Non profit

Una lezione per noi: i territori vanno ascoltati

L'intervento del "nuovo Miglio" Stefano Galli

di Redazione

Il federalismo è un processo lungo e progressivo che deve mettere al centro le emergenze comunitarieDefinita la frontiera linguistica tra fiamminghi e valloni (1968), attraverso un percorso di progressiva devoluzione delle prerogative dello Stato centrale agli enti periferici, grazie a una particolare procedura di revisione costituzionale (la Déclaration de révision de la Constitution, elaborata dal Parlamento uscente e vincolante per il Parlamento entrante), dopo venticinque anni – nel 1994 – il Belgio è approdato al federalismo. Il federalismo adottato secondo il modello disaggregativo (ex uno plures) era l’ultima opportunità per un Paese dalla struttura duale di scongiurare quella secessione che non molto lontano, nell’Europa centrale, avveniva davvero. Dal primo gennaio 1993 i Cechi e gli Slovacchi – prima federati – avevano generato due Stati autonomi e indipendenti. La separazione consensuale – avvenuta per via referendaria – aveva dato vita a una secessione di velluto.
Con la vittoria della Nuova Alleanza Fiamminga del giovane Bart De Wever alle elezioni del 13 giugno, lo spettro della secessione si riaffaccia in modo prepotente. Per la verità il programma di questo partito è lontano dalla destra del Vlaams Belang e non abbraccia eccessi xenofobi; il programma è quello di andare oltre il federalismo e proseguire senza strappi rivoluzionari, in modo graduale, verso una struttura confederale articolata in due Stati autonomi e indipendenti, tenuti insieme da un accordo di politica estera, prima dell’eventuale separazione tra fiamminghi e valloni. Ripercorrendo così a ritroso il percorso dei federalismi ex pluribus unum, cioè aggregativi, quelli che dalla confederazione sono passati alla federazione (per esempio gli Stati Uniti nel 1789 e la Svizzera nel 1848).
Quali indicazioni trarre per la realtà italiana, oltre la banalità che Bart De Wever sia una sorta di “Bossi fiammingo”? Anzitutto quella che l’adozione del federalismo non è mai un atto immediato, ma un percorso lungo, inesorabile e progressivo. In secondo luogo, che le fratture duali sono oltremodo difficili da ricomporre, quand’anche non vi siano marcate differenze etniche e linguistiche. Occorre poi sottolineare la presenza dei partiti regionali, quale prodotto – e nello stesso tempo motore – del processo di federalizzazione (in Belgio esistono i partiti fiamminghi e quelli valloni, anche per quanto riguarda socialisti, cattolici ecc). Decisive risultano in tal senso anche le procedure di manutenzione costituzionale, che devono assumere una continuità e una precisa traiettoria verso il federalismo con risultati concreti. Tutto ciò s’inserisce nel quadro della generalizzata emergenza delle comunità territoriali, per effetto dei processi di globalizzazione in atto. Un’emergenza con la quale – in ultima analisi – bisogna fare i conti.

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