Ne valeva la pena. Valeva la pena essere a Genova, partecipare alla due giorni delle associazioni e dei movimenti cattolici, non solo perché si è riusciti a spostare, almeno per un po’, il mirino dei mass media dai problemi di ordine pubblico e di organizzazione ai contenuti propri del G8, ma soprattutto perché il 7/8 luglio è stato un weekend zeppo di sorprese, anche per chi lo ha vissuto da organizzatore e quindi con l’attenzione a prevedere tutto il prevedibile. Proverò a sottolinearne alcune.
Innanzitutto l’appuntamento ha dimostrato la capacità di stare e di lavorare insieme di oltre sessanta organizzazioni cattoliche, diverse per storia e per carisma. È un fatto nuovo. Abbiamo lavorato assieme per qualche mese, aggregando migliaia di ragazzi e giovanissimi, abbiamo lavorato a gruppi in tutte le parrocchie italiane e in giro per il mondo con centinaia di volontari. Ecco, questa unità nei fatti e nel giudizio è ormai un dato incontrovertibile per i cattolici nella società italiana.
Il coinvolgimento di tanti ragazzi e giovani è stata la vera, seconda sorpresa. Un coinvolgimento diretto, prolungato nel tempo, vivace, una partecipazione a chiese aperte, nei luoghi centrali della comunità cristiana, che ha dimostrato il desiderio e la disponibilità di tanti giovani di assumere e capire il proprio destino e il senso del proprio essere al mondo dentro una realtà più grande.
Terza sorpresa. Si è trattato di un coinvolgimento diffuso in cui si è anche espressa la domanda di partecipazione politica, la voglia di essere protagonisti della politica del Paese. Da questo punto di vista il cardinal Tettamanzi ha sapientemente raccolto questa domanda e le ha dato un riscontro forte quando ha detto ai tremila partecipanti all’incontro: «Continuate a fare volontariato e a essere prossimi ai bisogni che incontrate, ma sappiate che il governo del processo di globalizzazione ha bisogno di politica».
L’ultima sorpresa. Mi sembra che dal Giubileo 2000 a oggi, il lavoro e la presenza delle associazioni e dei movimenti cattolici sia riuscito a dare una forma visibile e costante ai contenuti di questo papato e all’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, invocata da più parti a giorni alterni e spesso per i propri comodi. Questa realtà giovane e nuova del cattolicesimo italiano nasce intorno a un insegnamento forte e di questo si nutre, perciò è in grado di dialogare, senza superiorità e senza complessi, con tutti e in piena autonomia. Un’autonomia nell’agire sociale e nel giudizio sulla storia che si fa strada, evitando al cattolicesimo italiano una duplice deriva: quella dell’arroccamento nella propria trincea contro tutto e tutti, e quella di correre dietro il carro di qualcun altro. Sì, valeva la pena essere a Genova per prendere più coscienza di questo.
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