Mondo

Gli jihadisti si fanno la guerra online

È battaglia tra siti a colpi di black out, furti di password e falsi comunicati di al-Qaeda

di Lorenzo Alvaro

È stato un duro scontro tra i gestori dei forum jihadisti, che veicolano la propaganda di al-Qaeda sul web, a mettere fuori uso per alcuni giorni alcuni tra i più importanti forum islamici presenti in rete. Per la prima volta, infatti, a causare la chiusura temporanea di alcuni di questi siti, come ad esempio quello del forum di “al-Fallujah”, non sono stati hacker israeliani né occidentali bensì altri internauti islamici che fanno capo a forum concorrenti.

Dopo tre giorni di black out è tornato attivo questa mattina il forum “al-Fallujah”, che scusandosi con gli utenti per l’assenza dalla rete ha ammonito tutti i visitatori «dal frequentare il forum della “Rete del Tawhid islamico”», lasciando intendere che i suoi gestori abbiano rubato la password di uno dei suoi web master per veicolare falsi comunicati di al-Qaeda. «Chiediamo a tutti i nostri membri», si legge, «di cambiare le password e di cambiare le proprie mail perchè tutte le informazioni sensibili presenti nel nostro server sono state rubate».

Nel frattempo i gestori del forum di “al-Fallujah”, non sono rimasti con le mani in mano e sembra siano riusciti a mettere fuori uso il sito concorrente. Andando, infatti, sul portale della “Rete del Tawhid islamico”, è possibile leggere solo un comunicato della direzione che risponde alla accuse di “al-Fallujah” sostenendo di «operare esclusivamente per la vittoria dell’Islam e di essere impegnati nel preservare la sicurezza dei propri utenti». «Chi ha attaccato quel sito», si legge, «potrebbe far parte di altri forum e non del nostro».

In mezzo a questa “guerra” tra forum jihadisti sono finiti anche altri siti vicini ad al-Qaeda, come quello di “al-Tahadi”, che ha pubblicato questa notte un comunicato per «annunciare il ritorno in rete del forum di “al-Fallujah” e condannare i tentativi di altri di penetrare e boicottare il sito minando la credibilità del Centro informativo “al-Fajr”». Quest’ultima è la sigla di una delle tante case di produzione jihadiste che realizzano filmati di propaganda per al-Qaeda in rete.

Gli amministratori del forum “al-Fallujah” sostengono che il tentativo di intrusione nel loro sistema sia avvenuto dopo il furto della password dei gestori di questo centro di produzione, attraverso cui sarebbe stato veicolato materiale jihadista definito “falso”.

Uno dei video diffusi dal centro “al-Fajr” nel mese di giugno è stato quello relativo a un presunto messaggio audio di Osama Bin Laden nel quale il terrorista saudita diceva, seppur con parole diverse, le stesse cose già affermate in una registrazione mandata in onda dalla tv araba “al-Jazeera” nel mese di marzo. Le modalità di diffusione di questo documento, così come il suo contenuto, avevano sin dall’inizio destato forti sospetti da parte degli utenti dei forum jihadisti in Internet.

Scarsamente conosciuta invece la dichiarazione ambientale di prodotto (il 18% non sa cosa sia), le certificazioni forestali come l’Fsc (il 16% non lo conosce) e anche l’ecolabel (sconosciuta al 15,7%). La maggioranza del campione ritiene che si possa definire un prodotto ecosostenibile in virtù del basso impatto ambientale del processo di produzione (lo afferma oltre il 77% del campione), delle caratteristiche legate al riciclo o biodegradabilità (più del 67%), risultano comunque abbastanza rilevanti anche il rispetto delle norme etico-sociali (37,20%) e la vicinanza di produzione al lugo di vendita (32,83%).

E comunque la pratica di acquisto di prodotti ecosostenibili è sicuramente consolidata all’interno del campione: il 70% degli intervistati infatti acquista abitualmente questa tipologia di beni con picchi importanti per i prodotti alimentari di stagione (+27%) e locali (88%), le apparecchiature elettriche ed elettroniche e i prodotti per l’igiene della casa.

Se poi nello specifico si vanno ad esaminare le scelte d’acquisto del campione circa un terzo (30,5%) si rivela vero e proprio ecoconsumatore (c’è dunque una precisa scelta di campo a favore di prodotti di qualità e rispettosi dell’ambiente a prescindere da prezzo e marca), più del 50%  invece affida la propria scelta alla marca e al punto vendita benchè dimostri comunque attenzione alle caratteristiche etiche e ambientali dei prodotti. Solo il 18% si dimostra consumatore insensibile alle tematiche ambientali rimanendo ancorato alle sole certezze di prezzo, qualità e sicurezza.


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