Formazione
Chi è con il Papa e chi no. Seattle in Vaticano
La Chiesa davanti al G8: sulla globalizzazione, i vescovi italiani e la maggioranza delle associazioni hanno deciso di far propria l'inquietudine del Papa
KAROL WOJTYLA:
Non solo mercato
Quando molti dei popolani di Seattle portavano i calzoni corti, a parlare fu Giovanni Paolo II. Nel 1991, dopo la caduta del Muro di Berlino, quando ormai un’unica superpotenza era rimasta a governare i destini del mondo, Papa Wojtyla scrisse un’enciclica che parlava anche di globalizzazione: la Centesimus Annus.
Il Pontefice è tornato più volte alla carica sull’argomento: l’ultima, lo scorso 27 aprile, in occasione dell’udienza concessa ai membri della Pontificia Accademia delle scienze sociali, con un discorso dai toni molto accorati. «La globalizzazione non deve diventare un nuovo tipo di colonialismo e la Chiesa si batterà per evitarlo», ha tuonato Karol Wojtyla. «La globalizzazione del commercio è la consacrazione di una sorta di trionfo del mercato e della sua logica», ha detto il Papa, «che provoca rapidi cambiamenti nelle culture e nei sistemi sociali». «Molti osservatori», ha aggiunto, «hanno colto il carattere intrusivo e perfino invasivo della logica di mercato, che riduce sempre più l’area disponibile alla comunità umana per l’azione pubblica e volontaria a ogni livello». Giovanni Paolo II ha chiesto agli «uomini di buona volontà» di lottare perché non ci sia un «solo sistema socio-economico dominante, o una cultura che imponga i propri valori, criteri e ragionamenti etici», e ha detto che devono essere «protetti coloro che cadono in nuove forme di esclusione o marginalizzazione». Parole che richiamano un precedente intervento estemporaneo del Pontefice, durante il volo da Roma a Città del Messico il 22 gennaio 1999. In quell’occasione Wojtyla si era espresso in modo un po’ scettico sulla Pax Americana: «Dopo la caduta del comunismo gli Stati Uniti sono rimasti soli. Non so se è un bene o è un male, ma è così!».
CARLO MARIA MARTINI:
Fenomeno ambiguo
L’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini ha parlato di globalizzazione in occasione della festa del Corpus Domini. Il cardinale ha lanciato il suo sguardo sulle frange della società che più sono esposte a un selvaggio processo di mondializzazione: «Una città grande come Milano vive di fatto in una rete che collega tra loro le città di tutto il mondo e guarda con vigilanza e trepidazione il grande processo di globalizzazione in atto, cogliendone le possibilità e i pericoli». Dopo aver auspicato un futuro «di maggiore giustizia e non più di grande emarginazione», Martini ha aggiunto: «Siamo chiamati di fronte all’Eucarestia che unifica nell’amore il mondo intero, a percepire l’ambiguità e l’ambivalenza di un fenomeno come la globalizzazione, coi suoi rischi e i suoi benefici e a sentire il bisogno grave e urgente che tale fenomeno sia governato e regolato secondo i principi della solidarietà».
DIONIGI TETTAMANZI:
Diamo voce ai poveri
S’intitola Globalizzazione: una sfida (Edizioni Piemme) e raccoglie molti interventi del cardinale di Genova il quale, come vescovo ospitante il summit e le collegate iniziative di protesta, ha ritenuto giusto intervenire in modo più sistematico. «Che cosa dire dell’attuale situazione, in riferimento al fenomeno della globalizzazione economico-finanziaria?», si domanda il porporato. Che risponde: «Senza cadere negli estremismi di chi demonizza e di chi idolatra questo fenomeno, si deve riconoscere che la globalizzazione ha prodotto e continua a produrre effetti positivi, anche in rapporto allo sviluppo economico dei popoli del Terzo Mondo. Ma ci si deve seriamente interrogare su di una globalizzazione che, non governata dai principi etici della giustizia e della solidarietà, conduce ad aggravare il divario tra popoli ricchi e popoli poveri, tra la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi Epuloni e la marginalizzazione di tantissimi Lazzari della terra».
