Mondo

Stop alla pulizia etnica: appello dei leader religiosi

Gli scontri tra immigrati maduresi e indigeni dayak. Nella capitale sono oltre 40mila gli sfollati. Ma ora vengono attaccati anche i campi profughi, denuncia l'agenzia Fides

di Daniela Romanello

La pulizia etnica continua e la situazione resta tesa nel Kalimantan centrale e occidentale, province indonesiane sull’isola del Borneo. A seguito dell’esplosione di violenza degli indigeni dayak contro gli immigrati maduresi nel febbraio e marzo scorso, ricorda l’agenzia vaticana Fides, sono state accertate oltre 500 vittime. Migliaia di maduresi hanno abbandonato le loro case nel Kalimantan occidentale e raggiunto i campi profughi allestiti dal governo indonesiano. Ma anche i campi profughi sono attaccati dai dayak, che continuano le operazioni di pulizia etnica. Attualmente oltre 40mila sfollati si trovano nella capitale del Kalimantan occidentale, Pontianak. Proseguono intanto i tentativi di mediazione: all’inizio di luglio i leader delle due etnie si sono incontrati a Pontianak, trovandosi d’accordo sull’urgenza di fermare ogni violenza. Anche i leader religiosi della regione hanno lanciato un appello all’intera comunità chiedendo la fine della violenza. I leader ricordano “il dovere di salvaguardare la dignità di ogni essere umano e diritti uguali per tutti”. L’appello è firmato dal vescovo di Jayapura, mons. Leo Laba Ladjar e dai capi protestanti e musulmani. Condannando il clima di tensione e i numerosi attacchi, aumentati negli ultimi mesi, essi affermano: “L’uso della violenza è divenuto l’unico modo con cui si affrontano i problemi, e a ogni violenza segue altra violenza”. Per questo i leader religiosi chiedono: il rispetto della vita umana, dono di Dio; la fine della violenza fra i civili ma anche da parte dell’esercito e della polizia; il discernimento sulla situazione, individuando i provocatori; affrontare i problemi con mezzi civili e legali, senza vendette private; sforzi di dialogo e di pace nei luoghi della vita quotidiana: scuole, mercato, posti di lavoro, vita politica, per ricondurre alla riconciliazione le due etnie. Secondo fonti locali di Fides, la ragione principale del conflitto in Borneo è il contrasto fra la ricchezza dei maduresi e la povertà dei dayak. I primi sono laboriosi e attivi nel commercio, gli indigeni hanno come uniche risorse la natura e la terra. In passato gli immigrati maduresi non hanno rispettato la cultura delle tribù indigene. Questo ha suscitato odio che il governo non è riuscito a controllare. Nel 1999, scontri interetnici causarono oltre 3mila morti fra i maduresi, la maggior parte decapitati.


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