Il successo della World Cup è stato vergato dalla Fifa
che ha parlato di «Mondiali perfetti». Un patrimonio
di credibilità da mettere a frutto da Ouagadougou, Burkina Faso
Le Cassandre avevano profetizzato un flop organizzativo. Primo Paese africano ad ospitare una Coppa del Mondo, il Sudafrica doveva essere un nodo logistico inestricabile e un nido di insicurezza. Ma il Paese di Mandela se l’è cavata. E alla grande. Le infrastrutture sportive sono state consegnate in tempo. Il primo treno rapido regionale dell’Africa, che poco ha potuto fare contro gli ingorghi stradali mostruosi di Johannesburg, è entrato in funzione ridando prestigio al settore dei trasporti. Oltre 500mila tifosi stranieri avrebbero partecipato ai Mondiali. Il Paese che solitamente registra una media di 50 omicidi al giorno, sembra aver vinto la sfida della sicurezza. La sede principale della Fifa a Johannesburg è stata svaligiata? Poco importa! Per il segretario generale della federazione internazionale di calcio, Jérôme Valcke si può dire che «sono stati Mondiali perfetti».
Frustrati, a tratti ingrati, i puristi sostengono che il Ghana aveva i “mezzi” per vincere ai quarti di finale. Invece di piangere, non potrebbero consolarsi all’idea che mai una squadra africana era riuscita ad avvicinarsi alle semifinali? Se accettiamo il fatto che i Mondiali offrono altre virtù rispetto a quella sportiva, da mesi il Ghana ne è il vettore incontestabile. In Africa occidentale, la reputazione del popolo ghanese è limpida: lavoratore, inventivo e pragmatico. Al governo è bastato accogliere per primo il presidente americano Barack Obama durante la sua prima visita ufficiale sul continente africano, per farla da padrone nel campo della democrazia. Con buona pace dei critici, i ghanesi hanno avuto la buona intuizione accogliendo i loro calciatori come eroi?
La magia del calcio avrà trasformato questa estate 2010 in una parentesi storica per il Sudafrica. Il “soccer” ha confermato d’essere lo sport più federatore che ci sia. Ma se il Paese raccoglie i suoi più grandi successi nel rugby, è in questa disciplina che riuscirà a cogliere la metafora che più di ogni altra riesce a tradurre l’attesa di un effetto post Mondiali: la meta va realizzata.
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