Non profit

Il mestiere di vivere con il piede in due scarpeI troppi “nì” del governatore

Il racconto di un'operatrice di Caritas Migrante di Vicenza

di Michele Boato

Votano per il centrodestra, ma nella pratica della vita quotidiana dimostrano
una sensibilità “di sinistra”. È lo scisma sommerso dei cattolici veneti. Ma solo
così si spiega perché l’integrazione funziona nel regno della LegaIn pubblico, parlano male degli immigrati e votano Lega. Nel privato, fanno volontariato per aiutare gli immigrati in difficoltà, sono affezionati alla badante del nonno e ai lavoratori provenienti da altri Paesi, impiegati nella piccola azienda del padre. Una scarpa con Calderoli e Bossi jr., facendo la voce catarrosa che mescola ronde verdi, pallidi crocifissi, padanie celtiche e uomini a mare. E una scarpa con il Vangelo, il Papa e il cardinal Tettamanzi di Milano, con un volontariato “carsico”, nascosto. Con i piedi in due scarpe, si può camminare.
Lo “scisma sommerso” accompagna serenamente una grande porzione (63%) dei cattolici della provincia di Vicenza che votano per il centrodestra, ma che nella pratica della vita quotidiana dimostrano una sensibilità “di sinistra”, intesa come attenzione alle problematiche degli immigrati. Non si tratta di una “doppia morale” ma di diverse logiche che vengono messe in movimento a seconda dei distinti contesti. Nello spazio pubblico, prevale la logica del lavoro, della produttività, del guadagno. In questo spazio dominato dalla crisi, gli immigrati sono “braccia da lavoro”, da assumere (magari con i contratti più precari possibili) e da scaricare appena possibile. Nel tempo libero e nello spazio del privato, cambia la logica, riaffiora il fondo del vecchio cattolicesimo, che distribuisce assistenzialismo agli immigrati attraverso le mille organizzazioni di volontariato.
A livello politico, una logica ancora diversa, quella del fare, negando. Nei piccoli paesi della provincia, governano in genere liste civiche, criptiche emanazioni della Lega, che ufficialmente portano avanti un discorso xenofobo. Questo consente di non dare nell’occhio e consorziarsi in conferenze di sindaci che, in realtà, realizzano programmi di alfabetizzazione, di segretariato unico, di welfare e di case popolari in favore degli immigrati. Ma che non si sappia in giro…
La provincia di Vicenza (861.768 abitanti) conta 2.400 aziende associate a Confindustria, cioè è la terza in assoluto nel sistema confindustriale italiano, senza contare le migliaia di laboratori artigiani, di imprese agricole e turistiche. È uno dei polmoni del Nord-Est, con il 10,5% di lavoratori stranieri. Vanta un “modello di integrazione”: in un territorio che in pochissimo tempo ha aumentato di oltre il 1.000% il tasso di immigrazione, non si sono prodotte finora lacerazioni e fratture sociali. Anzi, sono in atto molti percorsi di integrazione e di cittadinanza.
E una conferma viene da Prove di Futuro, recentissima pubblicazione della locale Migrantes, che documenta come nella zona ci sono realtà carsiche che non ti aspetteresti. Per esempio amministrazioni comunali che si consorziano per fornire servizi più funzionali agli immigrati, per implementare la mediazione culturale, la mediazione civica nei condomini e nei quartieri, per appoggiare i rifugiati politici con co-finanziamenti provenienti dalla Regione e dal ministero dell’Interno. Ci sono poi una serie di “reti” scolastiche, socio-sanitarie e di volontariato.
Il centrodestra e in particolare la Lega se ne attribuiscono il merito. Ma non è così. Paradossalmente, l’indice di integrazione è maggiore laddove è maggiore l’indice di sviluppo economico, di voto a sinistra, di voto alla Lega, di volontariato sociale. Ecco perché c’è più integrazione in Veneto e in Emilia Romagna. Il merito del maggior indice di integrazione va al tessuto popolare che da sempre vigila sul territorio e consente di prevenire i conflitti.

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