Non profit

La società civile in assise

Fino al 9 luglio si tiene in Etiopia un seminario regionale degli attori non statali organizzato dal Cese

di Joshua Massarenti

ADDIS ABEBA – Sono in corso ad Addis Ababa, in Etiopia, i lavori dell’undicesimo seminario degli attori economici e sociali UE-ACP (Africa-Caraibi e Pacifico). Organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE), il seminario riunisce fino al 9 luglio sindacati, movimenti associativi, rappresentanti di camere di commercio e del settore privato provenienti dai 16 paesi che compongono la Comunità dell’Africa orientale (EAC) e dell’Africa orientale e australe (AOA).

Insieme ai membri del CESE; gli attori economici e sociali dell’EAC e dell’AOA si stanno confrontando attorno a tematiche cruciali quali il futuro del partenariato strategico UE-Africa lanciato a Lisbona nel 2007; la recente approvazione della revisione dell’accordo di Cotonou, i negoziati sugli accordi di partenariato economico (EPAs) per porre fine ai rapporti di libero scambi iniqui tra l’area UE e i paesi ACP; la sicurezza alimentare e il ruolo dell’economia sociale africana nella lotta alla povertà.
Dopo la sessione inaugurale, i dibattiti si sono concentrati sugli Accordi di partenariato economico (EPA) tra l’Unione Europea e i paesi ACP, e il ruolo che i cosiddetti “Attori non statali” possono giocare nei negoziati e nell’applicazione di accordi che da anni sono al centro di discordie profonde tra l’Africa e Bruxelles. Iscritti nell’articolo 37 dell’Accordo di Cotonou (2000), gli EPA sono accordi di libero-scambio che hanno come obiettivo quello di promuovere “l’integrazione progressiva e armoniosa degli Stati ACP nell’economia mondiale, nel rispetto delle loro scelte politiche e delle loro priorità di sviluppo, incoraggiando cosi’ il loro sviluppo sostenibile e contribuendo all’eradicazione della povertà”.

Gli EPA rispondono alla necessità da parte dell’UE e dei paesi ACP di adeguarsi alle regole del WTO e porre  fine al regime commerciale preferenziale che per anni ha favorito l’accesso dei beni e dei prodotti ACP in Europa. A questo si aggiungono due altri obiettivi: accrescere il peso dei paesi ACP nel commercio internazionale e sradicare la povertà. Nonostante la volontà della Commissione europea di favorire accordi di dimensione regionale da siglare entro dicembre 2007, ad oggi solo i paesi caraibici hanno firmato EPA cosidetti “completi”.
In Africa, Bruxelles è confrontata a una serie infinita di ostacoli che stanno frenando la firma di accordi commerciali cruciali per il futuro del continente. Tra questi ostacoli, permangono le divisioni tra i paesi africani, l’ostilità di molti attori economici e sociali africani convinti che gli EPA rappresentano una minaccia per lo sviluppo dei loro paesi, nonché la conseguenza dell’abbattimento delle tariffe doganali previsti dagli EPA. “Da un lato mettono a repentaglio i budget nazionali degli Stati, essenziali per garantire un minimo di protezione sociale” ricorda Justus Monda, presidente del Rift Valley Agricultural Stakeholders Forum (Kenya), “dall’altro favorisce la penetrazione di prodotti europei sul nostro territorio. In entrambi i casi, sia i cittadini che i produttori rimangono vittime di questi accordi”.

