitosi a Detroit, la dirigenza vara lo scorporo dell’auto. La famiglia Agnelli si allontana e la nuova azienda è sempre più made in Usa». Sempre in prima inizia il commento di Francesco Paternò «Le tre carte di Marchionne». Si legge: «Conti a posto, niente in ordine. (…) Avremo due Fiat, insomma, controllante Chrysler e chissà se in futuro con altri produttori; e una più solida, Fiat Industrial spa, destinata a fare più soldi e per la quale le banche sono pronte a metter mano al portafoglio per 4 miliardi di euro, con gran festa in borsa (…)» e continua «Ma è la terza Fiat dell’amministratore delegato a restare nelle nebbie. La riunione del cda Fiat è stata fatta ad Auburn Hills, in casa Chrysler invece che a Torino. Bene, se questo significa niente nazionalismi (…). Male, se è il messaggio che si vuole dare è un altro: come è bello governare dall’America dove i sindacati sono tutt’uno con l’azienda (…)» E conclude «(…) la nuova Fiat a quattro ruote resta in mano a eredi Agnelli pronti a liberarsi dell’auto. Il ramo meno redditizio che non è più nemmeno un tabù».
 
A Fiat ITALIA OGGI dedica un articolo di Sergio Luciano a pagina 7 dal titolo “Il cda Fiat ormai fa orari americani”. «Da una parte, il Michigan, divenuto ormai metaforica «piattaforma globale» delle attività del gruppo Fiat nel mondo; dall’altra, la trincea paleo-sindacale di Termini Imerese. In questa iperbolica, siderale distanza, geografica e culturale, sta tutto il segno della vera, definitiva riconversione Fiat da gruppo italiano multinazionale e gruppo globale con una forte presenza in Italia, finché serve e finché dura, ovvero finché i sindacati non accetteranno (tutti, anche la Fiom) di essere trattati come quelli di tutti gli altri paesi del mondo. È che il gruppo Fiat sia globale e del globo sposi la filosofia «full-time» l’hanno dovuto imparare a proprie spese anche i consiglieri d’amministrazione rimasti italiani, che si sono sciroppati la riunione di consiglio in una videoconferenza notturna iniziata alle 24 ora italiana di martedì 20 luglio (le 18 nel Michigan) e finita dopo quasi tre ore: come dire, un «turno di notte» anche per i colletti più bianchi del gruppo, qualcosa di simile (ma molto meglio pagato) a quello che fanno da sempre gli operai della fabbrica polacca di Tychy e che gli irriducibili della Fiom a Pomigliano non vorrebbero fare». A pagina 35, invece, i riflessi finanziari della vicenda: “La Fiat va oltre ogni previsione”.

“Fiat raddoppia l’utile e scorpora”. È il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE. Che alla casa torinese dedica anche il commento in prima, affidato a Paolo Bricco, dai toni entusiastici. Il titolo è “Fabbrica Automobili Globale”: «Sergio Marchionne, il manager  italiano partito da un  sobborgo di Toronto, ha risanato  la Fiat evitando che il nostro  paesaggio industriale perdesse  il suo fondamento storico che, ancora oggi, vale un buon 3% del Pil. Con lo scorporo dell’auto annunciato a Detroit, Fiat competerà  sui mercati globali. John Elkann, l’azionista, ha condiviso con Marchionne l’elaborazione di una strategia dura e complessa che ha trasformato l’azienda fondata dal trisnonno,  il mitico Senatore  Giovanni, da impresa italiana  a controllo familiare, pur col fascino cosmopolita del’Avvocato Agnelli,  a gruppo internazionale.  La prima lingua non è l’amato dialetto piemontese, parlato nelle  fonderie come nelle “alte sfere”,  identità o vezzo di appartenenza,  ma l’inglese standard, secco e sintetico,  del mondo globale.  I luoghi hanno un significato, e Elkann ha scelto di presiedere il consiglio di amministrazione di Fiat a Auburn Hills, quartier generale di quella Chrysler la cui ristrutturazione  sta ottenendo ottimi, non buoni, risultati. Calendario dello spin off auto a parte, è questo l’elemento da sottolineare. Nasce un atlantismo industriale in cui, per una volta, le carte le dà l’Italia. Gli americani hanno ripreso a fidarsi  del marchio Chrysler (407mila vetture vendute nel secondo  trimestre, il 22% in più di quello precedente), e Marchionne ha parlato per la casa madre italiana di un trimestre,  il secondo, «eccezionale», che ha visto un utile di gruppo di 113 milioni di euro, contro i 90 milioni attesi dagli analisti.  La borsa, che ha premiato tutti i titoli del gruppo, ha apprezzato l’impianto dello scorporo e ha applaudito la performance inattesa (…) Sarebbe interessante  che, dalle parti di Corso d’Italia 25 Roma-Italia (sede Cgil), gli si riconoscesse di avere salvato la Fiat e di averla portata nel mondo, con un gesto di apertura, dopo  il muro contro muro degli  ultimi giorni. Perché Fiat è cambiata, il mondo “automotive”  è cambiato e il sindacato  deve cambiare in parallelo.  Non per mutare natura,  no: ma perché solo un sindacato capace di risposte globali al mondo globale farà  davvero gli interessi dei lavoratori, di chi il lavoro lo sogna. A costo di deludere gli ultimi chansonnier dell’ideologia perduta».

