Famiglia
Le scuole speciali sono ancora normali
Perché resistono le strutture per disabili che la riforma doveva abolire

Sono 83 frequentate da 2.302 alunni: trent’anni dopo
la loro formale cancellazione, questi istituti sono sempre più richiesti. Ecco come funzionano Il prossimo anno scolastico la scuola speciale Paolo e Larissa Pini, a Milano, avrà 70 alunni invece degli attuali 60: +17%. A La Nostra Famiglia, solo nella sede di Bosisio Parini, nel lecchese, gli allievi dei corsi di formazione professionale per l’integrazione saliranno da 64 a 70: +8%. Alla Vaccari, a Roma, il 28% resta fuori ogni anno, in lista d’attesa. La scuola speciale, insomma, trent’anni dopo la sua teorica estinzione a mezzo legge, sta vivendo un imprevisto ritorno. Il suo fascino è quello di una scuola specializzata, con un alto tasso di competenze specifiche, un turn over degli insegnanti lontano anni luce da quello che i ragazzi sono costretti a subire nella “scuola di tutti” e una presa in carico personalizzata.
Il proprium della scuola speciale, paradossalmente, non consiste nell’avere un insegnante per ogni alunno. A guardare i numeri, anzi, sulla carta il rapporto è a vantaggio della scuola di tutti: là un insegnante di sostegno ogni due alunni, qua si varia dai due insegnanti ogni tre bambini della Pini all’uno ogni tre di La Nostra Famiglia fino ai due per cinque della Vaccari. «È anche positivo, perché in questo modo i ragazzi fanno esperienza di gruppo, tra pari. Nella scuola normale invece si confrontano solo con ragazzi più bravi, con esiti pesanti sull’autostima», spiega Carla Andreotti, direttore centrale Sviluppo e formazione di La Nostra Famiglia. Certo questi prof hanno una “vocazione”: le graduatorie a cui si attinge non sono quelle degli insegnanti di sostegno, ma quelle degli insegnanti di scuola primaria, con una specializzazione mirata. Molti arrivano alla pensione qui dentro, «perché chi entra qui lo fa per scelta», precisa la Zoppi.
Alle critiche, lei, risponde così: «Distorsioni ci saranno anche state, ma io sono sicura che qui dentro facciamo inclusione, non segregazione. Ho visto generazioni di ragazzi e tutti tirano fuori capacità impensabili. Concentriamoci su questo: tutta l’ideologia che si aggiunge rende più rigido il trovare delle risposte per loro».
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