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Manovra, Formigoni contro Tremonti

Regioni compatte, i tagli sono irricevibili e incostituzionali

di Franco Bomprezzi

E’ la voce grossa di Formigoni, unita a quella di tutti i presidenti delle Regioni, a far tremare l’accordo nella maggioranza sui contenuti della manovra economica varata dal governo sulla base dei tagli proposti da Tremonti. Dopo il pronunciamento di ieri è sempre più evidente che la manovra, mantenendo il saldo finale, sarà sicuramente rivista e riscritta, non solo nei dettagli. Ecco come i giornali oggi affrontano questo tema.

“Manovra, le regioni fanno muro”, apre così il CORRIERE DELLA SERA di oggi accoppiando al tema di copertina l’editoriale di Sergio Rizzo (“Verità e sprechi”). I fatti: le Regioni non ci stanno. E bocciano i tagli della manovra ai loro bilanci.  «La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione nè sulle misure nè sull’entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto»: è quanto si legge in un documento approvato all’unanimità dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome. I governatori sottolineano anche come «sostanzialmente si riducono i margini della riforma del federalismo fiscale» e questo, scrivono, «è un problema gravissimo». Questo invece il folgorante incipit del pezzo di Rizzo: «È vero: i tagli orizzontali, uguali per tutti, rischiano di penalizzare le regioni più virtuose. Ma questo, volendo scartare i rilievi a proposito delle presunta incostituzionalità mossi da qualcuno, è l’unico punto sul quale si può dare ragione ai governatori che strepitano contro la manovra. Perché il grasso, da eliminare, anche qui proprio non manca». All’interno i sevizi alle pagine 2 e 3. Questo il titolo di  apertura: “«Governo padre sciamannato». Le Regioni si ribellano ai tagli”. Così il sottotitolo: governatori: testo incostituzionale. Ma la Ue promuove gli interventi. Secondo la Nota di Massimo Franco (“Rivolta annunciata e riaffiora l’insidia di contromisure”) il centrodestra potrebbe approfittare del no delle Regioni per contrastare i tagli di Tremonti. Il CORRIERE propone anche un’intervista al governatore del Piemonte, il leghista Massimo Cota che dopo aver firmato il documento dei presidenti regionali ha fatto una mezza marcia indietro e dice: “Sì siamo penalizzati. La soluzione? Decidiamo noi come ripartire i sacrifici”. Questo il passaggio clou: «Se si vuole migliorare questa manovra, una delle strade è proprio quella di concordare con l’Esecutivo un certo saldo. Poi, la ripartizione dei sacrifici e dei criteri con cui lo sforzo deve essere diviso lo stabiliamo noi, in sede di conferenza Stato-Regioni». La risposta dell’Economia a pag 3: “Tremonti non arretra: vanno ridotti gli sprechi”. Un titolo che subito precisato dal superministro suona come un’apertura: «Decidano loro dove e come tagliare. L’unica cosa che non si discute è la cifra».  E intanto spunta l’idea di un parametro nazionale per ammortizzare i rimborsi delle spese sostenute da Asl e ospedali. Tornando ai governatori, via Solferino mette a centro pagina la foto dei presidenti di Emilia Romagna (per cui sono previsti tagli da 740 milioni), Lazio (860 milioni) e Lombardia (1.300). Errani: «per verificare tutti i numeri vogliamo un’operazione verità». Polverini: «la manovra rischia di vanificare le operazioni di lotta agli sprechi». Formigoni: «Trenitalia il giorno dopo ci taglierà un terzo dei treni e ridurrà di un terzo il personale».

