Non profit

A rischio il parto senza dolore

Un ordine del giorno dei senatori Poretti-Perduca per garantire l'accesso all'anestesia a tutte le partorienti

di Benedetta Verrini

E’ un diritto ancora poco esigibile (è garantito solo dal 16% degli ospedali), ma è fissato tra i Livelli essenziali di assistenza ed ora la sua piena espansione è messa ulteriormente a rischio dai nuovi tagli alla finanziaria: si tratta del parto in anestesia epidurale, sul quale i senatori Donatella Poretti (Radicali-Pd) e Marco Perduca hanno presentato un ordine del giorno. Il testo impegna il Governo, di concerto con le Regioni, a monitorare la diffusione e a promuovere il diritto al parto naturale e senza dolore.

Nella dinamica di taglio alla spesa espressa dalla nuova Finanziaria risultano infatti “a rischio anche i diritti, riconosciuti dal 2008 nei livelli essenziali di assistenza (LEA) del Servizio Sanitario Nazionale”, spiega la senatrice, “per la partoriente di scegliere di potere avvalersi gratuitamente di un’anestesia efficace”.

L’accesso alle tecniche di anestesia epidurale nel travaglio e nel parto, nonostante i LEA, secondo alcune stime è garantito solo dal 16% degli ospedali. E sono poche le Regioni che hanno reso operativa questa indicazione, anche a causa di ristrettezze economiche. Eppure, rilevano gli anestesisti, nelle strutture che offrono questo servizio, in modo gratuito e continuativo, in media il 90% delle partorienti ne fa richiesta. Se un parto senza dolore è dunque un diritto garantito, di fatto la sua attuazione varia da Regione a Regione, dove vediamo tra le piu’ virtuose la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna, mentre tra le ultime alcune Regioni del Meridione.

Per avere una copertura nazionale di questa prestazione, sostengono gli anestesisti, occorre che le Regioni investano fondi per organizzare nelle strutture dedicate un servizio attivo 24 ore su 24 per il quale servono almeno 6 professionisti.

“L’accesso in modo diffuso a queste tecniche”, conclude la senatrice Poretti, “sarebbe per l’Italia l’opportunità di avvicinarsi ai livelli di altri Paesi europei e occidentali dove le tecniche di anestesia epidurale sono scelte da percentuali sempre più ampie (fino al 90% in Usa) di partorienti, con conseguente minor ricorso al parto con le tecniche chirurgiche di taglio cesareo, pratica per cui l’Italia è ai primi posti nel mondo, che obbliga le madri a più lunghe degenze, e che è sconsigliata dall’OMS per il tasso di mortalità della neonatale e della madre.

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