Confesso che quando ho visto la copertina dell’ultimo numero di Vita mi sono commosso. Un regalo esagerato da parte della redazione al sottoscritto, con quella mia foto gigantesca che temo abbia fatto scendere le vendite e questo mi dispiacerebbe assai. Ma secondo me questa copertina, che conserverò tra i cimeli della mia carriera di giornalista, è anche un’ironica risposta a un ministro sornione come Tremonti, che non si fa pregare quanto a battute, a volte infelici. C’è solo un dettaglio che non condivido, e che qui vorrei modificare, «Ho fatto cambiare idea a Tremonti», si legge a centro pagina. Avrei preferito «Abbiamo fatto cambiare idea a Tremonti», al plurale. Non per falsa modestia, ma perché davvero mai come questa volta una vittoria ha il sapore dell’impresa frutto della partecipazione di tanti protagonisti, tutti fondamentali. I colleghi, ad esempio, a partire dal direttore. Le associazioni, Fish e Fand, la Ledha. I parlamentari per bene, spesso lontani dal palcoscenico. Da giornalista, certo, penso che sia stato importante il ruolo di alcuni media, Vita prima di tutto, per modificare opinioni e pregiudizi su una materia complessa e scivolosa, come quella delle pensioni di invalidità e della lotta ai falsi invalidi. Io ho avuto la fortuna di poter scrivere liberamente nel blog, sulle colonne di Vita, perfino nel mio profilo su Facebook. Fare giornalismo civile significa impegnarsi senza respiro su tanti fronti, in costante dialogo con i propri lettori, che spesso sono anche fornitori di notizie, di dettagli, di storie, di punti di vista ai quali non si era posta sufficiente attenzione. Oggi il giornalismo civile è attenzione, ascolto, verifica continua delle notizie, scrittura e riscrittura, senza stancarsi mai, con la massima umiltà possibile, evitando tecnicismi e gergo di nicchia, cercando di rendere chiaro e semplice ciò che a volte è troppo oscuro e complicato. Ecco perché, questa volta, «abbiamo vinto». Grazie a tutti.
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