REPUBBLICA dedica alla protesta delle Regioni un articolo a pagina 4. “Regioni in rivolta: manovra irricevibile”, il motivo naturalmente è la manovra che, secondo Roberto Formigoni porta «tagli incostituzionali». La situazione è tesa perchè «il governo si sta comportando con le Regioni come il più sciamannato dei padri potrebbe fare con i suoi figli: fa spallucce davanti alle ingiustizie e alle altrui esigenze, salva se stesso e scarica sugli altri i maggiori pesi». La protesta non fa distinzioni di destra o di sinistra «il tavolo dei governatori è compatto, deciso a non alzare bandiera bianca davanti alle richieste del governo». Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni è uno dei più attivi e sostiene che «questi tagli avranno ricadute pesanti sulle persone, le famiglie e le imprese. Così com’è la manovra carica le Regioni di un peso superiore al 50 per cento». Così si è arrivati ad un documento finale che parla di «manovra irricevibile che le Regioni chiedono di cambiare» firmato da tutti i rappresentanti. Le proteste, è stato sottolineato, non riguardano le cifre finali della manovra ma «si solleva il rischio di incostituzionalità, dovuto al fatto che alle regioni si conferiscono funzioni ma si negano i fondi per il loro esercizio». Quindi la minaccia dei governatori «non potendo aumentare le tasse, dovremmo tagliare i servizi». Tra i più agguerriti il lombardo Roberto Formigoni «è lui infatti che ha paragonato il governo ad un padre sciamannato» facendo notare come la manovra, «spazzi via i 130 milioni di euro destinati al fondo per la famiglia e faccia sparire, nel trasporto locale, un treno ogni tre ore». Poi il governatore della Lombardia conclude con un attacco frontale alla maggioranza «i provvedimenti uccidono nella culla quel federalismo di cui il paese ha estremo bisogno». Mentre in Italia è battaglia però, la manovra tanto discussa «incassa invece un sì dalla Commissione Ue, a patto che di “assicurare una stringente attuazione del programmato calo della spesa pubblica e di affrontare la possibile caduta della entrate fiscali”». 

Lo scontro Regioni e Governo passa a pagina due sul GIORNALE, senza nemmeno far capolino in prima. Sulla vicenda, però, ce n’è di che inventarsi dietrologie e nuovi assetti politici, interni ed esterni al Pdl. A farlo ci pensa Paolo Bracalini nel suo “La Lega di lotta sfida la Lega di governo”: «Tra le pieghe della manovra, e non solo lì, si intravede anche questo, una leggera crepa tra i vertici governativi della Lega e i vertici periferici dello stesso partito, in particolare nella versione piemontese e veneta». Traduzione: adesso che a Cota e Zaia, rispettivamente governatore del Piemonte e Veneto, tocca fare le nozze con i fichi secchi a causa dei tagli alle Regioni presenti nella manovra, “ascoltare il popolo del nord” diventa un po’ più difficile. Inoltre, a Roma, una volta che le giovani promesse del Senatur (sempre loro, i fratelli Cota-Zaia) se ne sono tornati sul territorio, sono rimasti in maggioranza leghisti lombardi a difendere gli interessi del (loro) territorio. «Niente di traumatico» continua Bracalini «se si pensa che il cuore della Lega nord è, storicamente, la Lombardia. Ma nella logica territoriale con cui ragiona un partito federalista, la presenza di portavoce capaci di far pesare la propria «terra» a Roma, può avere un riverbero non indifferente». E conclude: «Insomma, qui tra Lega (di governo) e Lega (lombarda), finisce che la Lega perde la pazienza…». Tanto che a brandire lo scettro contro il governo e a difendere il federalismo non è certo un uomo di chiara fede leghista, ma Roberto Formigoni: «quello che – nella conferenza stampa indetta dai governatori ieri a Roma – ha usato le parole più dure. “La manovra va cambiata”, perché così com’è rischia di essere “incostituzionale”, visto che alle Regioni “vengono tolti i soldi ma non le funzioni”». Lo scrive Laura Cesaretti nel suo “Regioni Pdl e finiani a tenaglia: doppio assalto alla manovra”. A cui si aggiungono, per l’appunto, i malumori di una ventina di parlamentari finiani che, riuniti a Montecitorio, hanno preparato quella che annunciano come una vera e propria «contro-manovra». Sarà l’economista e senatore Mario Baldassarri a mettere nero su bianco un pacchetto «significativo» di emendamenti con cui gli uomini vicini al presidente della Camera intendono dare battaglia. Il messaggio è chiaro da parte loro: la manovra così com’è è «troppo anti-Sud, anti-Roma, anti-precari e anti-cultura».

«No delle regioni alla manovra “Un testo incostituzionale”» è il titolo di taglio medio della prima pagina de IL SOLE 24 ORE. «Governatori sul piede di guerra contro la manovra. La conferenza delle regioni ha ribadito che così com’è il decreto legge con la correzione dei conti è “irricevibile” e “incostituzionale”». La notizia è approfondita a pagina 5: «I governatori non svelano come risponderanno all’eventuale “sordità” dell’esecutivo, né spiegano la strategia che seguiranno quando esamineranno entro fine mese la relazione del Tesoro sui costi del federalismo». All’argomento è dedicato anche il punto di Stefano Folli. «La sfida trasversale delle regioni crea un problema alla Lega» è il titolo. Per il commentatore «è di assoluto rilievo la notizia di un asse tra Errani (sinistra, Emilia Romagna) e Formigoni». Ad essere in difficoltà è la Lega: «Ha due neogovernatori di primo piano, Zaia e Cota, ma si trova a dover fronteggiare un’offensiva guidata da Formigoni, mentre loro, gli esponenti del Carroccio, devono coprire le spalle al Ministro dell’Economia». Il ministro dell’interno Maroni cerca di risolvere la situazione, sostenendo «che bisogna trovare un meccanismo volto a premiare le regioni virtuose, anziché penalizzarle». Per la Lega «si tratta di correre ai ripari finchè si è in tempo».

