Non profit

Louisiana, soffocata dalla marea nera

Sulle coste Usa si abbatte il più grave disastro ambientale di tutti i tempi

di Franco Bomprezzi

Accade dall’altra parte del mondo, sulle coste della Lousiana, ma in questo mondo globale ci riguarda da vicino, eccome. La marea nera di petrolio fuoriuscito dalla piattaforma della Bp affondata il 22 aprile scorso si sta rivelando la più grave catastrofe ambientale di tutti i tempi, e i giornali italiani oggi dedicano molte pagine al racconto di questo disastro.

“«Ogni mezzo per fermare la marea nera»”, le parole di Obama sul disastro ecologico in Louisiana danno il titolo di prima pagina al al CORRIERE DELLA SERA di oggi: «È attesa per oggi sulle coste dello stato degli Usa meridionali, la macchia di petrolio di 74mila chilometri quadrati (più di Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna messi insieme) fuoriuscita dalla piattaforma marina Deepwater Horizon affondata il 22 aprile» – scrive il quotidiano milanese. Ma le notizie più aggiornate sono consultabili sul sito della testata diretta da Ferruccio De Bortoli: «Quello che si temeva  è avvenuto: le prime smagliature della marea nera hanno raggiunto le coste della Louisiana e negli Stati uniti è stato decretato lo stato di «catastrofe nazionale». I tentacoli dell’enorme macchia di greggio sono stati avvistati al tramonto di giovedì sulle coste del Delta del Mississippi, in Louisiana. La perdita si è rivelata cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto (circa 5.000 barili di petrolio si riversano in acqua ogni giorno), con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989 in Alaska. Il presidente Barack Obama è sceso in campo annunciando la mobilitazione «di tutte le risorse possibili», anche l’esercito, per contenere il disastro ecologico… I pescatori del Delta hanno passato le ultime due notti a raccogliere gamberi prima che l’onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti. «Sta accadendo una cosa gravissima», ha dichiarato David Kennedy della National Oceanic and Atmospheric Administration. «Sono spaventato. Si tratta di un affare enorme. E gli sforzi che verranno richiesti per far fronte alla situazione saranno immensi». Secondo l’Istituto «i venti che si sono levati non fanno che aumentare la velocità con la quale la macchia si sta dirigendo verso la costa». Il CORRIERE parla di problema non solo ambientale, ma anche politico: «Per la Casa Bianca, commenta il Washington Post, la marea nera presenta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore. Le preoccupazioni dei verdi si sono in questi ultimi giorni rivelate fondate». I servizi sul cartaceo occupano le pagine 2 e 3. Maurizio Caprara nel suo “«Cupole e roghi per fermare la marea»” interpella gli esperti sulle soluzioni possibili. Fra questi Giuseppe Passoni, professore di idraulica marittima e ingegneria del mare al Politecnico di Milano: «Si dovrà tagliare alla base il condotto poco sopra il fondale e ricoprire ciò che rimane con una cupola di acciaio che potrebbe essere di una decina di metri di diametro. Così  si manterrebbe al suo interno il greggio, prelevandolo in maniera controllata». Romano Pagnotta del Cnr illustra invece le due possibili soluzioni per smaltire il petrolio già in superficie: «La prima è la posa di barriere per impedire al petrolio di raggiungere le coste, la seconda è provocare incendi controllati per bruciare parte del combustibile disperso. Anche se così  si genera una colonna di sostanze inquinanti nell’atmosfera».

LA REPUBBLICA di spalla: “La marea nera avanza. Obama: userò l’esercito”. Si aggrava la situazione in Louisiana. A causa della terza falla altre centinaia di barili stanno inquinando il Golfo del Messico. In mare 5mila barili al giorno, come ha ammesso la British Petroleum. Attualmente la marea ha una dimensione di 74mila chilometri quadrati e una circonferenza di 970 chilometri. Il rischio è che l’economia di interi stati – dalla Louisiana alla Florida – ne sia colpita profondamente. Obama ha annunciato che «saranno usati tutti i mezzi necessari». La società anglo-olandese sarà costretta a ripulire e pagare tutti i danni provocati. Sarà adesso il Pentagono a prendere in mano la situazione: i militari probabilmente manderanno una portaerei nel Golfo del Messico. Intanto è stata annunciata la prima class action contro la British Petroleum: la porteranno avanti gli allevatori di gamberi della Louisiana. “Arcipelaghi, paludi e specie rare addio all’ultimo paradiso americano” è il titolo del pezzo con cui Antonio Cianciullo descrive l’area colpita: a meno di un miracolo nel giro di poche ore uno dei più importanti ecosistemi americani subirà un colpo dal quale non potrà riprendersi per decenni. «L’onda di greggio che sta per abbattersi sulle coste provocherà effetti micidiali. È a rischio il principale sito di pesca degli Stati Uniti» ha dichiarato Massimiliano Rocco, responsabile WWF per le specie a rischio. «Ci vorranno 50 anni prima che l’ecosistema si riprenda dalla catastrofe» prevede invece Silvio Greco dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Sipra).

