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Soweto, un ghetto da finale

di Redazione

La più grande township del Sudafrica ha una data impressa nella propria storia: 16 giugno 1976. Quel giorno partì da qui la prima vera rivolta contro il regime, il Soweto Uprising. Diecimila studenti scesero nelle strade per protestare contro il National Party, il partito Afrikaaner, e la polizia ne uccise 566. Oggi nel quartiere sorge l’Hector Pieterson Museum, dedicato al primo bambino morto negli scontri. L’11 luglio 2010 invece si giocherà, in quello che fu anche il quartiere di Mandela e Desmond Tutu, la partita più importante di questi Mondiali, la finale. La cornice sarà quella del Soccer City Stadium (dove i Bafana Bafana apriranno l’evento contro il Messico), in grado di ospitare circa 95mila spettatori. Ma c’è un’altra partita che lo Stato sudafricano deve giocare in questa township, oggi inserita tra le attrazioni di Johannesburg. Soweto conta una popolazione disagiata e fragile, che ancora non si riesce a quantificare. I numeri dell’ultimo censimento ufficiale, nel 2001, dicono che la zona è abitata da oltre un milione di persone, mentre secondo dati non ufficiali la popolazione ha ormai toccato quota due milioni. Uno dei problemi principali di questo ghetto, dove si alternano baracche e case in mattoni, è la mancanza di abitazioni dignitose per tutti i cittadini. Ma non solo. Il tasso di disoccupazione è ancora molto alto: secondo i dati del Comune di Johannesburg, il 50% degli abitanti non ha un lavoro, mentre quasi il 20% dei maschi adulti è affetto dal virus dell’Aids.

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