Su tutto, prevale un disagio profondo da parte degli Attori non statali nella mancanza di informazione e di coinvolgimento da parte delle loro autorità nazionali e regionali durante la fase de negoziazione con l’Unione Europea. Eppure, gli attori non statali possono contare su un partner prezioso come il Comitato economico e sociale europeo. “Da sempre il CESE ha la vocazione di rafforzare gli attori economici e sociali dei Paesi ACP e spingerli a farsi promotori di azioni comuni in grado di incidere sui rapporti tra l’Unione Europea e i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico”. Lo ricorda Luca Jahier, Presidente del Comitato di Seguito Unione Europea-ACP presso il CESE, che assicura lo sviluppo del dialogo sociale e civile e le relazioni istituzionali nel quadro del partenariato tra l’Europa e i 78 paesi ACP.
“Purtroppo ancora oggi la dimensione partecipativa della società civile dei paesi ACP viene ancora a mancare. Nel caso dell’Africa si ha la netta sensazione che gli attori economici e sociali non sono pienamente riconosciuti dalle istanze politiche”. Secondo Jahier, “questo riconoscimento passa in primo luogo per una mappatura della società civile”, fondamentale per identificare gli attori con cui dialogare. Il compito spetta alle Delegazioni UE presenti nei paesi ACP, “ma ci sono voluti anni affinché la Commissione europea imponesse nelle sue delegazioni figure ad hoc incaricate di dialogare con la società civile”. Oggi queste figure sono presenti, “ma spesso si tratta di giovani con poca esperienza sul terreno alle spalle”.

Per Jahier, “è qltresi’ necessario facilitare l’accesso degli attori non statali ai fondi dell’Unione Europea, cosa indispensabile per rafforzarli e consentirli di promuovere azioni che oggi devono essere portate avanti a livello regionale”, il quadro geografico di riferimento delle relazioni UE-ACP. L’accesso diretto ai fondi europei è stato iscritto nella prima revisione dell’Accordo di Cotonou siglata nel 2005, una svolta indispensabile che sulla carta consente alle organizzazioni della società civile dei paesi ACP di non dover più passare per le autorità nazionali per accedere ai finanziamenti europei. “Ma anche in quel caso la maggior parte degli attori non statali rimanongono tagliati fuori. Lo sostiene Gérard Dantin, membro del Comitato di seguito ACP-UE presso il CESE, secondo il quale “la colpa ricade in parte alle delegazioni Ue che non informano a sufficienza la società civile sui bandi europei disponibili e alla complessità di questi bandi. Ad oggi, solo le grandi organizzazioni internazionali hanno la capacità di presentare progetti solidi”. C’è poi la preoccupante predisposizione di alcuni governi africani a perseverare nella loro volontà di ostacolare a tutti i costi la società civile.

E’ il caso dell’Etiopia, per ironia della sorte paese ospite del seminario, il cui governo del premier Meles Zenawi è noto per il giro di vite durissimo imposto alle ong, ivi compreso quelle internazionali. Un compito facilitato dalle ultime elezioni che si sono svolte nel maggio scorso e che hanno visto il numero dei deputati dell’opposizone passare da 40 a 2.  I rappoti tra il regime etiope e la società civile assomiglia sempre a una corsa di formula uno, con la differenza che gli attori non statali corrono su macchine pronte alla rottamazione. Una dimostrazione ci è stata offerta nel seminario organizzato dal CESE con l’assenza del premier Zenawi, sostituito da figure di secondo piano poco sensibili al destino della sua società civile.
Insomma l’esatto contrario di quanto accade nei Caraibi. Ad Addis Abeba pervade un sentimento di frustrazione nei confronti di una società civile caraibica presa seriamente in considerazione dalle autorità governative. Lo ha ricordato Brenda King, Chief executive dell’African and Caribbean Diversity e membro del Comitato di seguito ACP-UE del Cese. “La società civile è stata coinvolta sin dall’inizio nei negoziati EPA e la sua capacità organizzativa è tale che si costituirà entro la fine del 2010 un Comitato consultativo di applicazione degli accordi Cariforum-UE incaricato di seguire gli impatti sociali e ambientali dell’EPA siglato nel dicembre 2007 tra l’Unione Europea e la regione Caraibi. Per gli africani è un modello da seguire”.

 

IN FOTO:  Il premier etiope Meles Zenawi e Louis Michel (ex commissario Ue e ora copresidente europeo dell’Assemblea parlamentare paritetica Acp-Ue) sono tra i partecipanti del seminario regionale ACP-UE ad Addis Abeba

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