IL GIORNALE non si occupa della marea nera sul cartaceo. Tuttavia online sul sito del quotidiano è pubblicato “Marea nera in Louisiana, invase le coste americane. E Obama invia l’esercito”. «Onda dopo onda la marea nera della Bp è arrivata a lambire le coste della Louisiana: i primi tentacoli di petrolio, le propaggini avanzate della gigantesca macchia di greggio fuoriuscita da un pozzo sottomarino del colosso britannico dell’energia, sono state avvistate al tramonto di ieri sulle coste del Delta del Mississippi in Louisiana», scrive la redazione. «La perdita dopo l’incidente della Deepwater Horizon si era rivelata ieri cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto, con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989. Il presidente Barack Obama, costantemente informato, ha chiamato i governatori delle aree costiere a rischio: oltre alla Lousiana, il Texas, l’Alabama, il Mississippi, la Florida. I pescatori del Delta hanno passato ieri e stanotte a raccogliere gamberi prima che l’onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti. La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell’uragano Katrina. A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, ieri l’aria era diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile. Il ministro della Sicurezza interna Janet Napolitano e la collega dell’Epa Lisa Jackson oggi raggiungono il ministro dell’Interno Ken Salazar che è già sul posto. Per la casa Bianca, commenta oggi il Washington Post, la marea nera presenta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore. Le preoccupazioni dei verdi si sono i questi ultimi giorni rivelate fondate. Obama ha promesso ai governatori ogni risorsa disponibile, Bobby Jindal, della Louisiana, ha chiesto fondi per mobilitare 6mila uomini della Guardia Nazionale. Tocca a Bp, le cui azioni hanno perso ieri l’8% sui mercati, in prima battuta contenere il disastro, ma ora che la marea nera ha toccato terra, le risorse private non bastano».

«Black economy» è il titolo che sfonda la foto di un piattaforma petrolifera in prima pagina del MANIFESTO. «Quattro anni dopo Katrina, la marea nera fuoriuscita dalla piattaforma Deepwater Horizon si abbatte oggi sulle coste della Louisiana. 5 mila barili di petrolio, 5 volte più del previsto, continuano a riversarsi in mare. Con danni enormi per l’ambiente e per la “green economy” di Obama». Sul tema anche il commento di Guglielmo Ragozzino in prima intitolato «Fuochi di aprile». «La macchia nera nel Golfo del Messico ha questo di particolare. Si tratta di un guasto causato dagli umani con conseguenze gravi sulla natura, sulle coste, sulle paludi, sul volo degli uccelli. Il fuoco che esce dal mare, con tutto il carico di sostanze inquinanti, inarrestabile, micidiale, è certamente opera dei più esperti e accreditati apprendisti stregoni del nuovo millennio (…)» E dopo aver fatto un parallelo con il vulcano islandese «innocuo di fatto dal punto di vista naturale, ma capace di precipitare nel disastro l’economia degli uomini, il sistema dei nostri voli in mezza Europa. Inutile parlare di contrappasso, di vendetta orgogliosa dell’uomo contro la natura (…) È certo che per la seconda volta nel mese si è mostrata la fragilità del nostro modello di sviluppo: una corsa ignorante, senza pause, senza riflessione, priva di protezione e di garanzie, sotto la spinta del profitto a ogni costo (…)». All’argomento è dedicata poi l’intera pagina 7 intitolata «Pericolo greggio». Con l’articolo «Dalla piattaforma, una macchia nera sulla Casa Bianca» si osserva che «Ora che il danno è fatto, e che l’emorragia di petrolio continua, ci si accorge che la piattaforma di proprietà della British Petroleum non aveva una valvola di controllo a distanza, la quale avrebbe chiuso il pozzo sott’acqua da dove è uscita la macchia nera. (…) Si era discusso, diversi anni fa, sull’obbligo di valvole simili. La lobby del petrolio, però, sosteneva che “i costi non avrebbero coperto i benefici”. Così l’agenzia del ministero degli interni che si occupa di trivellazioni, la Minerals Management, ha chiuso un occhio. In Norvegia e Brasile, due paesi che estraggono oro nero, le valvole acustiche sono obbligatorie. In Gran Bretagna, dove ha sede la British Petroleum, no. (…)» Tra le cause del disastro dunque «le debolezze dei politici che non hanno regolamentato l’estrazione del petrolio».