L’apertura di AVVENIRE anche oggi è dedicata a “L’Italia degli esclusi” e agli 8 milioni di persone che vivono con meno di mille euro al mese. Il bilancio Fiat  invece è relegato a pagina 19 con l’articolo di Giuseppe Matarazzo intitolato “Fiat, trimestre eccezionale. Scissione al via” che spiega i piani di Marchionne per il futuro del gruppo. Via libera alla creazione di due società separate: una per l’auto e una per le macchine industriali. Il manager non usa mezzi termini: «È stato un trimestre eccezionale per il gruppo che ha superato quasi tutte se non tutte le attese del mercato». Il Lingotto torna in positivo, con un utile netto a 113 milioni di euro, mentre numeri e trasformazioni strutturali sono stati premiati in Borsa con una corsa durata tutta la giornata. Quanto alle polemiche dopo l’accordo su Pomigliano, il manager ha assicurato: «Fiat non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani. Dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell’attività. Abbiamo intenzione di portare avanti l’investimento, lavorando insieme alla maggioranza dei sindacati che lo hanno approvato. Non duplicheremo Pomigliano. Decideremo impianto per impianto. Soprattutto, dobbiamo convincere i sindacati sull’assoluta necessità di modernizzare i rapporti industriali in Italia».  L’eco delle parole di Marchionne è arrivato però nel mezzo di una nuova battaglia sindacale su Fiat. Di mezzo c’è la vicenda Pomigliano ma anche i cinque licenziamenti degli ultimi giorni. In campo due filosofie – quelle di Cgil e di Cisl – ormai incompatibili, destinate a cambiare le relazioni industriali e sindacali. «È uno stillicidio di atti contro il buon senso e contro ogni misura» dice il segretario Cgil, Epifani. Mentre la Fiom conferma la linea dura: lo sciopero di 2 ore per domani e  ricorsi in Tribunale contro i licenziamenti, invece Bonanni della Cisl dichiara: «Azienda e lavoratori stiano attenti a non cadere nella trappola della Fiom, che ha interesse a creare contrasti e a spingere alcuni lavoratori e l’azienda a comportamenti esasperati, mentre serve serenità». Nel dibattito sindacale, scende in campo anche il governo con il ministro Sacconi che dichiara: «Non siamo più negli anni ’70, una persona ha il diritto di scioperare ma non ha il diritto di impedire agli altri di lavorare» e giudica positivamente la strada intrapresa dal Lingotto: «Possiamo dire di essere di fronte a una sorta di circolo virtuoso, che deve essere alimentato da buone relazioni industriali». 
 
LA STAMPA apre con titolo in prima (“Fiat, via allo scorporo”) e prime quattro pagine sull’annuncio Fiat. L’apertura del servizio è sui risultati comunicati a Detroit: “Fiat, trimestre da record”, a partire dalle parole dell’ad Sergio Marchionne: «un trimestre eccezionale per il gruppo» Fiat che, «ha superato quasi tutte se non tutte le attese del mercato». L’annuncio dello scorporo in due nuove società (3 miliardi di liquidità a Industrial e 10 al settore auto) è stato premiato dalla Borsa, scrive LA STAMPA, e a Milano il titolo ha chiuso con una crescita del 6,7%. Sulla produzione in Italia, LA STAMPA titola “Il destino di Fabbrica Italia dipende da Pomigliano”. Fiat ha comunicato che la prima vettura dopo la Panda, denominata per ora con la sigla «L Zero» e destinata a sostituire Musa, Idea e Multipla, si farà in Serbia, dove l’azienda potrà contare su un finanziamento di 400 milioni dalla Bei e 250 milioni dal governo. A farne le spese sarà lo stabilimento di Mirafiori a Torino dove era destinata per piani originari la produzione delle 190 mila vetture l’anno. «Ma è tutta l’articolazione produttiva di Fabbrica Italia che viene di fatto sospesa fino a quando non ci sarà un piano più chiaro» scrive LA STAMPA. A pagina 5 un primo piano su Marchionne, nel quale si descrive il «paradosso» dell’amministratore delegato di Fiat, «criticato in Italia, portato a esempio e acclamato in America». A piede le dichiarazioni del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che ha commentato i conti del Lingotto: «La Fiat ha preso la direzione giusta e considera l’Italia un Paese di localizzazione di importanti investimenti e produzioni». 

