Welfare

La centrale anti droga

Il Piano del dipartimento guidato da Giovanni Serpelloni

di Daniele Biella

Regia unica per tutti i progetti e terzo settore fuori dalla porta. Con una priorità: il reinserimento sociale. «Basta ai mini interventi e agli sprechi.
E il non profit deve imparare a fare sistema, altrimenti ne facciamo a meno»
Un debutto da 26,4 milioni di euro. È questa la cifra con la quale il dipartimento per le Politiche antidroga, nato nel giugno di due anni fa in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri (che l’ha istituito formalmente il 29 ottobre 2009), lancia il Piano dei progetti 2010, che prevede il finanziamento diretto a 49 interventi a livello nazionale di lotta alle tossicodipendenze. Un Piano, che oltre a essere il primo atto operativo del dipartimento, è destinato a rivoluzionare le prassi in voga finora tra gli operatori di tutta Italia. Per almeno tre motivi: il suo essere fortemente strutturato e “centralizzato”, la quasi totale assenza del terzo settore tra gli enti affidatari e il ricambio generazionale dei referenti tecnici dei singoli progetti.
Ogni intervento del Piano, i cui progetti sono già stati avviati, è affidato a singole realtà istituzionali (Province, Regioni, Asl, università) in qualità di centri collaborativi. Ma che il Piano avrà una decisa regia dall’alto lo sottolinea a Vita lo stesso capo del dipartimento, Giovanni Serpelloni, 55 anni, specialista in Medicina interna: «Nessun subappalto, la gestione centrale dei progetti sarà nostra, per avere chiara ogni voce di spesa ed evitare sprechi. Quando l’attuale dipartimento era una struttura di missione, a termine, i progetti finanziati erano spesso fuori controllo, senza uno standard unico». Ora cambia tutto: «Basta con gli interventini in loco, c’era bisogno di una risposta di sistema e la nostra prima vera azione nasce proprio da tale esigenza».

Le priorità
Anche le priorità (e quindi le voci di spesa) del Piano del dipartimento arrivano dai piani alti: «È il sottosegretario Carlo Giovanardi che le ha indicate», spiega Serpelloni, «e sono in primo luogo reinserimento sociale e prevenzione, poi le attività di ricerca». Al reintegro in società delle persone in recupero dalle droghe va infatti la parte più congrua dello stanziamento: il 34% dei fondi totali, ovvero 8,5 milioni. Curiosamente destinati a un unico progetto, Reli (Reinserimento lavorativo integrato), il cui ente affidatario è la Regione Sardegna («una sorta di base operativa di un progetto a respiro comunque nazionale») e che prevede l’attivazione di un network di organismi produttivi in cui troveranno impiego gli ex tossici. Tra gli altri campi di azione (dieci in totale), quasi un quarto della torta dei fondi, il 23%, verrà invece ripartito tra gli otto progetti dedicati alla prevenzione, mentre ai dieci interventi di epidemiologia e valutazione andrà il 17%.

Alt al privato sociale
Scorrendo la lista dei progetti finanziati, c’è un dato che non passa inosservato: il non profit è pressoché assente dagli enti con cui l’ente governativo ha deciso di collaborare, con l’eccezione dell’associazione Comunitalia (la rete di comunità nata su input dallo stesso dipartimento, il cui progetto di 2,5 milioni è finalizzato ad armonizzare le attività delle strutture terapeutiche). C’è poi la Croce Rossa italiana (capofila di due interventi per 740mila euro totali, e scelta per la sua “neutralità”), che però non è una non profit ma un ente pubblico. «Il motivo? L’associazionismo deve smetterla di farsi la guerra. Sarà un nostro interlocutore quando si riunirà in consorzi basati su relazioni virtuose, come la stessa Comunitalia», è il giudizio tranchant di Serpelloni. «Il nostro scopo è creare un altro stile di lavoro, dove chi bussa alla nostra porta non viene mandato da un politico o l’altro, come avveniva fino a ieri con una pratica di tipo feudale». Un simile approccio di rinnovamento è stato adottato dal dipartimento nello scegliere i referenti scientifici e operativi di ciascun progetto: «Abbiamo dato spazio a persone pragmatiche, qualificate ma soprattutto giovani, che maturano esperienza lavorando sodo nei servizi di tutta Italia e a cui non interessa frequentare salotti televisivi», chiarisce Serpelloni.

Massima operatività
I 26,4 milioni del Piano sono il «risultato dell’opera di “risanamento” che il dipartimento ha operato nel 2009»: oltre ai dieci milioni del proprio budget annuale (vedi box), Serpelloni ha potuto contare su otto milioni non spesi dal precedente governo e di quasi otto milioni e mezzo recuperati da fondi che la presidenza del Consiglio dei ministri ha stanziato gli anni scorsi per progetti regionali, poi non spesi. «La parola d’ordine del Piano è rigore: ogni intervento dovrà essere, oltre che efficiente, in regola con le spese».

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