Al tema dello scontro tra regioni e Governo sulla manovra finanziaria è dedicata su ITALIA OGGI la Nota politica di Marco Bertoncini “Le Regioni adesso piangono miseria”: «Le Regioni non ne vogliono sapere di tagli, manovre, risparmi. (…) Ieri la rivolta regionale è stata capeggiata non soltanto dal solito Vasco Errani, cui con masochistico compiacimento Silvio Berlusconi ha lasciato la rappresentanza di Regioni e Province autonome, ma altresì dal potente Roberto Formigoni, il quale da lustri ormai conduce una propria politica, interna ed estera, per conto della Lombardia (oltre che di Cl, molto meno in nome di Fi prima, del Pdl ora). (…) L’atteggiamento dei vari presidenti regionali è stato, in buona sostanza, unanime: tutti col piattino in mano a chiedere soldi, il leghista Cota alla ricerca di motivazioni filogovernative per una ribellione che tutto è fuorché inserita nella politica della maggioranza. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. (…) Un richiamo dei vertici del Pdl ai propri presidenti regionali sarebbe utile». Sullo stesso tema, a pagina 4, ITALIA OGGI parla della Calabria: “I calabresi, che gran sciuponi”, raccontando il caso della Giunta Scopelliti, che “assume una pletora di giornalisti per nuovo ufficio stampa”, capiredattori, capiservizio ecc ecc: «Tutto in regola, certo. Ogni assunzione rientra nelle previsioni della legislazione regionale e trova copertura in bilancio. Proprio per questo non ci sarà modo di eliminare il superfluo. E proprio per questo le regioni continueranno a piangere miseria. Di tenersi un ufficio stampa con un paio soltanto di giornalisti, manco a pensarci».

Dopo un piccolo richiamo in prima pagina «Manovra. Regioni contro il governo, Formigoni guida la rivolta Piemonte in imbarazzo» IL MANIFESTO dedica al tema un articolo a pagina 5. «Le regioni bocciano i tagli di Tremonti. Formigoni: «È opera di un padre sciamannato». «Firmano tutti. La manovra è insostenibile, irricevibile, iniqua e incostituzionale. La rivolta delle regioni contro il governo centrale è ormai totale (…) L’unico che invece ha traballato in modo imbarazzante è stato il presidente piemontese Roberto Cota». Nell’articolo si dà conto delle conseguenze dei tagli che secondo i governatori è «un’acrobazia dell’esecutivo centrale per ridurre i servizi ai cittadini in modo in modo indiretto e senza prendersene la responsabilità». E su Formigoni si sottolinea che ha «risposto piccato alle contestazioni di Tremonti sui falsi invalidi: “Vada a vedersi i dati. Siamo contro alla demagogia”. E ha chiuso in crescendo (…) Quanto al federalismo, secondo Formigoni, la manovra “uccide il neonato nella culla”». Nell’articolo non manca la sottolineatura di un paradosso «gli unici due governatori in linea con il governo di Roma sono i leghisti Zaia e Cota. Il presidente del Veneto si è limitato a chiedere un tavolo. Il governatore piemontese, invece, dopo aver concordato con gli altri governatori, ha fatto marcia indietro schierandosi “a tutela delle regioni virtuose”. Ovvero quelle del nord, come la sua».

“Manovra da aggiustare”, titola AVVENIRE. Che subito sotto, prima ancora delle «Regioni sulle barricate», mette la notizia «la soglia per l’assegno di invalidità tornerà al 74%»: in realtà ripropone le dichiarazioni di Gasparri di ieri, che ha ribadito in più come «c’è anche l’ok di Giulio Tremonti». Quanto alle Regioni, hanno deciso di «sposare le posizioni più preoccupate e più dure», fino a definire la manovra come «incostituzionale». Vasco Errani ha spiegato come «la nostra non è una posizione corporativa, è che la manovra carica il 50% del peso dei tagli sulle Regioni», mentre Tremonti ha detto «è l’ultima volta che si fanno finanziarie nazionali, l’anno prossimo ci sarà una sessione comune a livello europeo». Di spalla intervista a Romano Colozzi, assessore al Bilancio in Lombardia, coordinatore del settore per la Conferenza delle Regioni: «con questa manovra il federalismo fiscale non c’è più. Ci hanno trasferito funzioni che costano 4,7 miliardi e ce ne tolgono 4,5», con 5 miliardi di spesa anche sulla sanità. 

