Non profit

L’assist di Kakà al feroce Mugabe

Il Brasile ad Harare per 2,4 milioni di dollari

di Paolo Manzo

Dopo l’amichevole, l’ex milanista con un sorriso ha stretto la mano
al dittatore. Di un Paese ridotto alla fame, dove l’opposizione è stata sterminata e la disoccupazione è al 95% Mondiali di calcio e politica. Due mondi in teoria lontani anni luce, in realtà spesso vicini e, alcune volte, in modo imbarazzante. Aprire mercati nuovi, fare affari, aumentare il peso diplomatico di un Paese, nascondere crisi e dittature interne. Il calcio e lo sport possono servire anche a questo e poco importa se diritti umani ed etica vengono messe da parte.
Grazie all’assegnazione dei Mondiali 2014 e delle Olimpiadi 2016, il Brasile ha visto aumentare il suo peso geopolitico sullo scenario del Sud del mondo. Peccato che di fronte alla crescita – economica e diplomatica – non corrisponda una maggiore sensibilità verso i diritti umani e l’etica nel scegliersi gli avversari con cui prepararsi al Mondiale in terra africana. La partita amichevole del Brasile contro lo Zimbabwe di Mugabe, disputatasi lo scorso 2 giugno ed usata a scopo propagandistico dal dittatore che da più anni è al potere in Africa, è stata un pugno nello stomaco al buon senso. E poco importa che nessun membro della Federazione di calcio brasiliana si sia fatto immortalare al fianco di Mugabe dal momento che, per stessa ammissione della Figc verde-oro, il match è stato giocato “a cachet”, ovvero il dittatore più anziano d’Africa ha sborsato 2,4 milioni di dollari per farsi pubblicità con Kakà e compagni. Kakà che, per la cronaca, ha anche stretto sorridente la mano a Mugabe.
Qualcuno forse dovrebbe spiegare a Kakà, alla Federazione Calcio brasiliana e ai politici-commercianti che hanno organizzato l’amichevole più inutile del mondo, che i 12 milioni di persone che popolano lo Zimbabwe hanno un reddito pro capite inferiore ai 300 euro l’anno, che da quando è arrivato al potere ad inizio anni 80, Mugabe ha decimato l’opposizione politica (massacrandola), che l’età media è di 43 anni, che la disoccupazione è del 95% (record mondiale) e che Amnesty International accusa la dittatura di violare sistematicamente tutti, ma proprio tutti, i diritti fondamentali.
Brasile-Zimbabwe è però solo l’ultima vergogna legata ai Mondiali di calcio. Il caso più eclatante passato alla storia dei Mondiali è senza dubbio quello di “Argentina 78” quando l’albiceleste di Mario Kempes sconfisse in finale l’Olanda e vinse per la prima volta l’allora Coppa Rimet. Mentre il presidente-dittatore Videla gioiva in tribuna assieme agli altri criminali della giunta militare, migliaia di ragazzi e ragazze venivano massacrati a pochi metri dal Monumental, lo stadio della finale, nella famigerata Esma, la Scuola della Marina trasformata in un campo di tortura e di nefandezze di ogni genere. Sullo sfondo una stampa sportiva che non vide nulla, nemmeno uno dei 30mila desaparecidos di cui si comincerà a parlare (e scrivere) solo qualche anno dopo, ma anche lo scandaloso 6 a 0 sul Perù con cui l’Argentina si qualificò per la finale, a scapito del Brasile, grazie alla differenza reti. Il più grande biscotto della storia. Per la cronaca il portiere del Perù era tal Quiroga, argentino naturalizzato che oggi possiede un appartamento regale a Rosario apparso miracolosamente intestato a suo nome poche settimane dopo il 6 a 0.
Ma geopolitica e pallone vuol dire anche Italia. Basti pensare al Mondiale di Mussolini del 1934 quando l’Italia vinse soprattutto per il regime che usò magistralmente l’evento per mostrare al mondo la bellezza dei giovani balilla. Vinsero anche per loro Rosetta, Combi e Calligaris che quattro anni dopo, in Francia, dimostrarono che erano davvero i più forti (senza arbitri casalinghi). L’organizzazione di quel Mondiale fu voluta fortissimamente dal Duce per fini di marketing. Un po’ come Mugabe che il Mondiale, grazie al Brasile, l’ha già vinto.

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