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Nuovi criteri per accertare la morte cerebrale

Il Comitato di bioetica ha approvato un documento in cui approfondisce le problematiche realtive all'accertamento della morte

di Sara De Carli

Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha approvato oggi un documento di revisione dei criteri di accertamento della morte. Il documento è stato elaborato da un gruppo di lavoro coordinato da Lorenzo d’Avack e Giancarlo Umani Ronchi.

Così il comunicato ufficiale spiega la ratio del documento: «è noto che se la morte è una sola, tuttavia la diagnosi può essere oggi accertata con lo standard tradizionale cardiocircolatorio (irreversibile cessazione delle funzioni circolatoria e respiratoria), così come con quello neurologico (irreversibile cessazione di tutte le funzioni dell’intero cervello incluso il tronco cerebrale). Tuttavia, entrambi questi criteri hanno suscitato negli ultimi decenni un ampio dibattito sia scientifico che etico, anche in considerazione dell’avanzamento delle conoscenze mediche. Il CNB ha ritenuto pertanto necessario svolgere una nuova e approfondita riflessione in grado anche di integrare il documento Definizione e accertamento della morte nell’uomo, redatto dallo stesso Comitato nel 1991. Il parere attuale ha sottolineato che il problema dell’accertamento della morte non deve essere condizionato da altre finalità quali il prelievo degli organi e che la morte possa essere definita sulla base di una mera “convenzione”».

Sia lo standard neurologico che quello cardiopolmonare continuano ad essere clinicamente ed eticamente validi per accertare la morte dell’individuo ed evitare in modo certo la possibilità di errore. In particolare il Comitato per quanto riguarda i criteri neurologici ritiene accettabili solo quelli che fanno riferimento alla “morte cerebrale totale” e alla “morte del tronco-encefalo”, intese come danno cerebrale organico, irreparabile, sviluppatosi acutamente, che ha provocato uno stato di coma irreversibile, dove il supporto artificiale è avvenuto in tempo a prevenire o trattare l’arresto cardiaco anossico. Il Comitato, tuttavia, ritiene che le spiegazioni all’opinione pubblica di questo concetto andrebbero corrette e aggiornate soprattutto sotto il profilo terminologico con definizioni oggi più rispondenti alla corrente pratica clinica.

I criteri adottati richiedono inoltre la condizione che sia rispettata l’osservanza rigorosa e meticolosa e i pre-requisiti clinici della metodologia, delle procedure e del ricorso eventuale ai test confirmatori. Si raccomanda proprio a tal fine il massimo di uniformità nei protocolli sia per lo standard cardio-polmonare che per quello neurologico, che allo stato appaiono di sovente difformi da paese a paese, ingenerando confusione nell’opinione pubblica con ricadute negative sulla considerazione relativa all’attendibilità dei criteri stessi.

Soprattutto la critica del CNB è nei confronti di quei protocolli, presenti in altri paesi, che stabiliscono l’avvenuta morte del paziente con standard cardio-polmonare in base a tempi di accertamento fortemente ridotti (tra i 2/5 minuti). Il rischio è che il paziente possa ancora “essere vivo”, non essendo sufficiente il brevissimo lasso di tempo intercorso dall’arresto cardiaco per dichiarare la perdita irreversibile delle funzioni dell’encefalo. Il CNB richiama l’attenzione sul rispetto della “regola del donatore morto” nell’ambito della donazione e del prelievo di organi che non deve tradursi nella “regola del donatore morente”.

Il CNB riconosce, infine, che la legislazione italiana sull’accertamento della morte, corredata dalle attuali linee guida, è estremamente garantista e prudenziale e ha consentito alle strutture mediche di adottare una pratica omogenea. Il parere è stato approvato con l’unanimità dei membri presenti, fatta eccezione per un voto contrario.


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