Famiglia

Save the Children: in 50 milioni partoriscono senza assistenza

Dall’11esimo “Rapporto sullo Stato delle Madri nel mondo” emerge anche che sono 350 mila a perdere la vita per la gravidanza

di Redazione

Nel mondo 50 milioni di donne partoriscono senza assistenza; quasi 350 mila perdono la vita per la gravidanza e il parto. È quanto emerge dall’11esimo “Rapporto sullo Stato delle Madri nel mondo” di Save the Children, presentato a Roma in occasione della Festa della Mamma, che evidenzia come per milioni di donne diventare ed essere madri è una sfida quotidiana, a rischio della vita, così come per milioni di bambini sopravvivere alla nascita e ai primi anni è una lotteria, una scommessa.

Donne e bambini dell’Afghanistan, del Niger, dello Yemen o del Sudan, dove gli standard di “benessere materno-infantile” sono i più bassi e desolanti del mondo. Al polo opposto, anche geografico, le madri e i bambini della Norvegia, dell’Islanda o della Svezia, stanno molto meglio e godono di elevati livelli di salute, istruzione, cure. L’Italia, come evidenzia il nuovo Rapporto Fondazione Cittalia – Anci Ricerche per Save the Children su “Le condizioni di povertà tra le madri in Italia”, diffuso sempre oggi, si posiziona nella zona alta ma non altissima di questa graduatoria. Perchè tutto va relativamente bene al momento della nascita ma poi iniziano i problemi.

A leggere i numeri sulla povertà nel nostro paese, si scopre che l’impoverimento è più frequente fra le donne, tanto più se madri con almeno 1 figlio piccolo: il 15,4% delle coppie con 1 bambino sotto i 18 anni, vive in povertà. Il che significa, per esempio, che il 16,3% delle mamme in coppia con figlio piccolo paga in ritardo almeno una delle bollette di casa mentre il 10,3% non riesce a sostenere regolarmente le spese scolastiche dei figli. E maternità significa anche – dicono i numeri – inferiori tassi di occupazione femminile, con una differenza nel tasso di disoccupazione che sfiora i 22 punti percentuali in più rispetto a donne senza figli.

In particolare, evidenzia il “Rapporto sullo stato delle madri nel mondo”, ancora oggi 50 milioni di donne ogni anno partoriscono senza alcuna assistenza professionale e magari senza aver ricevuto alcun controllo durante il puerperio: logico che moltissime di esse, quasi 350 mila perdano la vita in conseguenza della gravidanza o per complicazioni legate al parto. E se muoiono le mamme facile e drammaticamente coerente che muoiano anche i bambini: 8.8 milioni ogni anno prima di compiere 5 anni. Di essi, il 41% non sopravvive al primo mese.

Il 99% di queste precocissime morti avviene in paesi in via di sviluppo dove le donne e i bambini non possono contare su cure minime, essenziali, durante la gravidanza e il parto, e subito dopo. E infatti si stima che circa 250 mila donne e 5.5 milioni di bambini che oggi muoiono potrebbero salvarsi . Grazie a poche misure semplici e a basso costo: dall’assistenza specializzata al momento del parto, a vaccini e trattamenti per polmonite, diarrea e malaria, all’allattamento esclusivo al seno.

«La formazione e impiego su ampia scala degli operatori sanitari di comunità, soprattutto di sesso femminile porterebbe di sicuro a una sensibile riduzione di tante morti», spiega Francesco Aureli, Responsabile Policy e Advocacy per l’Italia di Save the Children, «Si tratta di paramedici con una formazione di base, spesso reclutati all’interno delle comunità dove poi presteranno servizio, in grado di raggiungere a casa madri e bambini che spesso vivono in sperdute zone rurali e di indicare loro corrette pratiche igieniche e sanitarie, di istruire le donne rispetto al parto e alle cure per i neonati, compreso l’allattamento esclusivo per i primi sei mesi, di diagnosticare e riconoscere i sintomi delle più diffuse e letali malattie infantili, come polmonite, malaria, diarrea, fornendo medicinali per le cure e vaccini. I paesi che hanno formato e utilizzato su ampia scala queste figure, hanno visto ridurre drasticamente i tassi di mortalità materna e infantile ma per perseguire il quarto e quinto Obiettivo del Millennio occorre formarne e impiegarne almeno altri 4.3 milioni».

 


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