Cultura

Il controvertice è una lunga preghiera

A Boccadasse migliaia di suore e missionari veglieranno nella chiesa dedicata a Sant’Antonio

di Gabriella Meroni

I rumori dei cortei anti G8 qui non arriveranno. Il santuario di Sant?Antonio sopra Boccadasse, la spiagga sassosa e intima adorata dai genovesi, è ammantata di silenzio mentre fuori il mare batte contro la scogliera e i turisti passeggiano con i gelati in mano. «Quante siete, sorelle?», chiede dalla sacrestia una voce di donna al telefono. «Venti? Bene, vi aspettiamo giovedì alle nove». Comincia giovedì prossimo, il giorno prima del G8, il gesto più inaspettato e controcorrente di tutta la protesta anti globalizzazione: una veglia di preghiera e digiuno che durerà due giorni e una notte, cui parteciperanno centinaia, ma più probabilmente migliaia di religiosi e missionari. Come un silenzioso passa parola, capace di raggiungere e varcare le porte di monasteri e conventi, l?idea di pregare per i poveri e per la giustizia circola da un anno, tra gli ordini religiosi. Un universo sconosciuto ai più, ma presente in tutti i continenti, che da tempo riflette sulla globalizzazione tramite le Commissioni giustizia e pace che 250 congregazioni hanno istituito al loro interno. A loro volta, i membri delle Commissioni si riuniscono periodicamente in un coordinamento internazionale: da qui è partita l?iniziativa di Boccadasse, cui aderiscono anche Sdebitarsi e i Working group on debt inglesi. Sul numero degli oranti non si hanno certezze. Ma pare sicuro che le suore, da sole, dovrebbero essere più di duemila, quindi molte si sistemeranno fuori, nel belvedere a perpendicolo sulle barche dei pescatori. «Abbiamo scelto questo luogo perché è dedicato a Sant?Antonio, di cui i biografi dicono fosse ?tenero con i poveri e feroce con i potenti?», spiega padre Giandomenico Torre della Curia genovese. Non sarà l?unico simbolo a ricordare ai convenuti le intenzioni di preghiera: sull?altare, ad esempio, verrà collocato un Cristo campesino del Cile, con la croce formata da un aratro e una vanga e un Gesù contadino dalla camicia strappata e le mani grosse. Poi si alterneranno gruppi di preghiera, non solo cattolici, di tutto il mondo: aprono i bonghi delle francescane burundesi, che inviteranno alla meditazione con il loro ritmo incalzante; interverrà padre Alex Zanotelli, al telefono dalla sua bidonville di Korogocho, in Kenya; sono attesi don Oreste Benzi e i giovani della comunità di Taizé, la Caritas inglese e i predicatori evangelici, e perfino i gruppi Ba?hai, dalla spiritualità vicina al buddismo. Chi non potrà esserci fisicamente, come le monache di clausura, si unirà alla preghiera che per decisione degli organizzatori, sarà molto ?battagliera?: più che una supplica, si legge nella convocazione, una «protesta contro l?ingiustizia del debito estero dei Paesi più poveri del mondo», perché «questo tipo di demonio non può essere scacciato se non con la preghiera e il digiuno», per citare il Vangelo. È questo lo stile dei nuovi missionari? Suor Patrizia Pasini, la religiosa famosa per il botta e risposta con il ministro Ruggiero sul Corriere della sera, è la superiora dell?Antenna italiana, una rete di 48 congregazioni che si riuniscono alla stazione Termini di Roma, nuovo luogo di missione. Ed è anche una delle anime dell?incontro. «Non posso aiutare i poveri, o portare loro il mio messaggio, senza far nulla per la giustizia», ripete. Questo vuol dire mettere in discussione il modo consueto di fare missione? «Sì», è la risposta. «Ho sempre pensato di dover andare a convertire. Ora capisco che prima devo convertire me stessa, poi aiutare i poveri a prendere coscienza di sé. Poi potrò parlare di Dio». La manifestazione internazionale del 21 luglio passerà qui davanti, in corso Italia, alle tre del pomeriggio. Per quell?ora suor Patrizia non esclude di staccare dal digiuno e di ?fuggire? a fare un?indigestione di musica, canti e slogan tra i contestatori. Chi invece ha scelto di non fuggire mai è suor Grazia Francesca, giovane monaca di clausura del monastero della Visitazione, a Quinto, che parteciperà al digiuno dalla propria cella. «La globalizzazione? Bisogna pregare», esorta con passione. E poi? «Basta».


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