Alla marea nera IL SOLE 24 ORE dedica la fotonotizia in prima pagina e un servizio a pagina 15. Oltre al pezzo di cronaca, che mette in luce l’atteggiamento di Obama che chiede alla Bp di risarcire («il governo americano ha già  chiarito che ogni responsabilità  è della major petrolifera, che “dovrà risarcire i costi e le operazioni  di bonifica”. Ma, malgrado  l’incidente, la Casa Bianca  difende con forza il via libera a nuove trivellazioni off-  shore  deciso dal presidente Barack Obama»), IL SOLE dedica un taglio basso all’impatto ambientale del disastro: “Un ecosistema che rischia di scomparire”: «Le spiagge della Louisiana sono bianche come lo zucchero,  vi abitano tartarughe marine,  pellicani, aironi, rondini di mare, sterne e piviere che si nutrono  delle ostriche di cui sono coperti i fondali. Il mare è pieno  di balene e delfini, e anche di tonni e di gamberi su cui si regge l’industria ittica, quella resa famosa dal peschereccio Bubba Gump del film Forrest Gump. Tutto questo patrimonio  ecologico rischia di essere annientato da una gigantesca macchia di petrolio spinta da venti a 20 nodi verso le coste e le oasi ambientali del delta del Mississippi, parchi nazionali designati dalla Audubon Society  come aree ornitologiche  protette: le isole Chandeleur, il Breton National Life Refuge, le Gulf Islands National Seashore in  Louisiana e in Mississippi, il Delta National Wildlife Refuge  e il Pass-a-Loutre Wildlife Management Area».

“L’onda nera assedia gli Usa”, è il titolo di apertura di AVVENIRE. Il petrolio è arrivato sulle coste della Louisiana con 36 ore di anticipo sulle previsioni, anche perché solo ieri si è scoperta una terza falla nella piattaforma della Bp, per cui la fuoriuscita di greggio è di 5mila barili al giorno, cinque volte quella stimata precedentemente. La «catastrofe» riguarda sia l’ambiente sia l’economia, con danni irrimediabili al mercato della pesca (2,4 miliardi di dollari annui) e per gli Usa è orami «catastrofe nazionale». Silvio Greco, dirigente dell’Ispra, valuta che «ci vorranno 50 anni per ripulire l’ecosistema dagli effetti della marea nera» e che questo rischia di essere «il più grande disastro naturale della storia, poiché la macchia di petrolio sta per raggiungere un’area molto vasta ed è impossibile fermarla con i mezzi tradizionali». Tutto quel che si può fare «è intervenire con i volontari ogni volta che si vede un animale in difficoltà». La specie più a rischio, secondo gli esperti americani, è il tonno atlantico. Seguono le tartarughe marine e le nursery degli squali nelle Chandeleur Island. 

“La marea nera minaccia le coste della Louisiana” titola infine LA STAMPA.  Obama rassicura di mettere a disposizione tutti i mezzi, ma le risorse non sono sufficienti. Secondo il pezzo di Maurizio Molinari, infatti, i galleggianti gonfiabili che gli equipaggi della Guardia Costiera stanno posizionando a ridosso delle spiagge «non sono abbastanza per proteggere tutta l’area a rischio». Poi, sempre secondo l’analisi di Molinari, trapela un coordinamento carente con Mike Mullen, che è il capo degli Stati Maggiori, che assicura di «non aver ricevuto alcuna richiesta di intervento».  Chi si è messo all’opera è un gruppo di pescatori di crostacei che ha già chiesto 5 milioni di danni. Sul fronte del fare, Molinari racconta che gli ecologisti si stanno mobilitando per soccorrere i mammiferi marini mentre le Chiese raccolgono volontari «distribuendo numeri emergenza da chiamare se animali, piante,  o esseri umani saranno in pericolo». Nelle due pagine di cronaca, anche le foto delle protezione civile che caricano le barriere mobili sulle navi, e un grafico con le nove specie di animali che richiamo di scomparire. 
   
