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Dislessia e DSA: fondo di 1 milione di euro
Lo prevede il nuovo testo base del disegno di legge 2459, in discussione alla Commissione Cultura della Camera
La Commissione Cultura della Camera ha ripreso l’esame del provvedimento Nuove norme in materia di disturbi specifici d’apprendimento rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 ottobre 2009.
Manuela Ghizzoni (PD), relatore, ha illustrato il nuovo testo della proposta di legge n. 2459, elaborato dal Comitato ristretto è stato poi adotatto come testo base per il seguito dell’esame (vedi l’allegato). Il nuovo testo, ha detto la Ghizzoni, è frutto di un lavoro condiviso fra tutte le forze politiche; sono stati riconsiderati dal Comitato alcuni passaggi come quelli relativi all’applicazione della legge n. 104 del 1992 e sono stati invece approfonditi altri aspetti, in particolare quelli relativi al tema della diagnosi (articolo 3).
Il nuovo testo base conferma la prima riscrittura di ottobre 2009, che già sfumava la possibilità per le scuole di effettuare interventi mirati ad individuare i casi sospetti di DSA degli alunni, che avevano destato le preoccupazioni di un “screening di massa” e di una eccessiva etichettatura dei ragazz. La diagnosi di DSA è effettuata nell’ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente ed è comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente; le scuole possono attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, che tuttavia non costituiscono diagnosi di DSA.
Ampio spazio alla formazione degli insegnanti, per «acquisire la competenza per individuarne precocemente i segnali e la conseguente capacità di applicare strategie didattiche, metodologiche e valutative adeguate». Il nuovo articolo 4, però, prevede la costituzione di in un fondo apposito di 1 milione di euro a decorrere dal 2010.
Infine, modifiche anche nella parte relativa ai diritti dei familiari fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell’istruzione con DSA, che hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili. Si precisa, all’articolo 6, che non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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