Mondo

La sostenibilità ha la filiera vincente

di Marco Dotti

La crisi economica che, dal 2007, ha travolto i mercati finanziari internazionali, trascinando con sé anche le più floride economie locali, affonda le proprie radici nel modo «non regolato», tendenzialmente votato alla dissipazione con cui si è finora manifestato lo sviluppo. Ne è convinto Enzo Rullani che nel suo ultimo libro, Modernità sostenibile. Idee, filiere e servizi per uscire dalla crisi invita a considerare la crisi come un’occasione irripetibile per ridefinire le logiche spesso aberranti di quello sviluppo, sperimentando al tempo stesso «un altro modo di lavorare, consumare e vivere in rapporto al nuovo paradigma economico della contemporaneità: il capitalismo globale della conoscenza».
Nello specifico del contesto italiano, Rullani osserva come, finora, tanto sul piano delle politiche aziendali quanto su quello della politica tout court, alla crisi si sia risposto con due atteggiamenti emotivamente contrapposti, ma in qualche modo complementari ai fini pratici. Atteggiamenti che hanno di fatto occultato l’urgenza di pensare a ciò che l’autore chiama “filiere della sostenibilità”: reti di produttori, consumatori, distributori, centri di ricerca che possono mettere le loro capacità insieme per presidiare e ricostituire le premesse dei processi da cui dipende il nostro sviluppo. Ecco perché, qualora si riuscisse a far entrare questa sostenibilità nei modelli di business aziendale, ad essere ripensata riflessivamente sarebbe l’idea stessa di una modernità che, nell’inseguire i fantasmi di un consumo a tutti i costi, ha finito col dissipare il suo stesso terreno di coltura: le comunità e le reti.

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