In alcuni istituti statali della provincia i ragazzi disabili passano otto ore in aula con gli altri. Il resto nella sezione “potenziata”. Un’idea che funzionaAlla battaglia per l’inclusione dei disabili nelle scuole di tutti, Rita Rovaris ci ha dedicato una vita. Dal 1983, quando l’integrazione scolastica sancita dalla legge 517 del 1977 muoveva i suoi primi passi, lei presidia il campo dalla trincea della scuola elementare di Verdellino: prima come psicopedagogista distaccata sugli alunni disabili, poi come dirigente. Settemila abitanti, 24 nazionalità rappresentate tra gli 850 bambini iscritti alle primarie, alunni stranieri che sfiorano il 40%, in questo piccolo comune della Bergamasca è nata (e resiste ormai da vent’anni) un’idea di scuola unica in Italia, che salta a piè pari i colori ideologici del dibattito sull’inclusione scolastica per mettere al centro i bisogni specifici di ogni singolo bambino. Inclusi quelli con disabilità gravissime. Si chiama “scuola potenziata”, è una scuola statale a tutti gli effetti, ma non fa parte del normale pacchetto formativo d’Italia. È un’invenzione bergamasca, che ha messo le radici: di scuole potenziate infatti ne esistono nove in provincia di Bergamo, più qualcun’altra sparsa nelle province di Lecco, Milano e Mantova. Stop.
Una vita all’asilo
«Era il 1990», ricorda la Rovaris. «Le scuole speciali avevano chiuso i battenti, ma io avevo due disabili gravissimi di nove anni in pianta stabile all’asilo da quando ne avevano tre e altri due a casa, perché le neuropsichiatrie li dichiaravano “non scolarizzabili”. Non è che sia impossibile inserire un disabile gravissimo in una classe normale, sta lì, non disturba: ma quanto è utile al bambino? Quanto rispetta il suo diritto costituzionale all’istruzione?». Facce e nomi. La riflessione per pensare un altro modello di scuola parte da qui. «L’obiettivo era quello di creare una scuola che desse risposte specifiche a bambini con patologie così gravi e allo stesso tempo ne curasse l’integrazione nelle scuole di riferimento. I primi due alunni, per esempio, pur essendo nati qui, in paese non li aveva mai visti nessuno».
Le prime sperimentazioni partono con una scuola comunale di Bergamo e a Bonate, nella ex scuola speciale. Quello di Verdellino è il terzo plesso potenziato d’Italia, e debutta nel 1991.Oggi conta sei alunni gravissimi e sei insegnanti: la convenzione con il ministero (prima) e con gli Uffici scolastici provinciali (poi) prevede infatti un insegnante per ogni alunno. «Che è anche il motivo per cui si fa sempre più fatica a rinnovare le convenzioni o a crearne di nuove», spiega la Rovaris. In più, cinque educatori, pagati dai Comuni. Un bell’investimento, che riguarda anche la struttura: a Verdellino la classe potenziata occupa uno spazio che equivarrebbe a due aule, più un locale attrezzato a palestra. Con queste premesse, sei ragazzi con disabilità gravissime – nessuno con patologie singole, tutti con cerebrolesioni e plurimenomazioni- riescono a stare a scuola 38 ore alla settimana, come tutti.
Che c’entra Napoleone?
«Otto ore la settimana ciascun alunno le passa nella propria classe di riferimento. Aggiungendoci l’intervallo e il pranzo, fanno più di due ore e mezzo al giorno passate insieme alla classe», spiega la preside. Musica, religione, ginnastica, ma non solo. Anche italiano e matematica. «Lavoriamo molto con simboli della comunicazione aumentativa, i libri modificati, la capacità di discriminare e seriare – il fare insiemi, insomma – il cooperative learning. Certo è inutile che questi ragazzini stiano in aula quando la maestra parla di Napoleone o di peso lordo e peso netto: inutile innanzitutto per loro!». Quando i compagni, quindi, studiano storia, loro fanno laboratori e lavoro individuale, mirato ad apprendere «le regole di socialità, innanzitutto», dice Manuela Bartesaghi, fondatrice della comunità Tau per bambini con cerebrolesioni gravi. Mattia ha 11 anni e frequenta la scuola di Verdellino da quando ne aveva 6: «Ha imparato a giocare, a rispettare i turni e le alternanze, a sviluppare autonomia». Ma con le foto e la comunicazione aumentativa Mattia – che è sordo e non parla – ha anche creato un libro per raccontare ai compagni le sue vacanze al mare. Un altro ragazzino, autistico grave, venendo a scuola ha imparato a stare in mezzo agli altri e la mamma ora può portarselo anche a fare la spesa. Un processo di apprendimento più agito che mentale.
Tre anni di buco nero
Genitori che si lamentano perché «il disabile rallenta il ritmo della classe» qui non ce ne sono. Su questo punto la Rovaris si accalora: «Sia chiaro che il modello non è stato pensato così per tacitare le mamme, ma al contrario per rispondere ai bisogni dei bambini», precisa. Ci sono invece tante mamme di ragazzini normali che alla fine della quinta elementare ringraziano, e riconoscono «che grazie a questa esperienza mio figlio oggi ha una chance in più». Il vantaggio, cioè, è per tutti. Certo inserire un ragazzino così complesso non è cosa che si improvvisi. «Prepariamo la classe con tanti giochi di ruolo e attività di immedesimazione»: quest’anno per esempio c’è un bambino che ha delle protesi agli occhi, quando gli entra la polvere se li toglie e chiede di pulirli. «Ai bambini abbiamo detto che i suoi occhi sono come la dentiera del nonno, e nessuno ha battuto ciglio quando lui se li è tolti». Soprattutto, spiega la Rovaris, «non forziamo mai i bambini, con cose del tipo “ci si siede vicino a lui a turno, una settimana ciascuno”». Eppure in tanti anni non è mai capitato che non ci fossero alunni pronti a passare l’intervallo o la pausa pranzo con il compagno disabile. Rita Rovaris è vicinissima alla pensione. Ma prima ha ancora un sogno. «Nelle scuole speciali teniamo i ragazzi fino a 14-15 anni, poi siamo costretti a dismetterli. Il problema è che nei centri diurni li prendono solo a 18 anni: ci sono tre anni di buco», spiega.
Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?
Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it