E inoltre sui giornali di oggi: 
 
TARIFFE POSTALI
IL SOLE 24 ORE – “Impasse sulle tariffe la Fieg lascia il tavolo”: «La giornata, apertasi con la cattiva notizia della rottura Fieg-Poste Italiane, viene però in parte rasserenata dall’approvazione  dell’emendamento  bipartisan che ripristina, per il 2010, le tariffe agevolate all’editoria no profit, presentato  da Gabriele Toccafondi e Marco Pugliese (Pdl) e Luigi Bobba (Pd). Il Forum del Terzo  Settore accoglie positivamente l’approvazione,  in Commissione Finanze dell’emendamento  “che è volto alla risoluzione  della questione legata all’abolizione delle tariffe postali  agevolate. Auspichiamo la più ampia convergenza sul testo in tutti i successivi passaggi  parlamentari ed una sua rapida approvazione in Aula”.  Il sottosegretario all’economia  Alberto Giorgetti, rispondendo  in aula alle interrogazioni  di diversi parlamentari, assicurava  il reperimento delle risorse  (per 30 milioni di euro) a favore delle agevolazioni per l’editoria no profit».

GIORNALISMO
AVVENIRE – L’idea avanzata negli Usa: per superare la crisi, i media potrebbero trasformarsi in non profit. L’inchiesta parte dal recente Pulitzer assegnato al sito ProPublica, che si regge su contributi volontari: d’altronde gli utili dell’informazione sul web dal 1999 al 2009 sono passati dal 4% al 22%, mentre quelli della carta stampata sono scesi dal 44 al 14% del settore. Così due studiosi, David Swensen e Michael Schmidt (entrambi docenti a Yale) hanno lanciato questa idea: visto che la stampa è comunque ingrediente essenziale della democrazia, «trasformare l’editoria in un comparto come le fondazioni non profit, analogo alla struttura delle università private, il cui stock di capitale sia una dotazione fornita da filantropi, agevolati da esenzioni tributarie per la pubblicità, gli acquisti, gli abbonamenti e da altre facilitazioni. Si tratterebbe di fondazioni, però, non totalmente fuori dal libero mercato». L’idea è di un paio di anni fa, ma ora sta prendendo corpo grazie a una proposta di legge firmata dal senatore Benjamin Cardin, il Newspaper Revitalization Act, che prevede la trasformazione dei giornali in fondazioni non profit.

GRECIA E RATING
CORRIERE DELLA SERA – “Chi dà i voti e chi li sbaglia” è il titolo dell’editoriale di Massimo Gaggi: «I colpevoli sono molti, ma un ruolo particolare l’hanno avuto strane creature private con una funzione pubblica: le agenzie che con i loro voti decretano l’affidabilità di un titolo obbligazionario emesso da una società, ma anche dei titoli del debito pubblico di decine di Stati sovrani. Dovevano essere giudici competenti e imparziali e invece hanno promosso (a raffica) e bocciato (quasi mai) sulla base più della loro convenienza privata che di valutazioni oggettive. Due anni fa, concedendo il massimo dei voti alle obbligazioni-salsiccia di moda a Wall Street, hanno aperto la strada verso il disastro. Oggi, con bocciature intempestive del debito di alcuni Paesi europei, rischiano di rendere ingestibile una crisi che da Atene si sta già propagando fino alla penisola iberica. Bocciature, peraltro, dettate più da una volontà di autoconservazione e dal timore di essere accusati di inerzia che dal cambiamento di dati che erano e sono sotto i loro occhi». Aggiunge Gaggi: «Un downgrading ha senso se l’agenzia, grazie alla sua professionalità, a una superiore capacità d’analisi, capisce in anticipo che la posizione di un Paese si sta deteriorando. Intervenire quando i numeri sono già noti in tutta la loro gravità e il mercato ha già reagito, chiedendo maggiori interessi sui titoli di Stato emessi da Paesi con conti pubblici in disordine, aumenta solo la confusione e rischia di vanificare i tentativi dei governi di correre ai ripari».

