Non profit

Quel messaggio è poco affidabile

Si scatena sui blog il dibattito per una sentenza che redarguisce una campagna dell'Istituto delle donazioni

di Redazione

La notizia corre sui blog, del tutto inattesa: l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria ha ritenuto ingannevole una comunicazione dell’Istituto italiano della donazione. Allo Iap non è piaciuto che il claim «Scopri di chi ti puoi fidare» fosse abbinato all’elenco di chi ha conseguito il marchio dell’Iid. Il perché l’ha spiegato nella sua pronuncia: il marchio certifica le procedure, non i risultati, dunque «si può garantire che un soggetto segua un processo gestionale, ma non si può garantire che da ciò derivi anche un risultato gestionale in termini di affidabilità e serietà». Da qui la richiesta di ritirare la campagna. Un piccolo incidente di comunicazione.
Un fatto «paradossale» commenta l’esperto Carlo Mazzini (www.quinonprofit.it) facendo eco al fundraiser Valerio Melandri che addirittura ha intitolato un suo post chiedendosi: «Di chi si può fidare il donatore?».
In fondo però sono cose che capitano, argomentano i blogger (dopo aver sottolineato la meritorietà dell’Istituto e condiviso le ragioni del suo impegno). L’importante è guardare avanti. «Il mio augurio», scrive ad esempio Paolo Ferrara (http://fundraisingnow. wordpress.com), «è che l’Iid inizi ad aprirsi anche ai consigli che da più parti arrivano perché assuma un ruolo davvero utile ed esteso a favore del terzo settore. Di un’altra Iid, davvero inserita nel terzo settore e nei suoi bisogni abbiamo bisogno e accoglieremo tutti con felicità questo cambiamento».
Dal canto suo, Melandri coglie l’occasione per invitare i responsabili dell’Iid «a impostare le politiche di controllo invertendo l’onere della prova. Non l’Istituto che controlla, ma le non profit che autodichiarano. Non un modello top-down (io dico a voi se voi andate bene), ma bottom-up (noi diciamo che cosa facciamo e il mondo deve poter giudicare)».

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