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La scuola prende i voti ma li tiene nascosti

Possono essere un elemento per la scelta da parte dei genitori. Ma solo pochi istituti rendono pubblici i risultati. Perché?

di Redazione

Trasparenza per una scuola più efficiente. È il titolo di un’indagine pubblicata recentemente dall’Isae in cui sono stati resi noti i risultati di un sondaggio condotto su un campione di duemila cittadini (vedi box). Agli intervistati è stato chiesto quali informazioni ritenessero necessarie ai fini di una migliore valutazione dell’istituto in cui iscrivere i figli. Soprattutto i genitori con figli in età scolare (24%) sono interessati al rendimento degli studenti, ma lamentano la mancanza di dati ufficiali che permettano di confrontare la performance delle scuole. In realtà questi dati oggi in Italia esistono. Se ne occupa da qualche anno l’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione che predispone prove di accertamento dei livelli di apprendimento in italiano e in matematica degli studenti italiani a conclusione del primo ciclo di istruzione. «I test Invalsi», si legge nel documento Isae, «forniscono un importante strumento di valutazione dei risultati ottenuti dalle scuole, ma vengono diffusi solo in forma aggregata, dunque non sono utili a saperne di più sulla qualità di una scuola specifica. L’anomalia italiana è che i dati sulla performance delle scuole esistono, ma non vengono condivisi con il pubblico».
Non è così semplice, come spiega Elena Ugolini, membro del Comitato di indirizzo di Invalsi: «I risultati delle nostre rilevazioni vengono restituiti a tutte le istituzioni scolastiche. Attualmente ogni scuola media ha in mano i dati delle prove nazionali del 2008 e del 2009, e può fare dei paragoni a livello regionale e per macro aree geografiche. In Inghilterra ci sono le cosiddette “league tables”, cioè le tabelle con le graduatorie delle scuole, ma hanno creato degli effetti distorcenti perché l’unico problema degli istituti è che i ragazzi rispondano bene alle prove altrimenti si va giù in classifica». Niente trasparenza, allora? Sì, ma «non bisogna introdurre dei meccanicismi. Ci sono tanti elementi che concorrono alla scelta di un genitore: il turnover dei docenti, le infrastrutture, il livello di apprendimento degli studenti che però deve essere visto in termini di valore aggiunto. Perché tutti i ragazzi devono essere messi in grado di migliorare, sia i più bravi sia quelli che fanno più fatica». Ma quali canali informativi possono essere messi in campo? «Tante scuole hanno cominciato a pubblicare i risultati dei nostri test», dice ancora Elena Ugolini. «Nulla vieta di chiedere alla scuola di vedere i risultati Invalsi. E se il preside si rifiuta, già questo può servire a una prima valutazione».

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