E inoltre sui giornali di oggi:
 
SANITA’
IL GIORNALE -Si schiera a difesa del modello sanitario lombardo, rispondendo alle critiche di Gad Lerner pubblicate ieri su Repubblica («Il modello Formigoni tra affari e capoclan»). Il titolo della risposta in prima pagina del direttore Vittorio Feltri è «Consigli a Lerner su dove andare a farsi curare». Nelle pagine interne si sottolinea che «la sanità lombarda è la migliore d’Italia», i «numeri smentiscono» chi afferma che «il sistema misto pubblico privato è un fallimento». Per Il Giornale «I bilanci sono in ordine a fronte dei disastri delle altre Regioni: nel 2009 sono avanzati 207 milioni».

IMMIGRAZIONE
IL SOLE 24 ORE – La storia di un marocchino che è riuscito a mettersi alle spalle la povertà “Il vu cumprà e la voglia di cambiare”, raccontata da Karima Moual, parte dalla prima: «Un uomo che oggi ha 61 anni, uno dei primi marocchini  arrivati a Torino, spinti dall’ambizione e dalla forza di volontà  per cambiare in meglio la propria vita e quella della famiglia lasciata  al paese d’origine.  Tutti uomini, e tutti giovani come lui, a quel tempo 26enne. Sono quei piccoli uomini che fanno parte di quella prima ondata d’immigrazione marocchina verso l’Italia.  Che si avventurarono  con pochi soldi, senza una conoscenza della lingua e soprattutto senza nessun appoggio nel paese di  accoglienza. (…) È il 2010. Il 61 enne che per un anno ha fatto il “vu cumprà”  nei lontani anni ’70 oggi ha un’attività commerciale con la figlia. Vendono biancheria  per la casa».

IL MANIFESTO – «A un passo dal Cielo» titola in prima pagina su una grande fotografia che mostra l’immigrato che da tre giorni protesta sul tetto del Cie di Torino e il titolo richiama la sigla del centro di identificazione ed espulsione giocando con i colori nella parola cielo, dove le prime tre lettere sono in arancione. Due le pagina (la 6 e la 7) dedicate al tema che va al di là del tunisino Ben Asri Sabri che vuole resistere fino alla scadenza della sua detenzione. Lo sostengono «decine di reclusi che impediscono ai poliziotti di espellerlo nel suo paese “Se gli agenti salgono mi butto”, minaccia il migrante. “Fratello resisti, fallo per tutti” scriv ono in solidarietà dagli altri Cie dove contro i rimpatri si moltiplicano proteste e fughe». Nelle due pagine interne altre storie di migranti, come quella di Faith, nigeriana rimpatriata che rischia ora l’impiccagione in quanto accusata di aver ucciso l’uomo che voleva violentarla e poi un reportage da Cipro dove sbarcano in migliaia ogni anno nella parte turca, lì restano bloccati in quella che nel titolo viene definita «L’isola limbo dei migranti alle porte della Fortezza».

MAFIA

LA STAMPA – “Per Borsellino pronta un’altra autobomba”. Guido Ruotolo inviato de LA STAMPA a Palermo scrive delle nuove verità che stanno affiorando sull’omicidio del giudice Paolo Borsellino. Dopo anni di depistaggi si scopre che la mafia il giorno dell’attentato aveva un piano bis: un secondo commando addestrato per fare strage sotto la cas di via Cilea.

