Mondo

Il videogame oggi è per la pace

Missioni di pace, soluzione del conflitto mediorientale e aiuti umanitari. Ecco il nuovo corso virtuale

di Lorenzo Alvaro

In tanti si ricorderanno le ore passate in spiaggia davanti a Street Fighter o i mille gettoni usati per riuscire a sconfiggere l’esercito regolare del Generale Morden di Metal Slug o superare tutti i livelli di Duke Nukem. Le proteste di mamme e papà davanti ai massacri di Doom, Quake o del più recente Gran Theft Auto.

Da oggi cambia tutto. I video games invertono la rotta. La missione è portare la pace e essere attenti ai bisognosi. Niente più risse, sparatorie né folli corse in auto.

Il primo esempio è Peacemaker, pensato da Games For Change, una onlus a stelle e strisce che raccoglie alcuni produttori come la Impact Games. Il gioco è ambientato in medio oriente e lo scopo, naturalmente, è la risoluzione del conflitto tra Israele e Palestina. Semplice e immediato permette al giocatore di prendere il ruolo di primo ministro israeliano o palestinese. A quel punto comincia il percorso verso la pace, fatto di trattative diplomatiche, strategia militare e scelte lungimiranti. Il pregio maggiore del gioco è far capire agli utenti la difficoltà e le tante implicazioni e difficoltà che si incontrano in processi di questo tipo.

Stessa grafica, stessa giocabilità e stesse situazioni realistiche dei vecchi sparatutto. A cambiare è proprio solo il punto di vista. Asi Burack ha anche dato alla luce oltre a Peacemaker anche A Force More Powerful, che si ispira alla figura del Mahatma Gandhi, e insegna al player come risolvere crisi, combattere dittature e occupazioni militari senza l’uso della violenza.  

Spazio anche alla geopolitica e all’economia  con Playthenews in cui  gli utenti in 10 minuti devono risolvere online situazioni intricate. Molto utile per informare le persone su situazioni particolari ha sfornato in 6 mesi 120 scenari differenti presi dalla stretta attualità.

Anche le Nazioni Unite hanno proposto il loro gioco. Si chiama Food Force ed è stato proposto dal Programma Alimentare Mondiale. Ambientato nel Darfur mette il giocatore alle prese con la gestione degli aiuti umanitari e la difficoltà della distribuzione delle derrate alimentari.

Non solo, anche il governo degli Stati Uniti ha in cantiere due videogiochi “educativi” su matematica e scienze.      

Pochi giorni fa, sul proprio blog Fabio Latino raccontava di iHobo. Un’applicazione per Iphone ispirata al Tamagotchi. Ma se prima erano c’erano cani e gatti a farla da padrone oggi il protagonista è un senzatetto. L’homeless deve essere accompagnato per 72 ore, giorno e notte, accudito e aiutato.

Non si può dire se veramente questa nuova era filantropica avrà successo e porterà all’estinzione della violenza virtuale. Un primo risultato però è già stato ottenuto. Dopo l’esordio del primo videogioco controverso, Death Race proposto da Exidy, datato 1976, infatti finalmente, dopo ben 34 anni, i genitori potranno stare tranquilli quando i figli giocano al computer.


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