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Passano i secoli, ma Pelagio non passa mai d’attualità

di Lucio Brunelli

Talvolta basta un accento a modificare il senso di una parola. Allo stesso modo le grandi dispute sulla natura e la finalità del cristianesimo sono spesso questioni di accento. Basti pensare alla controversia che oppose Agostino d’Ippona e il monaco britannico Pelagio. Dove poggiare l’accento: sulla libera sovranità della grazia, ossia l’evidenza attrattiva e trasformatrice di una presenza Altra, o sulla pur necessaria volontà dell’uomo, le sue virtù morali, l’ascesi e l’educazione? Non è questione solo per teologi, astratta. Da essa discendono posizioni umane diverse, con implicazioni esistenziali e persino politiche diverse. Se la prima evidenza è la coscienza di una gratuità assoluta, lo sguardo verso il mondo sarà per propria natura privo di pretesa: un dono non si può imporre. Se l’enfasi cade invece sul versante della risposta dell’uomo sarà più facile scivolare nel moralismo con rischi maggiori di forme integraliste. Una disputa sempre attuale perché, disse il cardinale Ratzinger nel 1992, «l’errore di Pelagio anche oggi ha molti più seguaci di quanto sembri a prima vista».
Così è molto meno accademica di quanto possa apparire la scelta della rivista 30Giorni di dedicare la sua ultima copertina alla polemica antipelagiana. Lo spunto è un articolo di padre Nello Cipriani, grande studioso di Agostino; una recensione critica di Problemi di libertà, un testo inedito del filosofo di origine ebraica Hans Jonas. Fervente ammiratore di Pelagio, Jonas riassume la «grande concezione pelagiana» nella riduzione della grazia di Cristo in «stimoli per la volontà, non aiuti attivi», stimoli che producono «non una trasformazione dell’uomo ma un’educazione dell’uomo». Questa è la vera domanda sul cristianesimo odierno: un dono che trasforma la vita o solo l’ingrediente per una buona educazione?

CENE E AUSTERITÀ
Il cardinale Bertone è un vero salesiano, estroverso. Luigi Accattoli ha scritto che è il collaboratore ideale di Benedetto XVI perché compensa il carattere più riservato di Ratzinger. Probabilmente è vero. Ma almeno nei rapporti politici e nelle occasioni mondane un po’ più dell’austerità del suo superiore, forse, non gli nuocerebbe.

ipse dixit
Signore, dammi una buona digestione, e anche qualcosa da digerire.


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