Famiglia

Macedonia, un Paese in bilico

L'impegno di Caritas Italiana per i 110 mila rifugiati

di Redazione

L’incerta tregua in vigore dal 6 luglio apre spiragli di pacificazione e di ritorno alla normalità. Ma fino a quando non sarà raggiunto un vero e proprio accordo politico tra le componenti slava e albanese, la crisi apertasi in Macedonia a fine febbraio non potrà dirsi conclusa. E nemmeno l?emergenza umanitaria potrà dirsi definitivamente archiviata. Anche nell?ipotesi che il ritorno possa esaurirsi entro la fine dell?estate, gli organismi internazionali e le organizzazioni non governative dovranno sostenere per molti mesi le famiglie e le comunità dei centri in cui il conflitto si è sviluppato. Dall?inizio di marzo il conflitto tra ribelli albanesi e forze armate macedoni ha costretto 110 mila persone a lasciare le proprie abitazioni: 35.332 sfollati interni, 74.818 rifugiati in Kosovo. Tra i primi, circa un migliaio sono stati accolti in campi collettivi; tra i secondi, circa 6-7 mila hanno fatto ritorno nel paese d?origine dopo la proclamazione della tregua. Tutti gli altri sono ospiti di famiglie macedoni, albanesi di Macedonia e albanesi del Kosovo. La Caritas Italiana auspica che il confronto, in Macedonia, non sia più affidato alle armi: la trattativa politica è la sola che può assicurare, oltre alla sicurezza dei cittadini, anche un?effettiva promozione dei diritti di tutti. È il momento di risolvere con il dialogo una crisi che, al suo manifestarsi, ai primi di marzo, la Caritas aveva già definito ?prevedibile e prevenibile?. Sul versante umanitario, la Caritas ha svolto per quattro mesi un lavoro di attento monitoraggio della situazione e di collaborazione all?opera di accoglienza dei rifugiati, insieme alle Caritas locali e ad altri membri del network internazionale. In particolare in Macedonia, Caritas Italiana ha proseguito i progetti sociali ed educativi a favore della popolazione rom: la promozione dei diritti civili delle minoranze è condizione indispensabile per sottrarre terreno agli estremismi e agli interessi criminali che prosperano in uno stato di guerra. Oltre a ciò, la sede di Skopje ha tenuto i rapporti con gli organismi umanitari internazionali e ha costantemente vigilato l?evolversi della situazione, attingendo testimonianze e informazioni direttamente dalle aree di crisi. In Kosovo, dove gli arrivi hanno cominciato a farsi massicci da maggio, gli operatori di Caritas Italiana attivi a Urosevac-Ferizaj hanno supportato Caritas Kosovo, in prima linea nell?opera di accoglienza. I profughi si sono accasati in prevalenza presso host families ? molte delle quali hanno ricambiato l?ospitalità ricevuta nel ?99 ?, dal momento che gli organismi umanitari internazionali hanno scelto di non dare vita a centri collettivi, per non ghettizzare i rifugiati e non occupare a lungo edifici scolastici e di interesse pubblico. Ciò ha imposto una gestione complessa dei meccanismi di registrazione e distribuzione degli aiuti. – L’équipe di Caritas Kosovo è entrata a far parte, a Ferizaj, del coordinamento promosso da Unhcr e dalla municipalità: nella sua sede sono state registrate, dall’inizio di marzo, 1.647 famiglie, per un totale di 6.461 persone. – A molti di costoro Caritas Kosovo ha provveduto a consegnare aiuti di vario tipo (generi alimentari, vestiti, coperte, materassi), per integrare il kit standard che viene consegnato ai rifugiati dall’Unhcr – ogni mese, dodici chili di farina, un litro d’olio, un chilo di zucchero e un chilo di fagioli per persona. Caritas Kosovo provvede alla gestione di un magazzino, dove viene stoccato il materiale reso disponibile da varie Caritas appartenenti al network; gli aiuti vengono distribuiti anche tramite organizzazioni non governative locali, a cominciare dall’Associazione Madre Teresa. – Nell’ambulatorio inaugurato dalla parrocchia di Ferizaj all’inizio dell’anno, e destinato alla cura gratuita dei casi sociali, sono state compiute moltissime visite mediche per verificare lo stato di salute dei rifugiati e fornire cure di base: l’afflusso è stato calcolato in oltre 200 persone al mese. – Infine, con il sostegno di Caritas Francia, ha preso il via all’inizio di luglio un progetto di animazione rivolto ai bambini: dopo la fase di formazione, l’équipe dei volontari ha cominciato a visitare le famiglie e a condurre le attività di gioco e di laboratorio, che si protrarranno per oltre due mesi. È prevista la partecipazione, nelle tre scuole rese disponibili dalla municipalità, di circa mille ragazzi, anche locali. “Tutte queste attività – spiega don Albert Krista, direttore di Caritas Kosovo – vedono protagonisti gli operatori della nostra Caritas. Ma è stato determinante il supporto pastorale, formativo e organizzativo degli operatori di Caritas Italiana, che dal 2000 sono presenti a Ferizaj nell’ambito del programma di accompagnamento e consolidamento di Caritas Kosovo”. L’emergenza ha costituito un valido banco di prova delle rafforzate capacità operative della Caritas locale. E anche nelle parrocchie le commissioni istituite con il supporto di Caritas Italiana stanno svolgendo un valido lavoro di aiuto ai profughi: accade soprattutto a Ferizaj, Gjlane, Stublla, Letnica e Binca, ovvero le località del Kosovo sud-orientale dove più massiccio è stato l’arrivo di profughi. Ma anche la parrocchia di Zllokucan, situata nel centro del Kosovo, ha fornito un grande contributo, raccogliendo un intero container di aiuti e inviando volontari per il progetto di animazione. Un’ulteriore conferma che la vicinanza alle realtà ecclesiali locali da parte di Caritas Italiana sta dando frutti positivi. Caritas Italiana partecipa attivamente anche al coordinamento avviato fra tutte le Caritas presenti in Kosovo per fare fronte all’emergenza. Caritas Svizzera, liason agency per il Kosovo, si appresta a lanciare un appello di emergenza (Soa) al fine di raccogliere risorse per acquistare materiale non alimentare (vestiario, coperte, materassi, medicinali, prodotti per l’igiene personale e della casa, stoviglie) da recapitare alle famiglie ospitanti e alle famiglie dei rifugiati, nel caso in cui si rendesse necessaria una prolungata permanenza di queste ultime sino all’inverno. Altri bisogni segnalati dalle Caritas e dalle organizzazioni umanitarie attive in Kosovo riguardano medicinali, pannolini e cibo per bambini.


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