Famiglia

Le case matrioska hanno trovato famiglia

Il nuovo servizio della cooperativa Comin

di Benedetta Verrini

Si chiamano appartamenti-matrioska e, come nel caso delle bambole russe, sono case-laboratorio in cui una famiglia ne incorpora un’altra, aiutandola ad uscire da una condizione di fragilità. È il progetto che la cooperativa Comin, da più di 30 anni impegnata nella tutela dei minori, ha realizzato nel quartiere Turro a Milano.
Sono due appartamenti, in una casa di ringhiera in un quartiere ad alta densità di stranieri, gli “incubatori di relazioni sociali” creati dalla cooperativa Comin. «In questi spazi possono passare parte della loro giornata mamme e papà in difficoltà che hanno bisogno di un aiuto per recuperare il proprio ruolo o altre madri e padri che un aiuto vogliono offrirlo, ma hanno bisogno di essere seguiti», spiega il presidente della cooperativa, Vincenzo Salvi.
Il progetto delle case-matrioska prevede una multi-funzionalità: tra le stesse pareti, alla stessa tavola siedono, in orari e giorni diversi, famiglie con esigenze differenti. Ci sono le mamme e i papà del progetto «Lo specchio di Alice», che imparano a prendersi cura dei figli neonati e, sempre con l’aiuto di un educatore, si dedicano al gioco e ai compiti con i figli più grandi. Ancora, gli appartamenti sono lo spazio ideale per gli incontri protetti tra famiglia d’origine e bambini al di sotto dei tre anni, nei casi di allontanamento deciso dal tribunale. Si tratta del progetto «Uno, due, tre? a casa», a cui partecipa anche la famiglia affidataria, per favorire il buon esito dell’affido e da renderlo meno traumatico possibile. Gli appartamenti sono uno spazio neutro ma accogliente per il progetto «Tandem», dove famiglia d’origine e bambino rimasto a lungo in comunità imparano a ritrovarsi, in modo da riconnettere dimensione affettiva e abitudini e propiziare il definitivo rientro in famiglia.
«Sono esperienze diurne», spiega Marta Rossi, responsabile promozione dell’affido, progetti e ricerca fondi di Comin, «che mostrano già buoni livelli di riuscita, soprattutto per il progetto Tandem, dove la spinta motivazionale della famiglia d’origine è molto elevata». Intorno alle case-matrioska, che hanno ricevuto un primo finanziamento dalla Fondazione Umanamente e dal Comune di Milano, girano numeri importanti: attualmente 12 famiglie sono coinvolte nel progetto «Lo specchio di Alice», 40 in «Tandem» per i rientri in famiglia. E 90 nuclei familiari sono stati orientati all’accoglienza. «Facciamo tesoro del lavoro di promozione culturale dell’affido realizzato in questi anni», sottolinea Rossi. «In particolare il progetto “Uno, due, tre? a casa” intercetta la disponibilità di famiglie che non si sarebbero candidate per un affido tradizionale. E poi, c’è un coordinamento tra i vari progetti che consente, ad esempio, che una mamma de “Lo specchio di Alice” possa essere seguita da una famiglia preparata per un affiancamento. Si tratta di un progetto che intercetta le più diverse fragilità: donne sole, madri minorenni, coppie di giovani, stranieri. Il destino dei loro bambini è fortemente legato all’uscita dalla precarietà».

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