LA REPUBBLICA –  R2 dedica un bel focus firmato da Federico Rampini alle agenzie di rating: hanno il potere di mettere in crisi nazioni e unioni, guadagnano cifre pazzesche (anche perché molti soggetti a cominciare dalle banche possono comprare azioni solo se hanno un rating). Di fatto quindi Moody’s e le altre agenzie regolano il mercato e sono i giudici della salute finanziaria. Un potere enorme, chiosa Rampini. Contro il quale alcuni stati americani stanno intentando diverse cause. Nel piano di riforma Obama il maggior potere alla Sec dovrebbe ridimensionare questo potere diffuso e impalpabile, condito da molti conflitti d’interesse.

LAVORO
IL MANIFESTO – «Il domino dell’articolo 18» è il titolo dell’articolo (a pagina 2) dedicato all’approvazione da parte della Camera del disegno di legge sul lavoro «salvo (ma solo formalmente) l’articolo 18, crolla tutto il resto. Il Pd denuncia: così si spiana la strada a “sindacati di comodo” e “contratti pirata”». L’articolo conclude «Il testo modificato dalla Camera passa ora al Senato. Secondo la Cgil, che ora annuncia una serrata campagna informativa, il provvedimento resta “incostituzionale”: l’organizzazione di corso Italia resta dunque intenzionata a presentare ricorso alla Corte costituzionale (…) Inutile dire che alle felicitazioni del ministro Sacconi si sono accodate ieri anche quelle di Cisl e Uil». 

BOCCHINO 
IL GIORNALE – In apertura sopra una foto di Italo Bocchino con la moglie Giovanna Buontempo il titolo “I soldi Rai alla moglie di Bocchino”. Riassume i fati dell’inchiesta del quotidiano di Berlusconi Laura Rio «Se la «suocera» di Gianfranco Fini viene pagata dalla Rai un milione e mezzo di euro», caso su cui Il Giornale titola da due giorni, «la moglie di Italo Bocchino, il vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera che si è dimesso ieri, ne guadagna sei. E ne riceverà anche di più se un altro progetto andrà in porto. La consorte del finiano «rissoso», Gabriella Buontempo, è titolare di una società, la Goodtime Enterprise, che da tempo lavora per la Tv di Stato, producendo fiction, ramo d’oro dell’azienda». 

GAY
ITALIA OGGI – “Dopo detersivi, salumi e vino, alle Coop si vendono anche i viaggi per le coppie gay”. Il colosso della distribuzione Coop Adriatica invaderà i centri commerciali di proprietà con agenzie per gay, lesbiche e trans. Dopo una sperimentazione avvenuta a Modena, due nuove vetrine sono state aperte anche Bologna. Il settore turistico della Coop Adriatica conta già 291 agenzie di viaggi tradizionali. Il nome scelto per questo nuovo marchio destinato ai viaggi per gay è Travel Friendly. Travel Friendly non organizza solo viaggi. Saranno «un vero e proprio faro della cultura Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) della zona, un po’ come lo sono state le Librerie Feltrinelli per l’offerta culturale di sinistra nel loro bacino».

ADOZIONI
AVVENIRE – Dati shock sulla situazione dei minori in Russia. Gli orfani ufficiali sono 697.000, più di quanti ce ne fossero durante la Seconda guerra mondiale: due terzi di essi però sono in realtà «orfani sociali», vale a dire i loro genitori sono ancora vivi. Lo ha dichiarato alla Duma Elena Mizulina, presidente della commissione parlamentare per la famiglia, le donne e i bambini. Due anni fa il Parlamento approvò una legge sull’assistenza agli orfani, e da allora «di quasi due volte è aumentato il numero delle restituzioni di orfani dalle famiglie adottive agli orfanotrofi». «Gli esperti – ha detto Mizulina – ritengono che ciò rappresenti uno schiaffo umanitario contro i bambini: prima i loro genitori biologici li hanno rifiutati, e poi anche quelli adottivi». Secondo la deputata, negli ultimi due anni sono stati restituiti agli orfanotrofi circa 30.000 bambini adottati. Questa situazione si è creata perché nessuno si prende cura dei genitori adottivi, non offre loro varie forme di assistenza, afferma Elena Mizulina. Inoltre, a suo parere, «molti adottano dei figli per ottenere beni materiali che poi in realtà non arrivano, per cui i genitori adottivi si vedono incentivati a restituire i bambini, senza preoccuparsi dei danni psicologici che infliggono loro». Oltre ai dati sulle adozioni, la radio Ekho Moskvy ha dato spazio nei giorni scorsi a quelli riferiti dal commissario per i diritti dell’infanzia Pavel Astakhov: nell’ultimo anno ben 100.000 bambini sono stati vittime di violenze da parte di adulti, 2.000 bambini uccisi, 600 spariti nel nulla. 

