Non profit
L’integrazione non basta più, il genitore chiede che i figli imparino
Dario Ianes, fondatore del Centro Erickson
di Redazione

Dario Ianes è uno dei punti di riferimento italiani per l’insegnamento ai bambini disabili. Docente di Pedagogia speciale e di Didattica speciale all’Università di Bolzano, all’inizio degli anni 80 ha fondato a Trento il Centro Studi Erickson, per affrontare i problemi della riabilitazione e dell’inserimento sociale delle persone con disabilità. Il trend verso le scuole speciali, lui lo ha intuito già cinque anni fa.
Vita: Quali sono le ragioni?
Dario Ianes: Certo una frustrazione per gli attuali percorsi di integrazione scolastica. Ma anche il fatto che i genitori sono sempre più consapevoli ed esigenti, non si accontentano dell’accoglienza ma pretendono che i loro figli imparino. Oggi ci sono molte tecniche didattiche efficaci, dal metodo cognitivo comportamentale al metodo Teacch, ma è difficile trovarle nella scuola normale: nelle scuole speciali invece le usano.
Vita: Crede che il modello dell’integrazione sia a rischio?
Ianes: No, ma certo tra turn over dei docenti, disinvestimenti governativi e stanchezza degli insegnanti l’integrazione scolastica non sta certo vivendo un buon momento. D’altra parte non ha senso una posizione moralistica, che criminalizza le scelte di questi genitori: nelle scuole ci sono difficoltà reali.
Vita: Quali sono le priorità per rilanciare l’integrazione?
Ianes: Lavorare sui dirigenti e sugli insegnanti curriculari, sono loro che fanno il tessuto connettivo. La nuova riforma della scuola prevede una buona formazione di base per gli insegnanti delle scuole dell’infanzia e primaria, ma pochissimo per quelli delle medie e superiori. Tra dieci anni, quando nelle aule ci saranno i docenti formati secondo i nuovi indirizzi, si allargherà ulteriormente il gap che già esiste per l’integrazione scolastica: per i più grandi sarà molto peggio.
Vita: Dall’integrazione alla full inclusion. Dove siamo?
Ianes: Stiamo ancora faticosamente lavorando sull’integrazione dell’alunno disabile e tentando di allargare il raggio all’inclusione, che vuol dire mettere in campo interventi individualizzati per tutti gli alunni che ne hanno bisogno. L’ideale sarebbe individualizzare la didattica per tutti gli alunni.
Vita: Che ne pensa delle scuole potenziate?
Ianes: Sono esperienze molto ben fatte, ma non lo indicherei come modello. C’è il rischio che si scivoli nella scuola speciale.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.