Tettamanzi, la scorsa settimana, a margine di un convegno, ha aggiunto di temere l’eccessiva enfatizzazione data al problema in queste settimane: «Il grosso rischio del G8 è che tutti parleranno, compreso il popolo di Seattle, ma l’unico che non parlerà è il popolo dei poveri». Per quanto riguarda il rischio di violenze da parte delle frange estremiste del movimento antiglobalizzazione, Tettamanzi avverte: «Il popolo di Seattle ha tante anime ed è importante discriminare. La violenza non è un metodo umano, è sterile, non risolve i problemi».
FRANCIS STAFFORD:
I leader ascoltino
Rispondendo a una domanda sul G8, James Francis Stafford, porporato statunitense, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, ha manifestato una significativa apertura alle istanze del popolo di Seattle. «Non sono certo della determinazione dei politici del Primo mondo ad avere un dialogo con il Terzo mondo e perciò è importante che questi leader ascoltino i ragazzi che fanno presenti le loro aspettative sul diritto a una casa, a un lavoro, a un futuro». «Il pericolo», ha ammonito, «è che le ricchezze siano in mano a pochi e che nessuno nel mondo possa esercitare una funziona di controllo». Quanto alle proteste programmate per il G8, il cardinale Stafford ha detto: «L’unica opportunità per dialogare è che queste manifestazioni siano pacifiche, ma forse in futuro ci sarà l’occasione di rendere più formale un dialogo. I leader del G8 devono saper ascoltare, perché ci sono molte orecchie nel Primo mondo in grado di sentire le voci che arrivano dal Terzo».
GIROLAMO GRILLO:
Temo la violenza
Si chiama Itinerario di luce (Marietti Editore), ha la prefazione di don Luigi Giussani ed è uno dei libri più completi e allo stesso tempo più accessibili sulla dottrina sociale della Chiesa. L’ha scritto il vescovo di Civitavecchia e Tarquinia, Girolamo Grillo, che mette in guardia dai rischi del liberismo selvaggio che rende sempre più povera la grande maggioranza della popolazione del pianeta e arriva ad auspicare un’enciclica papale interamente dedicata all’argomento globalizzazione. Ma allo stesso tempo il vescovo prende le distanze dal popolo di Seattle: «Questi ragazzi, spinti da chissachi, rappresentano una moda. Mi allarmano e non vorrei che dall’azione di alcuni di loro possano sfociare nuove forme di terrorismo».
ALESSANDRO MAGGIOLINI:
Uno contro tutti
Prende posizione quasi su tutto, e sempre controcorrente. È monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo di Como, che pur condividendo le preoccupazioni papali sulla necessità di governare la globalizzazione è del tutto contrario alla “discesa in campo” della Chiesa a fianco delle tute bianche.
«La Chiesa, con le migliori intenzioni», ha scritto Maggiolini, «rischia di collocarsi accanto pure a intolleranti che magari esigono che dalla società si espunga il Signore Gesù e il Vangelo dall’orizzonte di conoscenza e impegno. Almeno si ammetta l’ambiguità della situazione. Ai rischi di sopraffazione preferisco le missioni e l’attuazione della dottrina sociale della Chiesa: da parte mia, da parte dei G8, di chi crede e di chi è uomo di retto sentire. Imprese rivoluzionarie o quasi, arruffate e chiassose come quella prossima di Genova, corrono sempre il pericolo di lasciare il mondo peggiore di come l’avevano trovato».
LA GALASSIA CATTOLICA
Fuori dal coro
Piero Gheddo
“Ai giovani contestatori direi: ragazzi ammiro le vostre intenzioni, ma dovete diventare fratelli dei poveri in modo autentico. Vi chiedo un gesto contro il consumismo delle vostre giornate. Spendete la vostra vita con i poveri. Venite con noi missionari. ”
Ultras anti G8
Andrea Gallo
Vitaliano della Sala
Alex Zanotelli
Tonio Dell’Olio
Patrizia Pasini
Anti G8 moderati
Vittorio Nozza
Silvano Piovanelli
Dionigi Tettamanzi
Antonio Mazzi
Ernesto Olivero
Pro Seattle
Oreste Benzi
Luigi Ciotti
Vinicio Albanesi
Albino Bizzotto
Globalizzatori
Alessandro Maggiolini
Giorgio Vittadini
Ultras pro G8
Gianni Baget Bozzo
Antonio Socci
Pensierosi
Pierino Gelmini
Fortunato di Noto
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.