Volontariato

Sempre meno donatori e più fabbisogno nell’Italia che invecchia

Al congresso Fidas l'allarme demografia

di Antonietta Nembri

L’Italia invecchia diventando un paese con sempre meno giovani e sempre più over 60. E sulle proiezioni di questo invecchiamento ha riflettuto la Fidas, la Federazione italiana associazioni donatori di sangue. In occasione del suo congresso nazionale – svoltosi nel weekend del Primo maggio – ha puntato l’obiettivo proprio sul rischio di crollo nel numero dei donatori e delle donazioni di sangue.
L’invecchiamento della popolazione influenza i bisogni sanitari, mentre gli andamenti demografici rappresentano un fattore destinato a pesare in modo importante sul sistema trasfusionale, sia per quello che riguarda il fabbisogno di sangue, sia per il reperimento dei donatori. Le fasce d’età tra le quali si concentrano i donatori, ossia la popolazione compresa tra i 30 e i 55 anni, si sta riducendo seguendo un trend che non sembra destinato ad arrestarsi nei prossimi decenni. Secondo le proiezioni sulla donazione del sangue in rapporto all’andamento demografico si stima nell’8,4% la riduzione complessiva dei donatori e delle unità di sangue intero raccolte già nel prossimo decennio.
Da una decina di anni l’Italia ha raggiunto l’autosufficienza pur in presenza di disomogeneità. Se si considera che il fabbisogno di sangue è stimato a 40 unità per mille abitanti, a un Nord-Est che raggiunge quota 53,8 risponde un Sud fermo a 28,3: un equilibrio fragile che rischia di incrinarsi per colpa delle dinamiche demografiche. «Dai dati elaborati dal Censis emerge come sia proprio la fascia della popolazione tra i 30 e i 55 anni, il cuore della popolazione attiva e dei donatori, quella che andrà a diminuire. Mentre aumenteranno gli anziani e non va dimenticato che agli over 70 è destinato il 70% delle terapie trasfusionali», osserva Aldo Ozino Caligaris, presidente di Fidas.
Ma al di là dell’analisi dei dati, Caligaris punta a un «piano d’attacco. Dobbiamo considerare l’autosufficienza in modo dinamico, non solo da mantenere, ma da implementare ed è per questo che come federazione ci poniamo l’obiettivo, da un lato, di aumentare la formazione interna e, dall’altro, di coinvolgere maggiormente le fasce di popolazione che sono ancora poco coinvolte e sensibilizzate». In particolare i giovani, tra i 18 e i 28 anni «sono molto reattivi in occasione di emergenze e appelli, ma la maggioranza non rientra tra i donatori periodici e su questo fronte dobbiamo attivarci per coinvolgerli sempre di più. E poi ci sono le donne».
Anche il presidente nazionale di Avis, Vincenzo Saturni, per rispondere al rischio “crollo donatori” nel prossimo futuro guarda alla popolazione femminile, «tra i nuovi iscritti Avis le donne sono in maggioranza, poi però la loro percentuale diminuisce» osserva. Una maggior sensibilizzazione delle donne non è l’unica strategia, «lavoriamo per diversificare i donatori, da tempo ci siamo attivati verso i nuovi cittadini, gli immigrati, per coinvolgerli». I dati non lasciano dubbi, nel 2030 i 18-55enni saranno il 37,7% della popolazione, contro l’attuale 46,8%, per cui la soluzione possibile è aumentare il numero dei donatori periodici.


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