LA STAMPA propone un gran titolo in prima pagina “Tagli, la rivolta delle Regioni” per annunciare due pagine di approfondimento dedicate al documento firmato all’unanimità dai governatori delle Regioni che giudicano la manovra anticrisi “irricevibile e con profili di incostituzionalità”.  Un articolo firmato Alessandro Barbera sostiene che i  governatori regionali, pur con qualche distinguo hanno atteso la settimana in cui la manovra entra nel vivo per uscire allo scoperto, ma «alla fine il documento lo hanno firmato anche i governatori di centro-destra». Dice l’emiliano Vasco Errani: «Sono tagli irricevibili e insostenibili perché caricano il peso sulle Regioni per oltre il 50%. La manovra non è equa, perché si avranno ricadute su persone, famiglie e imprese». In prima fila nella polemica anti-Roma c’è il presidente della Regione Lombardia Formigoni, ma la Lega non lo segue. “Formigoni non è il Nord” è il titolo dell’articolo di Giovanni Cerruti che svela i retroscena e le reazioni dal mondo leghista. «A sentire gli umori di casa Lega si scopre che le ricadute di questa manovra non piacciono, però piacciono ancor meno toni, parole e intenzioni di Formigoni». Da Piemonte e Veneto vengono lamentele ma senza affondi. Roberto Cota sostiene che “bisogna trovare il modo di evitare di penalizzare le Regioni virtuose”, Luca Zaia che “occorre istituire un tavolo per discutere con il governo”. Con un fronte così ampio di critica difficile immaginare che la maggioranza non conceda qualcosa alle motivazioni dei governatori. «Il ministro Tremonti ieri sera ai vertici del Pdl ha detto: “Se avete delle proposte, portatemele scritte. Ogni modifica deve però rispettare i saldi“. Per giovedì è fissato il termine di deposito degli emendamenti. Ma la partita importante si giocherà fra un paio di settimane alla Camera».

E inoltre sui giornali di oggi:

FIAT
SOLE 24 ORE – «Accordo separato su Pomigliano» è il titolo d’apertura. «Resta il no della Fiom mentre martedì 22 giugno i lavoratori saranno chiamati a pronunciarsi con un referendum». Per il ministro dell’Economia Giulio Tremonti «l’accordo rappresenta “la rivincita dei riformisti su tutti gli altri”». A pagina 2 Paolo Bricco prova a immaginare la giornata tipo di un operaio: «Così cambierà la vita in fabbrica» è il titolo dell’articolo. Si va dalla sveglia di sabato alle «ore 04.50»,al martedì alle otto: «Concluso il turno c’è il tempo di accompagnare i figli a scuola. Poi qualche ora per far scivolare via l’adrenalina del lavoro mista alla stanchezza. Un pranzo a casa e pomeriggio a  letto in attesa di ricominciare»

IL MANIFESTO – «Diritti al mercato» è il titolo che va a sfondare in prima pagina una grande fotografia che ritrae Sergio Marchionne, Ad di Fiat. Anche oggi l’apertura del MANIFESTO è dedicata a  Pomigliano. Sul tema anche l’editoriale di Marco Revelli «La legge del più forte». «Se fossimo in una condizione di normalità, il dilemma che si trova di fronte oggi la Fiom a Pomigliano sarebbe risolto in partenza. Essa non può sottoscrivere l’accordo proposto da Marchionne per il semplice fatto che vi si chiede la liquidazione di diritti indisponibili. Diritti che nessun sindacato potrebbe “negoziare” per il semplice fatto che non gli appartengono (…) Alcuni di quei diritti – come il fondamentale “diritto di sciopero” – sono sanciti costituzionalmente (…). Ma non ci troviamo in una condizione di normalità. La “dura legge” che Marchionne ha evocato non è né la Norma Costituzionale né la Legge ordinaria. È la legge di mercato, nella sua dimensione ferina del “primum vivere”» E conclude «Forse a Pomigliano, oggi, non c’è davvero altra alternativa che piegarsi al ricatto. Forse al voto gli operai presi dalla disperazione direbbero davvero di sì a un accordo che li consegna a condizioni di lavoro servile, pur di mantenere un esile residuo di sopravvivenza produttiva (…) Ma se almeno uno – uno! – tra i sindacati mantenesse pulite le proprie mani, e rifiutasse di sottoscrivere il pactum subiectionis che cancella tutti gli altri patti e ogni altra ragione, forse una testimonianza rimarrebbe, per tempi migliori, di un brandello di dignità e dunque di speranza».

