Non profit
Marantelli, il democratico di fede bossiana
L'onorevole del Pd amico personale del leader padano
È l’unico esponente dell’opposizione membro della Fondazione Cattaneo, uno dei più importanti pensatoi leghisti. E oggi dice: «I federalismi fiscale
e politico devono diventare le nostre bandiere»
Varesino, classe 1953, orgoglioso di un passato da bancario come di aver giocato nel Varese Calcio, l’onorevole del Pd Daniele Marantelli è un uomo politico un po’ particolare. Arriva dal Pci, ora sta nel Pd, ma soprattutto è una specie di protoleghista prestato alla sinistra. Amico personale di Bossi, Maroni, Calderoli, è l’unico esponente del Pd chiamato a far parte della Fondazione Carlo Cattaneo. Fondazione che studia il pensiero del “gran lombardo”, federalista ante litteram, ma che è pure uno dei luoghi di produzione culturale più importanti (e meno noti) della Lega Nord.
Vita: La Lega è in difficoltà. Dopo lo scontro Regioni-Governo, quello Comuni-Governo…
Daniele Marantelli: La Lega comincia a rendersi conto dei molti errori fatti dal governo, a partire dalla decisione di abolire l’Ici nel 2008. Il governo ha centralizzato poteri e risorse. In più, col patto di stabilità, è stato contraddetto alla radice il principio cardine del federalismo: sanzionare i Comuni cattivi, premiare quelli virtuosi. I soldi, invece, li hanno regalati a Palermo e Catania, i non virtuosi.
Vita: Insomma, anche la Lega si accorge che qualcosa non va?
Marantelli: Sì, e la contraddizione cresce man mano che il morso della crisi economica avanza. Impegni assunti in modo solenne sono stati disattesi, dall’abolizione dell’Irap alla sospensione degli studi di settore, dal mancato via libera alle infrastrutture al tradimento su Malpensa.
Vita: Anche il governatore lombardo Formigoni scalpita?
Marantelli: Tutta la classe politica della Lombardia, di governo e d’opposizione, ha criticato la manovra e Tremonti. Il fondo di perequazione è saltato, e Formigoni protesta. Bene, ma dietro c’è altro. In due anni, il ruolo di contrappeso al premier, specie sul piano della legalità, l’ha svolto Fini. Ora c’è Formigoni, che si mette di traverso contro le politiche centraliste di Roma. A Bossi comincia a mancare l’aria. Il rischio che lo spazio politico della Lega si riduca ancora di più è reale. E la Lega non resterà zitta.
Vita: In questo scenario manca un solo attore, il Pd. Scomparso, al Nord?
Marantelli: Il Pd ha un senso se è e resta il partito del cambiamento e se si fa promotore dell’alleanza con le parti più produttive, dinamiche e innovative del Paese, specialmente al Nord. Il federalismo fiscale e il federalismo politico devono essere la nostra bandiera, assieme alla riduzione del numero dei parlamentari, al Senato federale e al rafforzamento dei poteri del premier come della Camera dei Deputati. Bersani fa bene a tenere alta la bandiera della questione sociale ma la questione istituzionale è altrettanto importante, così come è importante non rappresentare solo il lavoro dipendente ma anche professionisti, artigiani, commercianti, piccoli imprenditori perché il Pd deve tornare a occuparsi di Nord. E a legare questione sociale, questione politica e istituzionale. A partire da un atteggiamento costruttivo sul federalismo.
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