Mondo

Tobin Tax, il consenso cresce

editoriale

di Giuseppe Frangi

Il vertice della grande dissillusione. Sarà ricordato così l’appuntamento che ha visto radunarsi a Toronto nell’ultimo week end di giugno, prima i G8, e poi i G20. Sembra che davvero sia finita una stagione in cui i Grandi della Terra, pressati dalla paura del terrorismo, si preoccupavano di tenere in agenda il sostegno ai Paesi in via di sviluppo e di lanciare iniziative di aiuto. È stato così sino allo scorso anno quando il vertice dell’Aquila si chiuse con la solenne promessa di un grande intervento per la sicurezza alimentare con 22 miliardi di dollari promessi dai Paesi donatori per i prossimi tre anni (solamente 6,5 miliardi di dollari sono stati impegnati sino ad ora). I G8-G20 non hanno nemmeno evocato gli impegni assunti nei precedenti vertici, che sembrano dimenticati. L’unico impegno assunto è stato lo stanziamento di 5 miliardi di dollari nel campo della salute materno infantile (la Muskoka Initiative).
Eppure il vertice di Toronto aveva davanti una scadenza importante: a settembre si terrà il Summit delle Nazioni Unite per valutare i progressi compiuti rispetto agli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio assunti dai 192 Stati membri dell’Onu. Oltretutto i primi dati lasciati trapelare da Ban Ki Moon evidenziano un preoccupante ritardo rispetto agli impegni assunti in vista del 2015 e quindi una riflessione sarebbe stata quanto mai opportuna.
Certamente molti dei 20 Paesi (che pur raccolgono il 90% della ricchezza mondiale) sono alle prese con una crisi profonda, che sta facendo traballare molti sistemi di welfare e quindi può scatenare crisi sociali drammatiche. Ma proprio questa emergenza, che stavolta è anche interna, avrebbe dovuto suggerire un’iniziativa capace di lasciare il segno.
Andava in questa direzione, per esempio, la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie, che lo stesso ministro Tremonti aveva lasciato balenare in alcune uscite pubbliche. Secondo i calcoli fatti dagli esperti di ActionAid, tassando dello 0,05% ogni compravendita di titoli non statali e strumenti finanziari, nella sola Unione Europea si potrebbe registrare un gettito tra i 163 e i 400 miliardi di dollari all’anno. Risorse importanti non solo per riagganciare i Millennium Goals, ma anche per proteggere sistemi di welfare esposti alla crisi e alle esigenze dei nuovi assetti demografici.
Non sono idee belle ma peregrine: un personaggio dell’esperienza di Corrado Passera, amministratore delegato della seconda banca italiana, alla vigilia del vertice aveva dato il suo assenso a una microtassa sulle transazioni finanziarie per rimediare agli eccessi della speculazione. L’Europa, com’era stato annunciato all’ultimo Consiglio Ue, avrebbe dovuto mettere la proposta sul tavolo del vertice di Toronto. «Chi ha provocato la crisi, adesso la paghi», aveva minacciosamente detto la Merkel. Invece anche quest’occasione è stata mancata. Ora la società civile, da cui l’idea è partita, sa però che quest’idea ha conquistato molto consenso e legittimazione. Quindi è il momento buono per far sentire la nostra voce. E ridare una prospettiva a una politica sempre più impotente e racchiusa su se stessa.


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