Famiglia
Ecco le “banche armate” 2009
E' online la tabella sugli istituti di credito coinvolti in operazioni di export. Ecco le novità e le sorprese
Novità sul fronte delle esportazioni di armi italiane. Si tratta della tabella relativa agli istituti di credito che il governo non aveva pubblicato insieme alla sintesi della relazione annuale presentata lo scorso 29 marzo. Assenza che aveva spinto la senatrice Donatella Poretti (Radicali) a firmare un’interpellanza in cui si chiedeva al governo «per quale motivo il 29 marzo 2010 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha presentato il Rapporto annuale sui lineamenti di politica del Governo in materia di controllo dell’esportazione, dell’importazione e del transito dei materiali d’armamento, privo dell’allegato che riporta le indicazioni delle singole operazioni autorizzate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze agli Istituti di Credito relative all’esportazione di armi italiane, denominato “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito”». Ma ecco arrivare online l’intero (o quasi) documento. E le relative sorprese.
Balzo in avanti di UBI Banca
Al vertice degli istituti di credito che forniscono servizi finanziari alle industrie armiere il gruppo UBI Banca (Unione Banche Italiane), con 1 miliardo e 231 milioni di euro. Nel 2008 l’attività dello stesso istituto risultava inferiore ai 250 milioni. Un exploit sorprendente, che ha preoccupato la società civile, coinvolta dello stessa banca negli anni passati per la stesura della propria policy in ambito di armamenti. Cosa è successo, quindi? A rispondere è lo stesso Damiano Carrara, responsabile CSR dell’Istituto: «La policy adottata dal Gruppo UBI Banca non è volta ad azzerare l’impegno del gruppo nei confronti del settore, ma a regolare gli interventi secondo criteri di valutazione delle singole operazioni oggettivi e trasparenti, condivisi con varie organizzazioni sociali attente a questi temi.» E aggiunge: «Le anticipo che il 97% degli importi autorizzati riguarda paesi dell’Unione Europea (v. tabella pubblicata nel bilancio sociale scaricabile dal sito Internet di Gruppo) e ha come oggetto la fornitura di componenti, ricambi e manutenzioni per aeromobili e di aeromobili non armati. Le segnalo inoltre che sono state declinate operazioni per un importo complessivo di 7,1 milioni di euro, in quanto dirette verso Paesi non ammessi dalla policy».
Fin qui il primo in classifica. Ma la tabella comprende anche Deutsche Bank Spa (900.491.101 euro) al secondo posto; il gruppo BNP Paribas (804.649.257) insieme alle sue controllate Banca Nazionale del Lavoro (99.384.776) e Fortis Bank (44.336.472); a seguire, al quarto posto, IntesaSanpaolo (186.111.311) e la sua Cassa Risparmio La Spezia (47.251.474); al quinto Unicredit (146.632.910), e poi Commerzbank A.G. (85.446.476), Arab Bank PLC (72.247.305), Société Générale (34.208.845), e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (29.761.039) per concludere con alcune novità assolute (l’elenco completo è allegato al presente articolo), come la presenza di istituti cooperativi come Banca Cooperativa Valsabbina (5.585.447), Credicoop Cernusco sul Naviglio (5.192.149) e Banca di Bientina Credito Cooperativo (17.300).
L’elenco, però, non basta
«Da quando, tre anni fa, il Governo ha eliminato dalla Relazione sull’import-export di armi il lungo e dettagliato elenco delle singole operazioni effettuate dagli istituti di credito, è impossibile giudicare l’operato delle singole banche», a dichiararlo è Giorgio Beretta, analista della Rete Italiana Disarmo e per anni animatore della Campagna di pressione alle “banche armate” promossa dalle riviste Missione Oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace, che aggiunge: «Nessuno mette in dubbio il resoconto delle banche, nel caso di UBI anche abbastanza dettagliato, ma senza quell’elenco le loro affermazioni mancano del riscontro ufficiale che solo la Relazione può fornire».
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