BURQA
LA REPUBBLICA – Il Belgio è il primo paese europeo a bandire del tutto il burqa. Se la Camera alta confermerà la proposta di legge votata ieri da tutti i partiti e da tutti i gruppi linguistici, il Belgio avrà il primato del divieto. Una decisione puramente simbolica: molte poche sono le donne che ne fanno uso in Belgio. «Siamo il primo paese europeo a far saltare il chiavistello che aveva messo le donne in stato di schiavitù. E speriamo che altri come la Francia, l’Italia, l’Olanda ci seguano» ha commentato Denis Ducarme, deputato liberale.

IL GIORNALE –  “Il Belgio fa scuola in occidente: vietato il burqa”. Nell’articolo Diana Alfieri spiega come il paese, nonostante la crisi sia arrivato al varo della legge. «Tutti d’accordo, solo in due si astengono. Così, anche nel pieno di una crisi di governo, i deputati belgi trovano l’accordo per introdurre il divieto assoluto di indossare il burqa nei luoghi pubblici, comprese strade, giardini e impianti sportivi. Nonostante l’incertezza politica che regna nel paese, il Belgio diventa la prima nazione occidentale a prendere la decisione di mettere al bando il velo integrale islamico, in attesa del via libera anche da parte del Senato che renderà definitivo il provvedimento, sempre che le Camere non vengano sciolte prima per indire elezioni anticipate. Battuta dunque sui tempi anche la Francia di Nicolas Sarkozy, il presidente che pure da tempo ha dichiarato guerra al velo islamico ma che solo a maggio vedrà una proposta di divieto, seppur non totale, approdare all’Assemblea generale. La proposta approvata ieri sera in Belgio prevede un’ammenda da 15 a 25 euro e/o una settimana di detenzione per chiunque si presenterà in un luogo pubblico col volto coperto o mascherato in tutto o in parte in modo da rendere impossibile l’identificazione. Il testo non parla esplicitamente di burqa o di niqab. Eccezioni sono previste per le feste di carnevale e vari esperti in Belgio hanno espresso dubbi sull’utilità di una legge di questo genere dato che regolamenti di polizia vietano di coprire il volto già in molti comuni belgi. Il testo e soprattutto il voto così schiacciante espresso dai deputati hanno però una valenza simbolica».

CODICE CIVILE
IL SOLE 24 ORE – “Associazioni, presto la riforma”. Giovanni Negri torna sul progetto di riforma del Codice civile: «Aprire una stagione costituente  per il Terzo settore. È con questa parola d’ordine che il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi hanno annunciato ieri in una nota congiunta la volontà di  presentare a breve un disegno di legge delega con l’obiettivo di riformare la disciplina del Codice civile “in materia di associazioni,  fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro”.   I ministri osservano che il progetto è del tutto coerente  con le sollecitazioni che arrivano  dal mondo associativo e si muove nel solco di quanto indicato nel Libro bianco sul futuro del modello sociale del governo Berlusconi. In questo senso, l’iniziativa intende adottare, assicurano Alfano e Sacconi, il principio di sussidiarietà  come faro dell’azione legislativa: “non è infatti possibile  alcuno sviluppo sociale ed economico senza un rinnovato  protagonismo delle persone  e dei corpi intermedi”. (…)  il disegno di legge si soffermerà con tutta  probabilità, come il progetto  Vietti, su quella parte del Codice civile che si occupa delle (residue, ma molteplici)  diverse forme delle associazioni  e delle fondazioni. Tra i nodi da sciogliere ci sarà senz’altro la compatibilità dello svolgimento di un’attività commerciale con la  fisionomia  di enti che hanno spesso un habitat naturale non profit.  E, di conseguenza, l’introduzione  di un adeguato livello  di controlli, magari più penetrante  via via che l’attività  profit si allarga».


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