Famiglia

A un passo dalla verità

A 30 anni dalla strage in cui persero la vita 81 persone "rimane da sapere chi è stato"

di Daniele Biella

Sono passati 30 anni ma le 81 morti della strage di Ustica non hanno ancora un colpevole. O meglio, tre decenni di inchieste giudiziarie non sono riuscite a emettere alcune condanna in via definitiva su quanto accadde alle 20.58 di venerdì 27 giugno 1980, quando l’aereo Douglas Dc9 della compagnia Itavia, in viaggio da Bologna a Palermo, ‘scomparve’ nel nulla senza lasciare tracce fino all’alba dell’indomani, quando vennero avvistati resti del velivolo al largo del mar Tirreno, non lontano dall’isola di Ustica.

Ben ottantuno persone hanno perso la vita (tra cui 13 bambini), e da allora altrettante famiglie non hanno trovato pace, perché la mancanza di spiegazione su come sia potuto succedere tale tragedia mette ‘la strage di Ustica’ in cima alla lista dei misteri mai risolti nella storia contemporanea italiana. La storia di Pasquale, 72 anni, è emblematica: raggiunto da Il Mattino di Napoli, spiega come 30 anni dopo “non passa un giorno senza che mi torni davanti agli occhi l’immagine dei corpi straziati di mia moglie e dei miei tre figli”. Si è costruito una nuova famiglia, ma il ricordo “è come un martello nella testa e nel cuore”.

L’associazione dei familiari delle vittime
“C’è da continuare a lottare per far uscire la verità”. Usa queste parole Daria Bonfietti, presidente dell’associazione parenti delle vittime di Ustica. Sua sorella era su quel volo. “Ma non vorrei parlare di mistero”, precisa la donna, “cos’è successo lo ha chiarito la sentenza ‘Priore’ del 1999: l’aereo è stato abbattuto in tempo di pace. Rimane da sapere chi è stato, e qui sono coinvolti militari statunitensi, francesi, libici e naturalmente italiani, che non hanno fatto uscire la verità”. Il lavoro lento ma costante dell’associazione, nata a fine anni ’80 sull’onda dell’iniziativa di un gruppo di cittadini che si erano riuniti nel Comitato per la verità su Ustica, ha permesso nel tempo di non far cadere nell’oblio quanto accaduto, nonostante le omissioni, le bugie e i depistaggi messi in atto da chi non voleva far uscire la verità sulla strage. “Si era parlato all’inizio di un cedimento strutturale, ma era una falsa teoria che si è via via sgretolata”, aggiunge la presidente dell’associazione. È stato il magistrato Rosario Priore, undici anni fa, a ricostruire quasi completamente la vicenda, in modo più che attendibile secondo la stessa Bonfietti e con una sentenza-choc: “Il Dc9 è stato abbattuto a seguito di azione militare di intercettamento, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, un’ operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti”.

Cosa è successo?
La conclusione dell’indagine Priore rappresenta un punto cardine sull’emersione della verità della strage di Ustica, ma le rivelazioni e i colpi di scena (tra cui alcuni suicidi sospetti di personale militare italiano) si sono comunque susseguiti senza esclusione di continuità dal momento del ritrovamento del velivolo fino ai giorni nostri. A vario titolo, ne sono coinvolti almeno quattro paesi: gli Stati Uniti, in quanto frammenti di un caccia statunitense sono stati recuperati nel 1991 assieme alla gran parte dei resti dell’aereo civile dell’Itavia. La Libia, considerato il ritrovamento, 20 giorni dopo l’incidente, di un aereo Mig23 sui monti della Sila, in Calabria. E la Francia, le cui esercitazioni militari erano note in quell’area durante il periodo della strage.

A confermare la corresponsabilità francese dell’accaduto ci ha pensato l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, allora presidente del Consiglio, che negli anni ha cambiato la sua versione dei fatti: se durante il processo, nel 2002, aveva dichiarato di non possedere informazioni in merito, cinque anni dopo ha parlato di ‘un missile a risonanza’, che ha colpito per sbaglio il Dc9. Ancora, il 24 maggio 2010, Cossiga ha fornito questa ricostruzione: per non essere visto da un aereo libico che trasportava addirittura Gheddafi un aereo francese era sotto quello italiano, e partì un missile “per sbaglio, volendo colpire l’aereo del presidente della Libia”. Le sue dichiarazioni sono ora al vaglio della magistratura, che ha aperto una nuova inchiesta, per la quale le autorità francesi hanno dichiarato il 22 giugno di quest’anno di “essere pronti a collaborare”.

A un passo dalla verità
Per ora le uniche condanne sono arrivate in Corte d’Assise nel 2004, ai danni di due vertici dell’Areounatica militare italiana, Lamberto Bartolucci e Franco Ferri: non per la loro partecipazione alla strage, ma per “falso ideologico, abuso d’ufficio e falsa testimonianza” successivamente al disastro. Ma in appello, con sentenza definitiva del dicembre 2005, i due generali vengono scagionati (il reato era comunque prescritto essendo passati 15 anni dal fatto), decisione recepita come una “vergogna” dai familiari delle vittime, Bonfietti in primis. “Ma oggi, 30 anni dopo, alla magistratura manca solo un pezzo, ovvero il nome degli autori: siamo a un passo dalla verità”, sottolinea la presidente dell’associazione. “In questi momenti come non mai abbiamo bisogno dell’appoggio di tutti i cittadini italiani, perché per risolvere il caso ci vuole volontà politica e quindi bisogna sui paesi coinvolti”. Italia compresa: “se non riesce a convincere le nazioni presenti al momento della tragedia a collaborare, manca di credibilità e trasparenza. E poca trasparenza significa poca democrazia”, riporta la donna all’emittente Youdem.

Il museo e il ricordo
Domenica speciale, quella del 27 giugno 2010, al Museo per la memoria di Ustica, inaugurato a Bologna tre anni prima: è lì che, ufficialmente, verrà ricordato il triste anniversario della tragedia (ben rievocata anche con il film del 1991 ‘Il muro di gomma’ di Marco Risi). Lì dove è stato ricostruito con i pezzi recuperati nel tempo (il 96% del totale) il Dc9, e dove, con un’installazione ad opera di Christian Boltanski, sono appese 81 lampade flebili, una per ogni vittima. Far luce sulla verità di Ustica, 30 anni dopo, è un impegno più necessario che mai.


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