Non profit

Lo zucchero che nessuno diede a Stefano

di Redazione

Perizia 1. Sarebbe bastato un po’ di zucchero sciolto nell’acqua e Stefano Cucchi non sarebbe morto. Lo dicono le conclusioni dell’indagine dei pm romani titolari dell’inchiesta sulla sua morte. Non solo dunque un pestaggio in cella ma anche le mancate cure sarebbero fra le cause di morte del giovane. Molte quindi le persone, almeno 13, che rischiano di finire sotto processo, non solo per aver coperto chi ha sbagliato ma anche per non aver fatto il proprio dovere. Tre guardie carcerarie, un funzionario dell’amministrazione penitenziaria, sei medici del Pertini, tre infermieri. Un elenco di persone che è anche un sommario di tristi responsabilità. Su questo caso lo Stato si gioca un po’ di credibilità.
Perizia 2. È arrivato al rinvio a giudizio il caso di malasanità avvenuto a Castellaneta nella primavera del 2007. In quel periodo morirono otto pazienti cardiopatici nel nuovissimo reparto di terapia intensiva appena inaugurato. Per quelle morti, causate dallo scambio di due tubazioni, quella del protossido di azoto, un potente anestetico, con quella dell’ossigeno, ora dovranno andare a giudizio 30 persone. Fra di loro ci sono medici e infermieri, ma anche funzionari pubblici e amministratori. Sono infatti numerose le inosservanze riscontrate dalla commissione tecnica che ha eseguito la perizia. A cominciare dal doppio errore nei collegamenti degli impianti. Sarebbe risultata inidonea o persino assente la descrizione dettagliata del progetto. Se ci fosse stata, secondo la commissione tecnica si sarebbe potuto evitare l’errore di collegamento causato dallo scambio nell’identificazione di tubazioni aventi sezioni diverse.
Intercettazioni. Calciopoli atto secondo. Le nuove intercettazioni che vedono protagonisti dirigenti di altre squadre saranno al centro di una nuova inchiesta della giustizia sportiva, davvero un secondo atto rispetto all’inchiesta di quattro anni fa.
Finestra. Una madre ha gettato dalla finestra la piccola che aveva appena partorito. È accaduto nel cosentino ad una donna rumena di 41 anni, che aveva tenuta nascosta la gravidanza anche al marito e che aveva partorito da sola nel bagno di casa. Per fortuna la bimba è sopravvissuta nonostante il trauma cranico provocato dalla caduta. La donna, che è stata arrestata, viveva di lavori saltuari ed era stata raggiunta dal marito solo da poco tempo, mentre il parto è avvenuto a termine, al nono mese di gravidanza. Dramma della povertà e della solitudine in una terra, la nostra, che era stata desiderata e conquistata.

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