AMBIENTE
LA STAMPA – La Casa Bianca contro i petrolieri. All’annuncio di Obama «Sarò l’avvocato della gente in Louisiana» il corrispondente Maurizio Molinari dedica un lungo articolo che spiega la difesa del presidente di fronte all’America. 7 americani su 10 pensano infatti che il governo finora sia stato “troppo morbido” con Bp. All’azienda sono stati richiesti 20 miliardi di dollari per costituire un fondo che provveda alla bonifica delle coste e al risarcimento dei danni.  Mentre si scopre che i solventi chimici usati per ripulire le penne dei pellicani dal greggio li avvelenano e li rendono sterili.

L’AQUILA
AVVENIRE – Fino a gennaio gli abruzzesi non dovranno restituire le tasse non versate: colpo di scena, alla fine è stata trovata una copertura di 600 milioni di euro per fare un emendamento alla manovra. La restituzione avverrà in almeno 60 rate, ma il governo «è disponibile ad aumentare il periodo di versamento degli arretrati». Lo ha annunciato ieri Gianni Chiodi, presidente della Regione e commissario straordinario, insieme a Gianni Letta: ottenuti anche 800 milioni di euro per la ricostruzione, immediatamente spendibili. In appoggio il bilancio degli interventi in Abruzzo della Caritas: quasi 34 milioni i fondi raccolti e quasi 16 quelli spesi al 1 maggio 2010, per costruire tre scuole, 5 centri di comunità, 10 strutture socio-caritative. In programma 5 strutture di edilizia sociale e abitativa e 15 centri parrocchiali, per altri 15 milioni di spesa prevista. In generale, la prima voce di spesa è stata la ricostruzione (13.551.315 euro), poi l’accompagnamento alla popolazione (768mila euro) e i progetti sociali (637mila euro): nella gestione operativa sono andati 467mila euro. 

POVERTA’
LA STAMPA – “Obiettivi del Millennio. Tanti slogan, pochi fatti” è il titolo dell’articolo dedicato al vertice di domani a Bruxelles tra i leader dell’Unione Europea in preparazione del Millennium Summit di settembre. A dieci anni dalla promessa globale di sradicare la povertà “gli aiuti Onu finora risultano insufficienti e spesi male”. E in un intervento Anthony Lake, Direttore generale dell’Unicef, spiega “Perché non possiamo perdere questa sfida”.

MISSIONARI
CORRIERE DELLA SERA – Il missionario Mario Bartolini da ieri è sotto processo per «istigazione alla rivolta». Scrive Paolo di Stefano: «Padre Mario Bertolini, 72 anni, missionario marchigiano  dei Padri Passionisti, attende con la forza delle sue convinzioni civili la sentenza del tribunale di Lamas, in Perù, che dovrà decidere in queste ore per aver difeso gli indigeni dell’area amazzonica di Yurimaguas, minacciati da un trattato che concederebbe alle multinazionali del petrolio l’utilizzo  di un ampio territorio in cui vivono 27 tribù, per un totale di 11mila persone. L’accusa ha chiesto undici anni di carcere e il tribunale si è riunito ieri». Questa la difesa del religioso: «Viviamo in un periodo in cui la difesa dei diritti è un delitto. Io ho fatto solo quello che dovevo fare». 

KIRGHIZISTAN
SOLE 24 ORE – «In fuga trecentomila uzbeki» è il titolo dell’articolo dell’inviata de IL SOLE 24 ORE Antonella Scott. «A Osh e Jalalabad, nel Kirghizistan meridionale, dopo cinque giorni di violenze gli incendi si stanno spegnendo. Ma esplode la crisi umanitaria». Gli scontri tra uzbeki e kirghizi portano il paese sull’orlo della guerra civile, Le Nazioni Unite si preparano a «soccorrere 300mila civili, tra profughi e sfollati, parlano di “massacri indiscriminati,a nche di bambini, stupri compiuti in base alle etnie”».


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