Non profit

La Liguria apre botteghe

A Genova la terza edizione di Equa dal 3 al 6 giugno

di Francesco Dente

La Regione di Burlando si candida a essere il punto di riferimento nazionale delle politiche sul commercio equosolidale. Con un piano finanziario in cinque mosse, concordato con le associazioni
Nessuna grandeur. Solo tanta voglia di rimboccarsi le maniche. Li hanno chiamati Stati generali perché sperano di raccogliere intorno a un tavolo quanti più rappresentanti delle Regioni ma di solenne e protocollare ci sarà davvero poco. Se non la speranza, semmai, che i bollettini ufficiali regionali possano ospitare quanto prima buone leggi sul fair trade come quella della Liguria.
Prima Regione italiana, l’ente guidato dal riconfermato Claudio Burlando, ad approvare già dal 2007 una normativa sul commercio solidale stesa con le organizzazioni del terzo settore, prima ad istituire un assessorato ad hoc nell’ambito delle deleghe per lo Sviluppo economico e prima, soprattutto, per generosità verso le “botteghe”. L’idea del coordinamento Equodiliguria e dell’assessorato regionale è di rilanciare una piattaforma di sostegno istituzionale. Costruire dal basso una rete di interventi regionali che possa compensare l’assenza di una legge nazionale in materia.
L’appuntamento è a Genova dal 3 al 6 giugno per Equa 2010, la fiera regionale del commercio responsabile giunta quest’anno alla terza edizione. Una buona prassi, quella realizzata all’ombra della Lanterna, per due ragioni: perché ha fatto da apripista a numerosi territori che hanno elaborato testi normativi d’intesa con le “botteghe” (al momento nove Regioni hanno legiferato in materia) e perché, soprattutto, ha resistito alla crisi. Nonostante la cattiva congiuntura e il taglio dei trasferimenti statali, la Liguria infatti ha confermato anche nel 2010 un poderoso sostegno al fair trade: 450mila euro. Solo un quarto in meno dei 600 dell’anno scorso (nel complesso in tre anni sono stati investiti un milione e mezzo).
«Le ragioni della buona riuscita dell’esperienza ligure sono il risultato del sostegno regionale ma anche dell’unione fra le organizzazioni locali del commercio equo e solidale», spiega Alberto Zoratti, organizzatore della fiera, socio di Faircoop e fino a poco giorni fa nel direttivo di Agices, l’Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale. L’unione, mai come in questo caso, è stata la forza del non profit e ha alimentato, allo stesso tempo, la fiducia dei consumatori. Le botteghe iscritte nell’apposito registro regionale devono rispettare infatti determinati requisiti coerenti con le caratteristiche definite a livello internazionale e nazionale.
Cinque le linee di finanziamento attivate dalla Regione: il sostegno all’apertura di attività commerciali (40% a fondo perduto dell’investimento); le iniziative di sensibilizzazione (la Regione copre il 70% della spesa); la formazione interna alle organizzazioni, ad esempio corsi di marketing o di lingue (70% della spesa); le azioni comuni (ad esempio la fiera Equa) e, infine, il sostegno all’acquisto di prodotti del commercio equo da parte degli enti locali per le mense.
Sestri Levante, Lavagna, La Spezia, Finale Ligure (oltre alla Provincia di Savona) sono i Comuni che si fregiano del marchio di Città Equosolidali. Lavagna dal 2006 ha introdotto le banane equosolidali nelle mense dell’asilo e delle scuole elementari. Ma il commercio equo e solidale in Liguria è in grado di camminare con le proprie gambe, senza cioè il sostegno regionale? Sì, secondo Zoratti. «La legge è entrata in vigore nel 2007 ed ha aiutato il movimento. Il commercio equo, tuttavia, ha visto la luce già nei primissimi anni 90 e la crescita è stata costante. Se poi si guardano i dati generali positivi del commercio equo in Italia o del biologico, pare che le economie sostenibili siano in grado di affrontare meglio la crisi».


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