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Olimpiadi a Pechino: perché sì

"Io parteggio per Pechino": così afferma padre Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia vaticana Fides, profondo conoscitore della realtà cinese.

di Redazione

Io parteggio per Pechino. Sarebbe un fatto importante se le Olimpiadi del
2008 venissero assegnate a Pechino. Cerco di spiegare le ragioni.
1) Vi è anzitutto un’inconsistenza dei motivi contrari. Punire un paese per
l’offesa recata ai diritti umani sembra valere solo per la Cina. Le scorse
Olimpiadi vinte da Sidney, hanno visto l’assegnazione a un paese che ha
emarginato milioni di aborigeni. Non parliamo poi delle tangenti pagate
dall’Australia per vedersi assegnati i Giochi. Stessa cosa – e cioè ancora
tangenti – fu fatto dagli USA per le Olimpiadi di Salt Lake City del 2002.
Chi parla di moralità nello sport e di offese ai diritti umani, dovrebbe
guardare a quello che lo sport è diventato: business, solo business. Io
temo che si voglia eliminare Pechino solo per favorire altre città e altri
business.
2) Siamo ben coscienti che Pechino non è un paese democratico. Sulle pagine
di Fides offriamo una continua documentazione delle violazioni ai diritti
umani e religiosi. Siamo ben coscienti che il governo userà questa
candidatura come una specie di droga: gli anni a venire, per la Cina
saranno anni molto difficili. L’entrata nel WTO (Organizzazione Mondiale
del Commercio) provocherà crisi fra i contadini e fra gli operai, costretti
forse alla fame e senz’altro al licenziamento. Le Olimpiadi saranno lo
scopo con cui Pechino addolcirà e manipolerà le coscienze. Ma proprio per
tutte queste tensioni, già in atto da mesi, è importante non isolare un
paese grande e maestoso come la Cina e aprire ogni possibile via di
contatto, anche quelle sportive. L’alternativa è un isolamento che potrebbe
permettere alla Cina il soffocamento totale di ogni dissidenza.
3) Tenere aperta la Cina con le Olimpiadi è la strada attraverso cui i
cinesi potranno avere contatti con il resto della popolazione mondiale
senza il controllo spasmodico di polizia ed esercito. Anche se le misure di
sicurezza potranno essere ampliate, la valanga dei contatti olimpici non
potrà essere fermata. È un po’ quello che succede con internet: per quanta
censura e controllo Pechino cerchi di attuare, la rete sfugge sempre da
qualche parte. Di solito, i turisti occidentali che visitano la Cina si
fermano dentro i loro hotel a 5 stelle o visitano i guerrieri di
terracotta, senza mai visitare la popolazione. Le Olimpiadi permetteranno
ai turisti del resto del mondo il contatto non con “delegazioni” di cinesi,
ma con i cinesi tout court: operai, giovani, donne, impiegati, la cui
schiettezza sulla politica, il controllo delle nascite, la religione,
l’economia è così diversa dal ritornello del governo.

Mentre scriviamo non sappiamo ancora se Pechino vincerà la sua candidatura..
Ci piacerebbe se tutti coloro che oggi fanno gli scandalizzati verso
l’oppressione dei diritti umani in Cina, lo potessero fare anche domani,
fino al 2008. Spesso, le notizie sulle violenze del governo contro
dissidenti, vescovi, preti, laici delle diverse religioni, trovano un
occidente così freddo e calcolatore. Ma si sa: nell’economia “la politica
non c’entra”; nelle Olimpiadi invece sì!
Bernardo Cervellera

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