L’AQUILA
AVVENIRE – A pagina 4 l’inchiesta di Alessia Guerrieri descrive “L’Aquila dopo il disastro sull’orlo della crisi di nervi” e racconta che il momento più duro del dopo terremoto arriva ora: la voglia di comunità e di vivere in convivialità degli aquilani si scontra con le difficoltà di farlo davvero, nella città distrutta. E tra choc, isolamento e smarrimento è boom del consumo di psicofarmaci. 

COOPERATIVE
ITALIA OGGI – “Coop come le banche”, è il titolo di apertura del quotidiano. L’articolo è a pagina 19: «Cooperative come le banche. Potranno concedere finanziamenti a tutti i consumatori e non solo agli associati. Ad aprire il microcredito alla totalità dell’universo mutualistico (non solo le coop Costituite in forma di società di capitali, ma anche le cooperative sociali, di finanza solidale e le società di mutuo soccorso) è la commissione finanze della camera che martedì ha approvato il parere del relatore, il deputato Pdl Alessandro Pagano, sullo schema di decreto legislativo in materia di credito al consumo. Quaranta osservazioni in tutto destinate a essere integralmente recepite nel testo finale del dlgs (attuativo della direttiva europea 2008/48/Ce) che potrebbe andare già la prossima settimana in consiglio dei ministri per il varo definitivo. (…) «C’è un’esperienza di cui bisogna fare tesoro», spiega Pagano a ItaliaOggi, «ed è quella delle casse mutualistiche di una volta che a pieno titolo devono essere inserite nel sistema del microcredito. In giro per l’Italia sono già sorte realtà di questo genere, come le associazioni di autoferrotramvieri di Catania, Bologna, Genova e Napoli, che hanno realizzato forme mutualistiche di tipo finanziario. Per questo, d’accordo con la commissione e in piena sinergia con le opposizioni che hanno dato il loro contributo al miglioramento del testo senza pregiudizi, abbiamo deciso di inserire tra le osservazioni quella che riguarda l’apertura del microcredito alle forme mutualistiche. Per i consumatori, ma anche per le piccole e medie imprese, ad esempio del settore della pesca e dell’agricoltura, si tratterà di una vera e propria boccata d’ossigeno».

ACQUA
IL SOLE 24 ORE – “India e Pakistan alla guerra dell’acqua – La spartizione delle risorse idriche riaccende la rivalità tra i due paesi”: «La verità è che dietro la devastante crisi idrica in corso in Pakistan  c’è anche – ma non solo – la questione parzialmente irrisolta di come i due grandi paesi nati al tramonto dell’impero britannico debbano spartirsi le acque dei fiumi  che li attraversano. Il tema è tornato di attualità negli ultimi mesi quando i negoziatori di Islamabad  e New Delhi sono tornati a scontrarsi. Oggetto della disputa  il diritto dell’India a deviare il corso di un fiume, il Kishenganga,  pochi chilometri prima che entri  in territorio pakistano dove cambia nome in Neelum e conflu-isce,  dopo essersi unito al Jhelum e al Chenab,nell’Indo.New Delhi vorrebbe che le acque, prima di varcare il confine, alimentassero le turbine di una centrale idroelettrica  indiana da 330 megawatt di  prossima costruzione. Islamabad si oppone per due motivi: la deviazione lascerebbe a secco una parte  del suo territorio e impedirebbe a quelle stesse acque di alimentare  una futura centrale idroelettrica  pakistana da 969 Mw la cui costruzione è già stata appaltata a un consorzio di società cinesi».

AMBIENTE

LA STAMPA – “Troppi traghetti inquinano il Santuario dei cetacei”. Un rapporto choc di Greenpeace sui batteri nel Mediterraneo delinea un’immagine inquietante del Santuario dei cetacei tra Genova e il nord della Sardegna, «ridotto a uno scarico fognario» scrive LA STAMPA. I campionamenti provano un peggioramento costante dell’inquinamento da colibatteri fecali ben al di sopra dei limiti di legge previsti per consentire la balneazione delle spiagge.

COLOMBIA
AVVENIRE – “Tre milioni in fuga dalla guerra” è la fotonotizia in prima che annuncia a pagina 3 un reportage di Lucia Capuzzi dalla Colombia sui “desplazados” vittime dei signori della coca.   Milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle campagne per le pressioni violente della FArc e dei gruppi paramilitari in lotta per la produzione della coca. Un drammatico racconto di chi ha dovuto abbandonare tutto e l’opera dei volontari internazionali che cercano di aiutarli, come Medici senza Frontiere che girano il Paese su un’unità mobile.  


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