Formazione

Ecco quanto si spende per gli asili nido

Lo rilvela il rapporto: 'L'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia', riferito all'anno scolastico 2008/2009

di Redazione

Nel 2008 la spesa corrente per asili nido sostenuta dai Comuni, singolarmente o in forma associata, ammonta a circa 1 miliardo e 118 milioni di euro. Anche i cittadini contribuiscono al finanziamento del servizio, sostenendo una parte dei costi: il contributo delle famiglie, sotto forma di rette versate ai Comuni, ammonta a 244 milioni di euro. Si rilevano inoltre circa 4 milioni di euro erogati dal Servizio Sanitario Nazionale come compartecipazione alla spesa, per un totale di circa 1 miliardo e 367 milioni di spesa impegnata a livello locale. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Istat ‘L’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia’, riferito all’anno scolastico 2008/2009. Rispetto all’anno precedente, a fronte di un aumento del 6,7% del numero complessivo di bambini iscritti, la spesa effettivamente sostenuta dai Comuni e’ aumentata del 9,7%, quella a carico delle famiglie sotto forma di rette pagate ai comuni del 5%. La percentuale di compartecipazione degli utenti sul totale della spesa impegnata e’ passata dal 18,5% nel 2007 al 17,9% nel 2008, con valori fortemente variabili da regione a regione. Il rapporto fra la spesa sostenuta nell’arco di un anno e il numero degli utenti al 31 dicembre dello stesso anno fornisce un’indicazione dei costi sostenuti dagli enti pubblici e dalle famiglie per questo tipo di servizio. In media, per ciascun utente, nel 2008 si e’ registrata una spesa di 6.345 euro a carico dei Comuni e di 1.387 euro da parte delle famiglie, per un totale di 7.732 euro impegnati per bambino

La Puglia, pur mantenendo numeri contenuti in termini di utenti, ha incrementato il numero di Comuni in cui e’ presente il servizio. Rimangono invece su livelli particolarmente ridotti gli indicatori di presa in carico della Campania (1,7%) e della Calabria (2,3%). Dal punto di vista della presenza di un’offerta pubblica sul territorio, solo l’Emilia-Romagna supera l’80% di Comuni coperti dal servizio, ma diverse regioni settentrionali hanno percentuali comprese fra il 60% e l’80% (Valle D’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Toscana). La Lombardia, l’Umbria, le Marche e la Provincia di Trento hanno percentuali comprese fra il 40% e il 60%, mentre a un livello piu’ basso di copertura (fra il 20% e il 40%) troviamo il Piemonte, la Liguria, il Lazio, l’Abruzzo, la Puglia, la Basilicata e la Sicilia. Nella fascia compresa fra il 10% e il 20% di Comuni che offrono il servizio troviamo la Campania, la Calabria e la Sardegna, mentre solo in Molise la percentuale e’ inferiore al 10%. Con riferimento all’indicatore di presa in carico dei bambini in asilo nido, l’Emilia-Romagna insieme alla Valle D’Aosta si trova nella classe piu’ alta (oltre il 20%). Nella categoria precedente (15%-20%) vi sono la provincia autonoma di Trento, la Toscana e l’Umbria; il Piemonte, la Lombardia, il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, le Marche e il Lazio si collocano tra il 10% e il 15%; la provincia autonoma di Bolzano, l’Abruzzo, la Basilicata, la Sicilia e la Sardegna hanno tassi compresi fra 5% e 10%, mentre le restanti regioni del Mezzogiorno registrano valori al di sotto del 5%.

I Comuni che hanno attivato servizi integrativi decrescono drasticamente passando dal Nord-est (29,8%) alle Isole (6,6%) e la percentuale di bambini che risultano accolti varia dal 3,4% del Nord-est allo 0,8% delle Isole. I dati riferiti all’insieme dei servizi per la prima infanzia (asili nido e servizi integrativi) forniscono una percentuale di presa in carico degli utenti pari al 12,7% a livello nazionale. Tale indicatore, utilizzato ai fini del monitoraggio dei risultati raggiunti con il ‘Piano straordinario di intervento’ avviato nel 2007, evidenzia un primo segnale di miglioramento rispetto all’anno base di riferimento: nel periodo compreso fra il 2004 e il 2008, infatti, si e’ registrato un aumento complessivo di 1,3 punti percentuali. Del resto, precisa l’Istat, per poter apprezzare un ampliamento significativo della rete dei servizi occorre aspettare i tempi tecnici di realizzazione e attivazione delle strutture, che non consentono ancora di valutare statisticamente l’impatto reale delle misure adottate. L’aspetto che emerge con maggiore evidenza e’ rappresentato dalle differenze territoriali ancora molto ampie, in termini sia di spesa sia di offerta e di utilizzo dei servizi esistenti, mettendo in luce ancora una volta il ritardo che caratterizza il Mezzogiorno e, in particolare, le regioni del Sud. Nonostante deboli segnali di miglioramento, permangono forti disparita’ nelle opportunita’ di accesso a un servizio pubblico o convenzionato per la prima infanzia, a seconda della regione di residenza. L’Istat evidenzia le differenze a livello regionale nel rapporto fra bambini che frequentano i servizi socio-educativi per la prima infanzia e i residenti di eta’ fra zero e due anni: passando dalle regioni piu’ in basso nella graduatoria alle regioni piu’ in alto, l’indicatore di presa in carico aumenta di 10 volte, con valori che passano dal 2,7% e 2,8% rispettivamente in Calabria e in Campania, al 28,4% e 28,1% in Valle D’Aosta ed Emilia-Romagna.


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